La Jornada – Mercoledì 19 aprile 2006
Gli attacchi di autorità e partiti non hanno minato l'efficacia del governo autonomo
Suljaa, esempio di un'altra comunità padrona del suo destino
Marcos: è necessario che i popoli indios si ricostituiscano ed esercitino la loro indipendenza
HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Suljaa, Gro. 18 aprile - Nel panorama di depredazione che avvolge i popoli di Guerrero e tra le sue violenze a livello economico, politico, sociale, culturale, giuridico ed agrario, crescono con vigore, nonostante sia tutto contro, esperienze di autonomia delle quali il potere non vuol sapere niente se non per reprimerle, dividerle o criminalizzarle.

In una delle giornate più spossanti del suo percorso, l'altra campagna ha attraversato la Montaña di Guerrero e si è ritrovata dove la lotta per l'autogestione e la ricostituzione dei popoli va avanti. Partendo dal municipio autonomo di Suljaa (o Xochistlahuaca), nella regione del popolo amuzgo, l'altra campagna è passata per San Luis Acatlán, dove il subcomandante Marcos ha reso omaggio a Genaro Vázquez Rojas davanti alla sua tomba, ha incontrato la professoressa Consuelo Solís Morales, vedova del leggendario guerrigliero ed ha preso in braccio il nipote di Genaro, che hanno chiamato Marcos. Doña Consuelo ha letto un documento che riconosce la lotta dell'EZLN in Chiapas e dove afferma che il programma di lotta del comandante Genaro Vázquez "è ancora in vigore", smentendo così la cristiana iscrizione posta all'entrata del cimitero: "In questo luogo di riposo cessano i combattimenti della vita". Si vede che per qualcuno la morte non basta.

Poco prima, il Delegato Zero aveva ricevuto il saluto della polizia comunitaria che copre otto municipi della Costa Chica e della Montaña. Marcos ha stretto la mano ad ognuno degli agenti della scorta di questo corpo di vigilanza alternativo, al servizio dei suoi popoli, che l'aspettava sulla strada. A Santa Cruz del Rincón si è riunito con centinaia di simpatizzanti ed aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona e con la stessa polizia comunitaria. Così che durante il percorso, il Delegato Zero ha tenuto incontri con mixtecos, nahuas, me'phaa (tlapanecos) ed amuzgos.

A Suljaa, il Delegato Zero si è riunito la notte di lunedì con gli aderenti ed oggi ha presieduto un atto pubblico davanti al municipio autonomo, uno dei pochi fuori dal Chiapas che ha resistito alla sostenuta repressione, alla diffamazione mediatica, alla divisione deliberata costruita dai partiti politici (particolarmente dai caciques del PRI) ed alla criminalizzazione della sua autonomia da parte delle autorità giudiziarie dello stato.

Nonostante tutto ciò, l'efficacia del governo locale è evidente, e nonostante le divisioni meticolosamente alimentate dal governo statale e dai partiti, a Suljaa si respira una sicurezza ed un entusiasmo che non si vede in altre parti di Guerrero, e che in un certo modo ricorda quella delle comunità più decisamente zapatiste del Chiapas. Qui, come là, i popoli dimostrano di essere padroni del loro destino e questo è per loro quotidiano motivo di gioia.

Ieri sera, nella modesta sede della commissione agraria di Suljaa, il Delegato Zero ha ascoltato le autorità autonome e diversi gruppi attivi dentro la struttura comunitaria, come le artigiane di questo villaggio di ricamatrici con uno stile peculiare che ha dato loro fama: "Noi siamo donne amuzgas, casalinghe ed artigiane. Molte persone pensano che noi valiamo di meno ed in molte di noi questo è entrato in testa e così agiamo. Noi, le donne, dobbiamo lottare molto per liberarci da molti pregiudizi e dallo sfruttamento che ci tiene nell'oblio e nel disprezzo. Questa lotta la dobbiamo fare non solamente noi donne, ma con l'aiuto di tutti, cioè, uomini e donne".

Avvolta in un lungo huipil di fiori delicatamente ricamati, una delle loro rappresentanti ha letto un messaggio: "Noi sappiamo che il nostro lavoro è molto importante per la comunità. Per esempio, alle donne tocca preparare da mangiare per tutta la famiglia, tocca a loro curare ed educare i figli, fare le faccende di casa, tessere gli abiti. Con un poco di soldi contribuiamo alle spese di casa. È vero che guadagniamo pochissimo, perché il nostro lavoro di artigiane viene pagato molto male e questo è un altro grande problema che dobbiamo risolvere tutti, non solo come artigiane. I ricchi pagano molto male i loro lavoratori, perché loro vogliono solo guadagnare soldi sulle spalle del lavoro di altri. Questo l'abbiamo verificato perché noi lavoriamo tutti i giorni, ma per tutta la vita ci manca l'indispensabile per la famiglia, per questo molti uomini e donne vanno in altre terre a cercare un futuro migliore, ma molte volte trovano solo più sfruttamento e disprezzo.

Sappiamo che ci sono molte lavoratrici artigianali indigene in molte parti del paese. Alcune sono già organizzate, come le compagne zapatiste. Quindi, diventa necessario conoscerci per sapere come stanno facendo loro, come possiamo appoggiarci in questa lotta. Per questo siamo felici che finalmente noi, tutti i poveri, siamo d'accordo di lottare per la giustizia ci stiamo unendo".

Un'altra delle esperienze chiave di questa autonomia viva ed in corso, è la stazione radiofonico Ñomandaa che ha subito minacce e persecuzioni legali che si prospettano ancora più dure con la legge Televisa e, se sarà approvata, ancora più "legali". Ciononostante, la radio di Xochistlahuaca svolge un quotidiano servizio d'informazione e difende attivamente la bella lingua degli amuzgos. Questa mattina, il subcomandante Marcos ha realizzato un programma speciale a Radio Ñomandaa, dove "la parola dell'acqua è chiara e vera" ed è sostenuta dal Collettivo Ribelle Suljaa.

Con riferimento alla partenza del camion Chómpiras dalla città di San Cristóbal de Las Casas verso il porto di Veracruz per portare mais a Cuba ed alle comunità di El Batán e La Yerbabuena, il subcomandante Marcos ha raccontato un'altra storia della serie di El Chómpiras, questa volta del suo fosco incontro con la morte, accompagnata dalla colonna sonora di Juan Gabriel e de Los Temerarios, con elementi escatologici in un andare e venire dalla latrina, ed intermezzi con i personaggi di questo racconto zapatista, narrato agli amuzgos sul confine sudorientale di Guerrero, ormai prossimo a Oaxaca.

Anche questa mattina il Delegato Zero si è rivolto alla popolazione di Suljaa esponendo la necessità che i popoli indigeni si ricostituiscano ed esercitino l'autonomia e l'autogestione. Prima aveva preso la parola Marcelino de los Santos, rappresentante dei mixtecos di Tlacuahistlahuaca, che hanno lottato per la creazione di un municipio indigeno e per l'autonomia di 90 comunità tra le più povere del paese e del continente, secondo la Banca Mondiale. Il suo municipio, Rancho Nuevo de la Democracia, sottratto al precedente governo priista, oggi sostiene le loro richieste rispetto all'indolenza postelettorale del PRD che, dopo aver ottenuto il voto della gente, si è alleato con i tagliatori di legname e conserva lo schema repressivo che in periodo pre-elettorale aveva promesso di smantellare.

Nel pomeriggio, il Delegato Zero ha raggiunto la comunità me'phaa di Santa Cruz del Rincón, una delle sedi chiave della polizia comunitaria. Florentino García, comandante di questa corporazione, ha assicurato che questa "ha portato pace e sicurezza tra il nostro popolo". La compongono più di 600 elementi dei municipi San Luis Acatlán, Malinaltepec, Metlatónoc, Marquelia, Cochoapa El Grande, Tlapa de Comonfort, Iliatenco ed Atlajamatzingo. Ha informato che i suoi distaccamenti sono organizzati in 14 coordinamenti. "Il nostro comando superiore è il popolo. Siamo del popolo e lavoriamo per lui".

Nella spianata di Santa Cruz del Rincón, circa 250 agenti della polizia comunitaria armati hanno reso gli onori alla bandiera e all'inno nazionali. Secondo le successive testimonianze, questo corpo di polizia autonoma è stato accusato di "guerriglia" dall'Esercito ed in alcune occasioni i comandanti e vari agenti sono stati arrestati senza motivo dal governo statale.

Gelacio, rappresentante indigeno, ha spiegato al Delegato Zero "perché questi uomini davanti a noi sono armati". Non percepiscono stipendio. "Questi uomini offrono la loro vita per difenderci". Racconta come dal 1995 un'ondata di assalti, violenze, furti di bestiame ed aggressioni gravi minacciò di distruggere l'armonia di queste montagne. I banditi contavano sulla complicità del Pubblico Ministero, della polizia municipale e del governo statale, cosicché le comunità stesse decisero di affrontare il problema.

"Amico chiapaneco, la vita che state patendo, l'abbiamo sofferta anche noi. Forse la delinquenza non è finita, ma da quando abbiamo la nostra polizia le strade sono tranquille". L'indigeno racconta che anche lui ha fatto parte della polizia comunitaria, e per questo aveva lasciato moglie, figli e lavoro, ma aiutò il suo popolo, come fanno adesso gli uomini allineati dietro il pubblico presente alla riunione. Gelacio dice: "Non stiamo facendo niente di male".

Catalina García aggiunge che la polizia comunitaria "è stata approvata dal popolo, non dal governo". Questi contadini non chiedono il permesso di badare a se stessi, chiedono solo rispetto. Agustín Barrera spiega "i motivi per prendere le armi e poter respirare l'aria libera della Montaña".

L'Organizzazione per la Difesa della Cultura Madre, di Malinaltepec, ha esortato a "difendere i nostri territori, la nostra lingua, la nostra polizia comunitaria, i nostri usi e costumi, la nostra autonomia, le nostre forme di applicazione della giustizia indigena, il riconoscimento dei nostri diritti come popoli originari; per dirla in parole semplici, organizzarsi e lottare per avere un posto in questo mondo".

Le donne mixtecas della Radio Comunitaria di Buenavista, "la voce della Casa della Pioggia", hanno proclamato davanti a Marcos ed alla polizia comunitaria: "Non siamo soli. Lanciando la nostra voce nell'etere, stiamo esercitando il nostro legittimo diritto alla comunicazione".

Di questo si è trattato oggi: della legittimità che hanno conquistato questi popoli.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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