La Jornada - Giovedì 18 maggio 2006
Lydia Cacho
La violenza di Stato contro le donne

La violazione delle donne arrestate in Atenco è la cosa più normale, almeno storicamente. I poliziotti hanno seguito gli stessi modelli che hanno perpetrato i corpi militari e di polizia per secoli: non importa se le donne irrompono nello spazio pubblico o si trovano nelle loro case, devono essere violate perché sono bottino di guerra. Per questo, per la sua normalità, né il governatore Enrique Peña Nieto, né Wilfrido Robledo, delegato per la polizia dello stato di Messico, né Miguel Ángel Yunes, sono capaci di riconoscere che la violenza sessuale perpetrata contro le donne arrestate durante la manifestazione è vera, ma soprattutto che è un reato. Per questo ignorano il trauma psico-emotivo implicito nella tortura sessuale di queste donne, in maggioranza giovani studentesse.

Da secoli i codici maschili di guerra e di controllo poliziesco seguono regole molto chiare: non importa che si sia già sottomesso un popolo con la dittatura - come in Argentina, Cile o nell'antica Yugoslavia -: la prova che il popolo è stato controllato è la colonizzazione del corpo delle donne e quando loro sono attiviste politiche o patrocinatrici dei diritti umani, cioè quando mettono in discussione il mondo del potere, la punizione è giustificata ed incoraggiata dai codici di potere maschile attraverso l'abuso sessuale, la sottomissione violatoria con oggetti come armi, fucili o pali, come in Serbia, in Palestina, negli accampamenti nazisti, o nelle prigioni argentine e messicane. Per comprenderlo forse basta vedere le torture ai soldati iracheni: oltre ai pestaggi l'ultima delle umiliazioni è stata la violazione anale, con organi sessuali od oggetti. Invadere il corpo è simbolo del controllo della volontà.

In questa tortura e violazione dei diritti umani da parte delle autorità sono implicati come mandanti morali il presidente Vicente Fox, il Potere Legislativo, il segretario di Sicurezza Pubblica federale ed, ovviamente, il governatore Peña Nieto ed i suoi corpi di polizia. Ne sono sicura, perché Vicente Fox è stato il presidente messicano che più trattati, accordi e protocolli internazionali in relazione con i diritti umani e la violenza contro le donne ha firmato nella storia del Messico. C'è, per esempio, il Protocollo di Istanbul, il cui proposito è proteggere i detenuti e le detenute da torture fisiche e psicologiche ed ovviamente dalle torture sessuali. Questi protocolli, come lo Statuto di Roma, sono accordi civilizzatori creati affinché i paesi s'impegnino pubblicamente sull'arena internazionale ed a poco a poco migliorino il benessere e la qualità di vita della loro popolazione mediante migliori pratiche giudiziarie. Ma affinché questi trattati funzionino si devono elaborare riforme penali con base nel diritto messicano. La trappola perversa sta nel fatto che per concretizzare il Protocollo di Istanbul, il governo foxista ha designato come specialisti dei militari e degli esperti in sicurezza pubblica che la pensano in modo così simile ai poliziotti violentatori ed a Peña Nieto, che non vedono oltre al loro naso ed in fondo credono nella tortura come una buona modalità di controllo sociale. Per questo hanno creato dei meccanismi che debilitano questo protocollo ed altri, come quello della Convenzione per l'Eliminazione di tutte le Forme di Violenza Contro le Donne (CEDAW). Basta vedere il vergognoso documento (per la sua applicazione) di Patricia Olamendi, della Segreteria di Relazioni Esterne: molto scandalo e molte risorse, senza nessun risultato per le donne vittime di violenza dalla parte dello Stato.

La schizofrenia del sessennio foxista (ed i suoi risultati) diventa sempre più evidente nella misura in cui le violazioni dei diritti umani della popolazione non si mostrano solo incontrollabili, ma trovano invece sempre giustificazione politica nella cultura di repressione ed impunità, che dall'alto del potere disprezza i diritti umani di coloro che non gli sono politicamente utili. Dove è finito l'appassionato discorso sui diritti delle donne uscito dalla voce di Fox? Dov'è la signora Sahagún, sta occupandosi delle giovani violate? No, la difesa dei diritti delle donne non è mai stata concretizzata in politiche di Stato palpabili, perché non è risultato della coerenza, ma invece dell'opportunismo politico di tutti i partiti.

Le violazioni sessuali perpetrate per sei ore nel trasporto in camion (viaggio che doveva durare due ore), hanno posto le vittime in un stato di indefesa totale. Durante e dopo la tortura, una vittima passa da sentimenti di paura e panico, ad ansietà e dolore fisico. L'ultima cosa che desidera è che uno sconosciuto - come un medico ufficiale della prigione - riveda i suoi genitali, la tocchi e la ferisca. La revittimazione delle vittime di violenza sessuale è sufficientemente documentata e perciò le agenzie specializzate in reati sessuali che esistono in Messico da anni sanno del trauma secondario e della sindrome di stress postraumatico che paralizza le vittime e le sommerge nel terrore di essere revittimizzate dai loro catturatori e dai loro alleati, quali ad esempio gli agenti del Ministero Pubblico.

Nel caso delle detenute di Atenco, il trauma diventa più evidente perché sono ancora sotto la vigilanza dei loro violentatori che hanno i loro dati personali. Chiunque sia passato attraverso queste umiliazioni sarà incapace di inventare una violenza sessuale.

La crudeltà e l'ironia con le quali risponde alle dichiarazioni delle donne violate il commissario Wilfrido Robledo è identica alle burle di Milosevic sugli accampamenti di donne violate a Sarajevo, di Pinochet sulle donne torturate nelle prigioni ed è uguale ai commenti scherzosi e sessisti di Patrizio Martínez in Città Juárez, di Villanueva in Quintana Roo, di Miguel Ángel Yunes nel caso Succar, di Mario Marín e della procuratrice di Puebla, o del fantoccio Peña Nieto che invita con voce soave a dimenticare il passato ed a pensare che il fine giustifica i mezzi.

Le torture e le violazioni delle donne di Atenco sono prodotto di una misoginia strutturale: i poliziotti hanno obbligato le donne ad un festino, seguendo un tradizionale codice di accanimento e di sadismo poliziesco comune in Messico, che viene giustificato in prima persona da uomini come Kamel Nacif o Federico Arreola con un "perché imparino", o un "così siamo noi uomini". Queste torture sessuali devono essere investigate fino alle ultime conseguenze. Definire le donne bugiarde è violenza di Stato, è complicità.

L'esercizio del potere in Messico da parte degli uomini di tutti i partiti politici è caratterizzato da un evidente sessismo e da un sistematico rifiuto da parte delle autorità a riconoscere i diritti delle vittime.

Parlare dei diritti delle donne apporta voti, è politicamente corretto, ma applicarli implica un impegno etico che molti non sono disposti a mettere in campo. Perciò in migliaia, noi messicane e messicani, esigiamo dalle autorità che rispondano e proteggano le vittime di tortura sessuale in Atenco e dal governatore Peña Nieto che si scusi con le vittime e che ne assicuri la protezione affinché siano ascoltate e si processino i poliziotti. Ci sono i verbali circostanziati con elementi sufficienti per l'investigazione, che dopo tutto è iter consolidato nello stato di Messico. Non è la giustizia né le leggi, ma è la misoginia dei servitori pubblici, quella che sta punendo ora le donne di Atenco, primo per aver partecipato ad una manifestazione pubblica, poi per essere donne e per dire la verità.

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

logo

Indice delle Notizie dal Messico


home