La Jornada - Sabato 18 febbraio 2006
Marcos descrive ai lavoratori ciò che avverrà con l'offensiva neoliberalista nel paese
In un ambiente in cui ci si comprende, convivono a Puebla l'EZLN e sindacalisti
Annuncia che il 1º maggio sarà nella capitale della Repubblica
Denuncia la guerra dei media contro le conquiste nel mondo del lavoro

HERMANN BELLINGHAUSEN - INVIATO

Puebla, Pue. 17 febbraio - Il subcomandante Marcos è arrivato oggi alla Ibera poblana ed è apparso anche Durito da sotto la porta, perché per quanto visto in Puebla, il neoliberalismo economico ed i danni collaterali che provoca nel sociale, nell'ambiente e fra gli uomini rilasciano un panorama che è davvero preoccupante.

La risposta all'altra campagna ha avuto un'ampiezza inusuale che ha sorpreso gli organizzatori ed è culminato oggi nella palestra dell'Università Ibero-americana col delegato Zero che al centro su di una pedana, circondato da circa 2mila persone sedute sui gradini, su sedie e in piedi alle porte. Marcos ha letto il comunicato "Quando è grande il mondo?", per aprire il dibattito su questo atto indefinibile, accademico, politico ed in qualche modo etico di fronte al degradante spettacolo dato dalla classe politica proprio in questi precisi momenti.

Sono dovuti passare esattamente 10 anni affinché il priísmo riconoscesse dall'interno le sue responsabilità dirette nel massacro di Acteal. Un'accusa è stata lanciata proprio solo ieri da uno dei peggiori, si potrebbe dire l'ultimo dei fanghi al viso dell'allora segretario di Gobernación Emilio Chuayffet. Questo stesso ex funzionario, oggi capo dei parlamentari priísti, si è incaricato personalmente di annullare gli accordi di San Andrés, firmati un giorno prima, il 16 febbraio 1996, dal suo inviato speciale per i dialoghi di pace in Chiapas. Allora la spiegazione che il segretario aveva dato, passò alla storia: aveva dato il visto agli accordi sotto l'effetto di alcuni chinchones. Con la mente offuscata.... E quindi li ignorò, come se niente fosse.

Risonanza

Ma non è per questo motivo che l'altra campagna a Puebla ha ottenuto una risonanza sociale così significativa; né per la debacle del governo di Puebla in questo momento; né per la improvvisa crisi del settore maquilador nella valle di Tehuacán, dovuta allo spettacolare discredito internazionale degli investitori nazionali che contano nei grandi consorzi della moda. È stato per l'intensità e la quantità di partecipanti a tutti gli eventi rurali, urbani e periferici della commissione sesta.

L'effetto dell'altra campagna in Puebla, ottavo stato percorso, è di molto superiore al silenzio che gli dedicano coscienziosamente i media nazionali. Un'altra volta ancora è stato John Holloway che ha fatto il profilo di quello che sta succedendo contropelo con le campagne elettorali. Questa mattina, nell'Iberica, ha detto: "Facciamo di questo evento un buco nel tessuto della dominazione altrui ed una crepa che si estenda a tutta l'università".

Un momento particolare è stato il dialogo tra i lavoratori sindacalizzati ed il subcomandante Marcos. Con le loro preoccupazioni sindacali specifiche, gli anni di militanza, gli episodi di lotta di una classe operaia che non va al paradiso e, meno ancora, al passo del Messico.

Dopo aver ascoltato decine di lavoratori, Marcos ha cominciato dicendo "alla compagna preoccupata che le taglino il contratto di lavoro, io credo che quello a cui vanno a tagliare il contratto sarà (Mario) Marín. Bisogna esigere che taglino il contratto a lui ed a tutti i politici che, come ci hanno spiegato qui, si sono messi completamente dalla parte della Confindustria per spogliarci del poco che abbiamo".

Ha sottolineato: "Quello che noi vediamo è che c'è una specie di torchio, una macchina violentatrice che incomincia a spingere i lavoratori verso un precipizio e c'è un lavoro dei media di massa per presentare tutti i lavoratori della città che hanno un sindacato come un settore privilegiato, e per convincere la maggioranza della popolazione che quei lavoratori devono perdere quei privilegi, dimenticando che li hanno conquistati non poche volte col sangue, con insonnie e con lotte, e che tutti siamo uguali in basso. C'è una gran campagna di disinformazione contro i lavoratori della Previdenza sociale, contro i compagni insegnanti, contro i telefonisti, contro ogni lavoratore che ha un contratto collettivo, che ha un salario ed un impiego fisso. I media sono d'accordo con gli impresari nel tentare di convincere che non bisogna solo lasciare che gente come voi che sta lottando per difendere le sue conquiste lavorative le perdano, ma bisogna pure applaudire".

Giacca e cravatta

Davanti a centinaia di attenti sindacalisti, alcuni perfino in giacca cravatta (che risulta inusuale in una convocazione zapatista, se ben ricordo), Marcos ha ricordato "il caso più recente, con i compagni e le compagne della Previdenza sociale, dove c'è stata una campagna mediatica per convincere la popolazione a chiedere che fossero tolti loro i diritti che avevano.

Questo torchio incomincia ad eliminare i lavoratori e le loro conquiste lavorative, relegandoli nello scantinato di questo paese. Noi non crediamo che il futuro del Messico sia che noi tutti stiamo nello scantinato, ma al contrario... vogliamo per questo motivo imparare da voi e conquistare per tutti i lavoratori della campagna e della città non solo quello che volete voi, ma ancor di più.

Durante tutti questi ultimi anni, da Salinas e forse anche prima, dopo con Zedillo, ora con Fox e continuerà con chiunque che continui a capo dello Stato messicano, quello che c'è è un'offensiva per precarizzare il lavoro. Per togliere qualsiasi impedimento al gran capitale per trattarci schiavi. Questo ci colloca, se la memoria non ci inganna, nelle grandi mobilitazioni operaie e contadine che hanno preceduto la Rivoluzione Messicana cento anni fa
".

Una specie di sogno divenuto realtà

Anche se non tutti i presenti coincidevano su alcuni aspetti dell'altra campagna, l'ambiente di consenso e di mutua comprensione era una specie di sogno che diventa realtà. Nell'incontro dell'esercito popolare indigeno del 1994 col movimento operaio indipendente del 2006. E si sono parlati direttamente, non che non si conoscessero, ma ora costruiscono insieme qualcosa.

Marcos ha insistito avvertendo: "Si tratta del fatto che i lavoratori perdano le loro conquiste, i contratti collettivi. Che i sindacati si trasformino in una cosa del passato o nella caricatura che sono adesso. C'è stata ieri una riunione fra Hernández Juárez ed alcune sezioni sindacali ed ha annunciato che si stava riunendo col Patto di Chapultepec, con i partiti politici e con tutti quelli che lo volessero aiutare a difendere i lavoratori. Che era disposto a riunirsi con Marcos, che non gli piaceva molto, ma che avrebbe anche potuto incontrarsi con lui per difendere i lavoratori. A noi non piace per niente, neanche un poco, ed ovviamente non vogliamo incontrarlo".

Un riconoscimento delle lotte operaie: "Noi ricordiamo che alcuni anni fa, là nelle montagne, ci arrivavano notizie di mobilitazioni operaie per avanzare nelle conquiste lavorative, ma negli ultimi 12 anni abbiamo ascoltato solo di mobilitazioni per difendere quello che si ha già affinché non lo tolgano. Questo processo che ci mette sulla difensiva, contro il muro, non avviene solo con i lavoratori della città ma anche con i contadini, con i popoli indios e con tutti quelli che lavorano in queste terre".

E poi ripetendosi per sottolinearne l'urgenza: "L'unico modo per non cadere nel precipizio che ci farà sparire come paese, è passare all'offensiva: forse suona sproporzionato visto che stiamo parlando qui che stanno togliendoci una cosa e poi un'altra ancora, ma noi pensiamo, e questa è la proposta dell'altra campagna, che si deve passare all'offensiva ed a livello nazionale. Passare all'offensiva, andare da loro, metterli dove devono stare. Dove devono stare Marín, Slim, Fox, è in prigione".

"Scambio di paure"

Ci sono anche resistenze di successo, come quella dell'EZLN: "Così come ci sono lavoratori come quelli di Euzkadi e della Pascual che hanno dimostrato che possono mandare avanti delle imprese e farle produrre, dirette dagli stessi lavoratori, noi pensiamo allo stesso modo". Ed ha annunciato: "Noi saremo il 1º maggio in Città del Messico e la nostra proposta è di fare altro, il primo di maggio ed in tutto il paese. Che ogni città dove ci siano dei compagni lavoratori si scuota e che incominciamo a fare uno scambio di paure, perché tutto questo tempo ci hanno fatto accumulare molta paura. Facciamo uno scambio, ora quelli che devono avere paura sono loro, quelli in alto.

Si tratta soprattutto che arrivi il messaggio ai popoli indios, che capiscano che non hanno nel settore dei lavoratori qualcuno che sta dall'altra parte, ma hanno un compagno con la stessa dignità che li ha fatti firmare la Sesta e dire 'vogliamo un altro paese ed una nuova Costituzione'. E non stiamo proponendo solo i diritti e la cultura indigeni. Diciamo che in quella nuova Costituzione ci devono stare i diritti lavorativi, però ora in un nuovo Messico, senza padroni o sindacati gialli. Il paradosso è che questi neosindacati gialli hanno appena 30 anni".

L'altra campagna, come i visi coperti degli zapatisti, ha rivelato quello che nessuno vuole vedere, cioè che "c'è gente che non ha assolutamente niente e quella gente sono i nostri compagni. Gente come questa è quella che ci tocca il cuore e ci propone ciò che dobbiamo fare per loro e per noi stessi. Un altro paese, non un rimedio. Per questo la proposta è di guardare verso il basso, di fare grande la parola di ognuno, la lotta di ognuno ed insieme una grande insurrezione".

Davanti alla classe lavoratrice che è accorsa rispondendo all'appello della Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, Marcos ha riconosciuto: "Pensiamo che non sia giusto che solo noi abbiamo questo privilegio di essere vostri allievi. Tutta l'altra campagna deve imparare ciò che è il movimento operaio in Messico; non quello di Vega Galina o Hernández Juárez, ma l'altro. E non cè nulla di meglio di Puebla, per partire con un appello dei lavoratori dell'altra campagna affinché i lavoratori di tutto il paese incomincino a lavorare per un altro 1º maggio, anticapitalista e di sinistra".

Un altro momento rivelatore è stato il dialogo con gli abitanti della Valle di Puebla e delle altre valli vicine. La presidentessa della borgata Volcanes è stata molto precisa: "Forse non possiamo vedere la grandezza del neoliberalismo nel mondo, ma sì lo vediamo nelle nostre vite". L'ultima tappa poblana è stata questo pomeriggio in San Martín Texmelucan.

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

logo

Indice delle Notizie dal Messico


home