Correzione ed aggiornamento sul massacro a Viejo Velasco, Chiapas
La buona notizia: alcuni dichiarati morti sono vivi
La cattiva notizia: altri sono stati massacrati ed il conflitto continua

Al Giordano - Otro Periodismo con L’Altra Campagna in Chiapas - 17 novembre 2006

Personalmente sono convinto che quando come giornalisti commettiamo un errore rilevante, la correzione non dovrebbe essere relegata in un angolo nascosto (quello che i giornali fanno), ma invece, dovrebbe avere lo stesso spazio - in questo caso, in una pagina un titolo e la storia - riservato all'errore iniziale. Con questa intenzione, ci scusiamo per l'errore di lunedì quando abbiamo riportato la morte di diversi civili in Chiapas e ci sentiamo inoltre confortati nel comunicare che la maggioranza è sopravvissuta al massacro del Lunedì Nero. Le persone sono: Marta Pérez Pérez, María Pérez Hernández, Eliver Benítez Pérez, Dominga Pérez López, Felicitas Pérez Parcero, Noilé Benítez di otto anni ed il "neonato non ancora battezzato" riportato nella lista della nostra precedente notizia.

Questi nomi erano scritti in un documento scritto a mano, consegnato (e pubblicato in allegato .jpg) a Narco News, da membri di quella famiglia, che credevano che i loro cari fossero morti. Il Comité de Defensa de la Libertad Indígena Xi'nich, il Centro de Derechos Indígenas (CEDIAC), Centro para los Derechos de las Mujeres en Chiapas, Maderas del Pueblo, la Casa de Apoyo a la Mujer Ixim Anzetic, il Centro de Derechos Humanos Fray Pedro de la Nada, Salud y Desarrollo Comunitario e il Centro de Derechos Hiumanos Fray Bartolomé de Las Casas (“Frayba”). Un documento in formato .pdf del loro rapporto è disponibile alla pagina web del Frayba.

Uniformi Paramilitari

La prima ondata, di 40 aggressori, sono arrivati vestiti come civili armati con machete e bastoni, gridando insulti alle famiglie di Viejo Velasco. Si presume la natura paramilitare degli aggressori per il fatto che sono stati seguiti da una più grande e seconda ondata di duecento aggressori: molti in uniformi di ufficiali di polizia, altri in uniformi nere, con armi ad uso esclusivo dell'Esercito e delle agenzie di polizia (M-16 e R-15 semi-automatici, carabine R-15, carabine calibro 22, oltre a fucili). Gli aggressori venivano dalla vicina comunità di Nueva Palestina, attorno alle 6 di lunedì mattina. Immediatamente dopo l'attacco iniziale, un elicottero non identificato ha sorvolato in cerchio la comunità. Solo alle 10 altri elicotteri, uno della Procura e tre della polizia statale, sono atterrati nella comunità.

María Núñez González, di 32 anni, ritenuta morta lunedì, non è stata così fortunata come i sopravvissuti. Il suo cadavere è stato recuperato. Secondo il rapporto dei diritti umani, gli aggressori l'hanno violentata e poi ammazzata. Filemón Benítez Pérez, di 20 anni, ed Antonio Mayor Benítez Pérez, di 30 anni, sono anch'essi confermati morti.

Gli abitanti inoltre riferiscono di essere stati testimoni della morte di Juan Peñate Montejo. Le organizzazioni dei diritti umani elencano anche i seguenti individui come scomparsi: Mariano Pérez Guzmán ("60 o 65") e Miguel Moreno Montejo, di 50 anni.

Altri due sono scomparsi: una donna handicappata, Petrona Núñez González e suo padre, Pedro Núñez Pérez. I membri della famiglia temono che siano stati rapiti e condotti a Nueva Palestina, che è stata isolata per evitare che la stampa e gli osservatori dei diritti umani entrino ad indagare. Fonti delle comunità vicine hanno detto agli investigatori dei diritti umani che gli aggressori hanno detto che "se qualcuno dei feriti di Nueva Palestina muore, gli ostaggi saranno linciati".

Tutto quello che avevano i parenti delle vittime è stato distrutto nell'attacco: le loro case sono state distrutte, ed i loro beni, bestiame ed attrezzi sono andati rubati o distrutti. Le organizzazioni dei diritti umani riferiscono che 23 uomini, otto donne ed otto bambini, sono rimasti senza casa a causa degli attacchi.

La forte presenza della polizia statale nella regione non ha chiarito dove si trovano i desaparecidos. Com'è usuale, l'arrivo delle forze dell'ordine ha solo peggiorato la situazione. La Polizia si è comportata come di prassi in altre occasioni, in cui gli ufficiali sono più preoccupati a fabbricare false prove che risolvere il crimine. Un fattore vicino, Diego Arcos Meneses, è stato fermato dalla polizia statale, costretto a trasportare sull'elicottero della polizia il cadavere di una donna, e poi è stato picchiato quando si è rifiutato di firmare una dichiarazione adducendo che non poteva leggerla in spagnolo e pertanto non poteva firmare senza sapere quello che c'era scritto. Quindi, è stato arrestato e messo in prigione.

Nel conflitto, due degli aggressori provenienti da Nuevo Palestina sono stati feriti: Vicente Pérez Díaz (morto nell'ospedale di Palenque il martedì) e Felipe Díaz López, nello stesso ospedale. Il Procuratore Generale dello stato (in precedenza zar nazionale della droga di dubbia fama dal periodo presidenziale di Ernesto Zedillo negli anni '90), Mario Herrán Salvatti, ha comunicato ai giornalisti che Díaz López è stato messo agli arresti come presunto partecipante all'attacco.

Non è stato un conflitto etnico

Molte delle notizie della stampa sul massacro hanno affermato erroneamente che lo scontro di lunedì era stato un conflitto "etnico" tra indigeni lacandoni ed altri gruppi indigeni. Questo è falso. La maggioranza degli aggressori e delle vittime sono del gruppo indigeno tzeltal (Nueva Palestina, la comunità assalitrice, è di maggioranza tzeltal, ed include anche alcuni choles e lacandoni). Anche le vittime sono tzeltales e choles. Le divisioni non sono tra etnie, ma piuttosto, tra quelli che godono di protezioni speciali e privilegi concessi dal governo e quelli che non li hanno.

La confusione nasce forse dal fatto che la comunità assalitrice gode di speciale protezione governativa, come parte del "Accordo Lacandone" firmato nel1972, che concede ai lacandoni, alcuni tzeltales ed alcuni choles, diritti esclusivi di vivere nella riserva naturale dei Montes Azules in cambio della cessione al governo del controllo sul legname prezioso ed altre risorse naturali. La confusione nasce inoltre dai pregiudizi razzisti verso gli indigeni in Chiapas. Alcuni articoli hanno attribuito questa situazione ai conflitti di "secoli" tra i gruppi indigeni. Anche questo è falso. Il governo, concedendo privilegi speciali ad alcune comunità ed escludendone altre, ha provocato questo conflitto sui territori (la storia è disponibile nel nostro reportage di lunedì). A partire dal 1984 ci sono stati anche tentativi governativi di risolvere i conflitti concedendo ai cittadini di Viejo Velasco e di altre comunità coinvolte il diritto di vivere e lavorare in queste terre. Tuttavia, l'inconsistenza da parte delle agenzie di governo, l'incompetenza, la mancanza di rispetto per gli usi e costumi indigeni e lo stesso ruolo del governo nello sfruttamento del legname prezioso e di altre risorse naturali della regione, si sono alleati per aggravare e mantenere vivi questi conflitti. Lo stato continua a comportarsi in modo da suggerire fortemente che anche lui vuole che queste comunità indigene, in particolare, si tolgano di mezzo in una regione ricca di risorse.

Anche i media hanno svolto il loro ruolo: la loro dipendenza dalle fonti governative per l'informazione (mai corretta, sempre interessata) e la loro tendenza ad incolpare sempre entrambe le parti di qualunque conflitto, ha dato fuoco alla falsa diceria dei "conflitti etnici" per non spiegare le ingiustizie che hanno radici nelle politiche sbagliate che servono solo ad alimentare malintesi e razzismo. L'implicazione di tali "notizie" è che i popoli indigeni sono incapaci di auto-governarsi (cosa già dimostrata non corretta quotidianamente in più di mille comunità zapatiste in Chiapas) e che pertanto devono essere governati da forestieri. Forse ora siamo in una posizione più debole facendo quest'osservazione oggi, quando correggiamo la cronaca di lunedì, ma quasi tutti gli altri media che hanno riferito gli eventi di lunedì hanno commesso errori gravi - non solo nella conta dei morti - ed in qualche modo dubitiamo che le correzioni, se per caso saranno fatte, avranno lo stesso spazio degli equivoci originali.

Un settore che, ancora una volta, ha dimostrato il suo impegno per l'indagine onesta questa settimana, è quello delle organizzazioni precedentemente citate dei diritti umani del Chiapas, che subito hanno corretto i loro imprecisi dati iniziali dei loro rapporti, alcuni dei quali si basavano sugli stessi documenti ricevuti da noi. Loro hanno risposto molto più rapidamente dei media nel raccogliere le testimonianze e portare alla luce i fatti veri che dimostrano che la gravità del massacro di lunedì è peggiore di quanto i governi ed i media commerciali hanno ammesso fino ad ora.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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