La Jornada 17 novembre 2006
Racconta che era presente all'assassinio di due uomini riportati come scomparsi
È riapparsa una indigena trattenuta dai comuneros di Nueva Palestina
ELIO HENRIQUEZ - corrispondente

Palenque, Chis, 16 novembre - Oggi è riapparsa viva l'indigena Petrona Núñez González che era stata trattenuta dai comuneros di Nueva Palestina che lunedì hanno sparato contro abitanti di Viejo Velasco Suárez. Intanto comunità con presenza zapatista e dell'organizzazione X'inich si sono dichiarate in allerta perchè i lacandoni vogliono che siano sgomberati quattro villaggi ubicati ai confini della riserva di Montes Azules.

Rendendo la sua dichiarazione ministeriale, giovedì notte, la donna di 34 anni ha detto che è stata picchiata, imprigionata e minacciata di morte se denunciava quanto successo in Viejo Velasco. "Io ho visto quando hanno ammazzato mio papà, Pedro Núñez Pérez, e Miguel Moreno vicino a El Paraiso", ha dichiarato.

Questi due uomini erano stati indicati come scomparsi e vista la conferma, il numero di morti accertati si alza a sei, senza considerare che María, sorella di Petrona, assassinata lunedì nella sua casa era in gravidanza da 6 mesi.

Anche se Petrona è stata liberata martedì, fino a stamattina non si è saputo. Nel suo racconto parte dall'alba di lunedì, quando centinaia di uomini armati, con uniformi e berretti blu, sono arrivati a Viejo Velasco per attaccarli.

Ha raccontato che lei stessa, suo padre Pedro Núñez ed il suo vicino Miguel Moreno e Mariano Pérez sono stati portati nella scuola e picchiati con la canna dei fucili e calci.

Dopo i primi omicidi, i membri della comunità lacandona formata da quattro località, tra le quali Nueva Palestina, li hanno fatti uscire dalla scuola e trascinato fino a El Paraiso, dove avevano lasciato i loro veicoli, perché a Velasco Suárez non c'è strada.

Circa 300 metri prima di arrivare ad El Paraiso, hanno sparato a suo padre ed a Miguel che sono morti, ma non si è resa conto della sorte di Mariano. "Io mi sono voltata a guardare e li ho visti morti" ed ha aggiunto che l'hanno fatta subito salire su uno dei veicoli e portata a Nueva Palestina.

Lì è stata messa prima in una casa e poi incarcerata e picchiata. Uno del posto le ha fatto un'iniezione per farle scendere la febbre a causa di un'infezione per un'ulcera nella gamba che non era stata curata a suo tempo.

Quello stesso lunedì è stata esibita davanti a migliaia di abitanti di Nueva Palestina dicendo che era responsabile della morte di Vicente Pérez Cruz, che è morto all'ospedale di Palenque a causa delle ferite subite durante l'attacco. Poi l'hanno portata a Frontera Corozal ed hanno ripetuto la sceneggiata. Mi hanno preso delle "foto e mi hanno detto: 'ora ti salviamo, ma se dici qualcosa ti ammazziamo perché sappiamo già chi sei'" - e tutto questo racconto della donna è stato fatto in tzeltal.

Martedì pomeriggio le hanno dato del denaro e due uomini l'hanno portata in auto fino alla strada di frontiera a circa 10 chilometri affinché prendesse un mezzo di trasporto. I due uomini sono saliti con lei.

Uno è sceso nell'ejido 20 de Noviembre e lei è scesa dopo ad una comunità dove vive un fratello, ad un'ora da Palenque. L'altro uomo ha proseguito probabilmente fino a questa città.

Stanotte, l'indigena che lunedì ha perso suo padre e sua sorella María e nel 2001 suo fratello Antonio a causa del conflitto agrario nei Montes Azules è stata portata a Palenque per una visita e per cure mediche ed affinché il Ministero Pubblico potesse ricevere la sua denuncia, perché non ha voluto tornare alla comunità per paura di essere trattenuta.

Questa mattina agenti della polizia statale hanno portato agli uffici della procura di questa città un indigeno, Felipe Díaz López, di Nueva Palestina, arrestato dopo essere stato dimesso dall'ospedale. Al suo arresto hanno assistito la madre ed un figlio, i cui nomi non sono stati resi noti, che si sono sorpresi per la detenzione ed hanno telefonato alla loro comunità, per chiedere che arrivassero 50 camion carichi di gente per liberarlo.

Persone che viaggiavano oggi vicino a Lacanjá Chansayab ed a Nueva Palestina, hanno detto che la situazione era di relativa calma. Ma ci sono paura ed incertezza. Ieri, una decina di giovani che studiano alla Scuola Secondaria di Chamizal, dove ieri sono stati sepolti l'indigeno Filemón Benitez Pérez, suo zio Antonio Mayor Benítez e María Núñez González, basi d'appoggio dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), secondo l'organizzazione X'inich (formica, in chol), si sono ritirati e sono rimasti a casa.

Abitanti di quella comunità hanno detto che martedì, quando si è saputo della morte di Filemón che quattro mesi fa è ritornato dagli Stati Uniti e di Antonio, nella scuola il clima si è teso perché gli studenti originari di quel paese minacciavano rappresaglia.

I docenti hanno calmato momentaneamente la situazione, ma con la rabbia che aumentava i genitori dei ragazzi hanno deciso di riportarseli a Nueva Palestina per proteggerli.

A tre giorni dell'aggressione, abitanti di Viejo Velasco Suárez affermano che presto ritorneranno alle loro terre perché gli appartengono. "Pensiamo di ritornare perché queste terre sono già state pagate col sangue sparso dai nostri compagni", ha detto Isidro Pérez Vázquez che è riuscito a fuggire quando sono entrati i 300/400 indigeni tzeltales, choles e lacandones della comunità lacandona.

Il giorno dell'attacco varie famiglie si salvarono la vita perché corsero per i campi fino ad arrivare alla vicina Nueva Tila, dopo sei ore di cammino, dove si sono rifugiati. "Quello che ci hanno fatto non è stato uno sgombero, è stato un massacro", ha detto l'indigeno, che ha dichiarato che la responsabilità dei fatti ricade sui governi federale e statale per "non aver risposto al problema".

Attacco premeditato, come nel '95 e nel 2000: Centro Fray Bartolomé

Secondo il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas, l'azione contro il villaggio Viejo Velasco Suárez "ha le caratteristiche di un attacco premeditato come quelli che sono stati realizzati nelle regioni nord e de Los Alto del Chiapas tra il 1995 ed il 2000 con gruppi di civili armati, con uniformi stile poliziotti o militari e con armi di grosso calibro che attaccavano le popolazioni generando morte, sparizioni e sfollamenti forzati, alla presenza acquiescente dell'Esercito Messicano, come parte della strategia contrainsurgente contro l'EZLN".

Ha ricordato che appena il 9 novembre nella comunità di Busiljá, a 15 chilometri da Viejo Velasco, "sei uomini armati e con uniforme della polizia settoriale hanno minacciato sparando varie famiglie, per cui 18 persone se ne sono andate", anche se erano sul posto tre pattuglie della polizia statale.

"Hanno denunciato che gli aggressori sono della stessa comunità, membri dell'Organizzazione Per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini di filiazione priísta. Che le uniformi sono state date loro dalla polizia settoriale e che si mettono sempre d'accordo.

Di fronte a questi fatti ci richiama l'attenzione la recente nomina a generale di divisione DEM di Luis Mucel Luna, già direttore della polizia settoriale del Chiapas, che conta con una laurea in amministrazione per la difesa e la sicurezza nazionale nella Scuola della Difesa Nazionale ed un master nella Scuola Interamericana di Difesa nel Forte J. Lesley McNair, a Washington" - denuncia il Centro.

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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