La Jornada - Lunedì 17 aprile 2006
Se l’Esercito attaccherà le comunità coinvolte, sarà considerata come un’aggressione all’EZLN
La diga di La Parota "si potrà fare solo con una guerra nel sudest"
HERMANN BELLINGHAUSSEN - Inviato

Agua Caliente, Gro., 16 aprile - Parlando davanti a circa mille comuneros, ejidatarios e famiglie di Cacahuatepec, municipio di Acapulco, minacciati dall'annunciata costruzione della centrale idroelettrica La Parota, il subcomandante Marcos ha avvertito il governo federale che la diga "si potrà fare solo con una guerra nel sudest messicano".

Dopo aver ascoltato i rappresentanti del Consiglio degli Ejidos Comunità che si Oppongono alla Diga La Parota (CECOP), che hanno denunciato la Commissione Federale di Elettricità (CFE) di averli minacciarti di chiedere l'intervento dell'Esercito federale se persisteranno nella loro resistenza, il delegato zapatista ha avvertito: "Se l'Esercito attacca le vostre comunità, deve attaccare anche noi, perché la riterremo un'aggressione all'EZLN". Ha proposto "ai popoli che si trovano come noi nelle stesse condizioni di qua ed in altre parti della Repubblica" che, nel caso vengano attaccati, rispondano "tutti insieme, ognuno dove si trovi".

Prima del delegato zapatista, il contadino José Venus ha letto un manifesto della CECOP rivolto all'EZLN in cui si dice: "Siamo molti i messicani e le messicane poveri che abbiamo imparato a guardare in faccia i potenti; siamo sempre di più quelli che sappiamo come difendere i nostri diritti". Che "i più degni sono i più poveri, la maggioranza dei messicani. Come voi, noi uomini e le donne di queste terre siamo disposti a dare la nostra vita".

I comuneros riconoscono che la loro lotta gli ha insegnato che difendendo la loro terra difendono il "loro" fiume Papagayo, la biodiversità e l'acqua.

Accusano il governo che, distruggendo 17 mila ettari, seppellendo 36 comunità, espellendo 25 mila persone e colpendone direttamente altre 50 mila, "non gli importa la desertificazione che si produrrebbe in tutta Acapulco" (beh, nei quartieri popolari; invece le aree residenziali di lusso hanno garantiti l'acqua e tutti i benefici che prima erano per tutte le persone).

"Ora sappiamo che schiacciano chi si arrende, e che se non ti arrendi acquisisci forza e li obblighi a rispettarti", prosegue il manifesto. In un atto molto intenso, dove si succedevano le grida di "Fuori Zeferino!" e "Fuori la CFE!", si percepisce una grande rabbia che percorre queste terre che non diventeranno mai la diga La Parota. "Sono nostre e saranno dei nostri figli", dice il documento che dichiara "cancellato" definitivamente il progetto governativo. E si pronuncia per il ritorno dell'armonia e dell'unità tra le comunità, perversamente divise dai governi e dal suo personale entrato in attività dal 28 luglio del 2003, quando è stato permesso alla CFE di venire sulle terre di Cacahuatepec con un'altra delle sue atroci centrali idroelettriche.

"Il governo dovrà chiedere scusa per aver mandato più di mille poliziotti ad impedirci l'accesso, a reprimerci con manganelli e gas lacrimogeni", segnala la CECOP. Ed esige la punizione del delegato della Procura Agraria e del sottosegretario degli Affari Agrari di Guerrero per corruzione e frode. Alla fine, i contadini di Cacahuatepec si dichiarano aderenti dell'altra campagna e sottoscrivono la Sesta per acclamazione.

Marco Antonio Suástegui, rappresentante dei comuneros, prende la parola con formidabile impeto. "Oggi sicuramente cadrà La Parota", incomincia. "Si tratta dell'incontro di due grandi, l'EZLN e la CECOP. Non abbiamo denaro, ma dignità, e questa non ha prezzo. Molti compagni non si sono abbandonati alla codardia e sono stati imprigionati o assassinati", ma il popolo "non si piega".

Il dirigente contadino ricorda i caduti nella resistenza, suo "fratello" Tomás Cruz Zamora, il suo compagno Eduardo Maya Manrique. Ed invia un messaggio a Vicente Fox, a Zeferino Torreblanca e alla CFE: "Qui siamo nati e qui moriremo, bastardi. Se il governo manda l'Esercito, moriremo sul campo di battaglia".

Suástegui dichiara: "Non abbiamo mai chiesto questo progetto. Non abbiamo chiesto denaro. Economicamente non è praticabile, ambientalmente non è sostenibile, socialmente non è accettabile". Ed annuncia al subcomandante Marcos che la CECOP, come l'EZLN, non accetta nessun partito politico. "Anche le terre di La Parota sono terre zapatiste”.

Quindi, prendendo la parola per trasmettere "il messaggio dei comandanti e delle comandanti che rappresentano le comunità zapatiste nel sudest messicano", Marcos ha assicurato ai contadini della costa guerrerense: "ammiriamo la vostra lotta. Sono un esempio ed un insegnamento di quello che deve essere la dignità nelle nostre terre".

A partire dalla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona e dall'altra campagna, gli zapatisti stanno "cambiando la geografia", ha detto il Delegato Zero

"Secondo il nostro pensiero come indigeni maya, il fiume Papagayo scorre anche nelle montagne del sudest messicano. Per questo vogliamo avvisare Vicente Fox ed il suo braccio giallo e nero, Zeferino Torreblanca, che se l'Esercito attacca queste terre, dovrà attaccare anche le montagne del sudest messicano. In parole semplici, come sono le nostre, è il nostro impegno".

Nell'altra campagna - ha proseguito - non ci sono solo l'EZLN e la CECOP, ma i gruppi e le organizzazioni aderenti in tutta la Repubblica. "Quello che il governo vuole fare qui è un crimine. Tutti sappiamo bene cosa significherà la diga per queste terre: la distruzione e la morte". Avverte che "quegli ejidatari e comuneros che hanno creduto alle bugie del governo, in realtà credono di doverli ringraziare e lasciare entrare in casa il ladro che non solo ci deruberà, ma inoltre assassinerà la nostra famiglia e noi tutti".

Il delegato zapatista ha accusato i governi federale e statale di "costruire una gigantesca menzogna per poter costruire la diga". Riconosce la lotta dei membri della CECOP "che hanno subito sofferenze, morti e il discredito, perchè in molta stampa, radio e televisione hanno detto che sono minoranza che sono manipolati da altre forze, che ci sono strani interessi dietro di voi. Noi, là nelle montagne del sudest messicano, sappiamo cosa significa tutto questo. Ogni volta che c'è un movimento vero, legittimo, degno, ribelle, immediatamente i grandi mezzi di comunicazione cominciano a seminare menzogne affinché la gente non appoggi né si unisca.

Non crediate che i governi si accontentino della terra e della diga. Le venderanno ai grandi capitalisti". Dietro c'è il denaro straniero, segnala. "Vogliono le nostre terre di noi contadini, le nostre terre di popoli indios. Ci vogliono uccidere, distruggere e cacciare da queste terre. E vogliono ancora convincerci di votare in un'assemblea per questo, per morire, per dovere cercare lavoro negli Stati Uniti o in altre parti, per vedere distrutte la nostra storia e quella dei nostri antenati, e credono di trovare la gente disposta a questo. Così come voi, abbiamo trovato molti in tutte le parti del Messico che non sono disposti ad essere distrutti.

Quello che stiamo facendo è metterci d'accordo, perché siamo ormai stanchi che si vogliano intromettere nelle nostre terre, nelle nostre case. Che ci derubino con i prezzi dei prodotti dei campi, che ci derubino nei salari, negli alti prezzi dei prodotti che consumiamo. La diga è per favorire le grandi imprese turistiche, industriali e commerciali. Nessun contadino ne è beneficiato, nessun quartiere povero ne è beneficiato. Dietro a questo progetto c'è il denaro del potente. Forse col suo denaro potrà comprare i mezzi di comunicazione e diffondere menzogne e dire che è una piccola minoranza quella che si oppone alla diga La Parota, ma stiamo vedendo chiaramente che non è una minoranza.

Vediamo anche, e l'abbiamo verificato, che quelli che si presentano come rappresentanti delle comunità ed ejidi sono prezzolati, sono falsi e sono quelli che appaiono nelle foto dichiarando che ci saranno benefici.

Ci siamo stufati perchè lo abbiamo visto in tutti gli stati della Repubblica. È stato bene restare nelle nostre case e terre col machete sfoderato, a vedere a che ora questi bastardi verranno a derubarci. Ma, è meglio metterci insieme e affrontarli. Li cacceremo fuori, abbattiamo Zeferino, Fox, quelli che stanno in alto.

Quello che proponiamo nell'altra campagna è un movimento nazionale. Abbiamo visto in varie parti che la gente che si organizza senza bisogno dei ricchi e dei padroni può mandare avanti una società. Perché dobbiamo sopportare questo sistema, questi criminali, e dobbiamo votare per loro, e dobbiamo pagare loro lo stipendio che si intascano? Si tratta di scegliere che strada seguire, se continuare ad aspettare che seguano a minacciarci, a diffondere menzogne su di noi, che ci vogliano ammazzare, che vogliano ordinare all'Esercito di massacrare gente innocente, o se una volta per tutte ci organizziamo tra noi, li cacciamo dal governo e li sbattiamo in prigione, che è dove deve stare la maggioranza di loro".

I presenti si sono mostrati coraggiosi, accesi, decisi. E Marcos ha parlato in linea: "Non si tratta solo di metterci d'accordo per difenderci, ma di farlo per cambiare le cose dal basso. Quello che faremo adesso ha il nome ed il volto di ognuno di voi. Non si tratta di un leader né di un'organizzazione che vada avanti, ma che ognuno prenda il suo posto e solleviamo questo paese dal basso, lo scuotiamo per bene affinché cadano tutti i malgovernanti ed i ricchi, e lo ristendiamo per bene, come devono essere ben tese le cose".

Questa mattina, prima di uscire da Atoyac, dove ha pernottato, il Delegato Zero ha reso omaggio a Lucio Cabañas nella piazza centrale del villaggio, e durante il tragitto a Cacahuatepec è stato ricevuto a Coyuca de Benítez dalle vedove dei caduti di Aguas Blancas e da centinaia di simpatizzanti che lo hanno portato all'interno del villaggio per rendergli un saluto per il quale Marcos ha ringraziato con parole di solidarietà e rispetto.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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