1° INCONTRO DI SCRITTORI E SCRITTRICI
PER LA LIBERTÀ DEI PRIGIONIERI POLITICI DI ATENCO

Di mattoni, sipari e pesci
(dialogo tra Durito, Juan de Mairena ed un naso superfluo)

Devo chiedere pubbliche scuse: il presente testo, nel suo corpus fondamentale, non mi appartiene, ma si tratta della trascrizione di un nastro registrato. Il citato nastro magnetico (o "cassetta" per la plebe) è stato sottratto surrettiziamente dallo zaino di qualcuno che somiglia straordinariamente ad uno scarabeo.

Potrebbe suscitare stupore e scandalo che, in questa era digitale, qualcuno ricorra ancora alla "cassetta" per registrare e riprodurre; ma niente sarebbe paragonabile alla sorpresa di sapere che, in effetti, l'individuo in questione è uno scarabeo. Da qui a dedurre (non bisogna dimenticare che una relazione fortunata è quella che fa sentire l'astante o il lettore moooolto intelligente) che questo scarabeo si autodefinisce "Don Durito de La Lacandona", dal passo piuttosto regolare, cioè, da leggero a moderato.

Accettare questo piccolo ma denso insieme di fatti, indipendentemente dal fatto che accada nella realtà reale oppure nella nostra assediata immaginazione, è già un successo che apprezzo in tutti e tutte voi. In questi tempi di piattaforme politiche definite nella loro giusta dimensione (cioè, come "spot" pubblicitari), di "passaggi in rete" e sondaggi che coinvolgono la Nazione intera (cioè, quelli che alludono al piazzamento della squadra messicana nel mondiale di calcio), di "assennate" analisi della "correlazione di forze" delle/dei pedanti che si autodefiniscono la parte ed il tutto della "intellighenzia progressista", di deposito dello schiamazzo governativo nei peni dei poliziotti (Atenco) e nei lanciagranate (Atenco e Oaxaca), di "alto livello" degli editorialisti ed editorialiste che commentano ed analizzano quello che dicono… altri editorialisti ed editorialiste; infine, in questi tempi di "realismo politico", il fatto che esistano ancora persone (sembra che alcune abbiano perfino un lavoro) che facciano spazio nel loro cuore per accettare l'esistenza di uno scarabeo che professa l'incompresa professione del cavaliere errante, è - e lo diciamo modestamente - semplicemente stupendo.

Non solo perché questo significa che non sono più solo nel sostenere il peso di sapere dell'esistenza di questo strano essere, ma anche e soprattutto perché è la prova provata che c'è ancora gente disposta a meravigliarsi delle meraviglie che camminano in basso e che, pertanto, sono percettibili solo a chi sa guardare la strada ed il passo.

Lo scarabeo in questione si fa chiamare, come quasi nessuno qui saprà, Don Durito de La Lacandona, I.C. de A.I di I.I. (le sue sigle: Individualità Conosciuta di Anticapitale Invariabile ad Irresponsabilità Illimitata), Copyleft non del Circolo ma del Quadrato dei Cavalieri Erranti di cui è - sia detto per inciso - presidente vitalizio ed unico membro.

Approfittando del fatto che - credo - non sia qui presente, spoglierò Durito di tutta la prosopopea che esibisce il suo complicato appellativo e lo chiamerò "Semplicemente Durito".

Durito, senza essere invitato, ha percorso buona parte del territorio di questa ferita non cicatrizzata che chiamiamo "Messico" per stare qui con noi, per esigere libertà e giustizia per le/i prigionier@ di Atenco.

È arrivato, come d'obbligo, di buon mattino, portando le sue cose in uno zaino di quelli che hanno i ragazzi e le ragazze della secondaria-all'angolo-con-diploma-lavoro-mal-pagato-e-o-disoccupazione-sicura-sicura.

Non è stato invitato a questo incontro di scrittrici e scrittori, malgrado professi quella convulsione per la parola scritta, per cui bisognerà rimproverare gli organizzatori. Anche se forse non l'hanno invitato perché temevano che non ottemperasse alla promessa e facesse sfoggio di quell'irresponsabilità che tanta fama ha dato ai cavalieri erranti da quando quello dalla trista figura esibisse il suo pari per le strade de La Mancha iberica.

Con Durito non bisogna fare progetti seri. Non perché manchi di formalità (non dimentichiamo che è uno scarabeo, sì, ma anche un cavaliere errante), ma perché all'improvviso afferra il suo pattino e prende la discesa e allora ti voglio vedere misure di sicurezza.

Sì, a volte va via così. Altre volte se ne va lasciando una nota che, laconicamente, dice:

"Mia cara Faccia da pantalone usato: Arrivo dopo. Non ti ficcare nei ( molti) guai. Distintamente. Durito. Posdata. - Ho preso il tabacco".

Bene, per non farla tanto lunga, vi dico che, cercando di recuperare il mio tabacco, nello zaino ho trovato una cassetta con una nota che diceva:

"Per il nuovo libro "Dialoghi Impossibili". Attenzione: dire al naso ridondante che organizzi un'asta tra le case editrici per vedere chi si aggiudicherà questo best seller. Stessa cosa per i diritti d'autore per il film. A me il Codice Da Vinci non fa un baffo".

Fine della nota.

Ignoro perché Durito abbia deciso di intitolare in questo modo il suo nuovo embrione, ma per ora non preoccupiamoci di questo.

Il dialogo che qui recensiamo avviene tra Durito, un personaggio di cui si saprà più avanti, e ciò che questi rappresenta.

Ho detto prima che trascrivo una registrazione. Quando l'ho ascoltata, mi sono subito ricordato della scena perché ero presente. È successo nel caffè "Comandante Ramona", all'angolo con il negozietto "El Rincón Zapatista". Se qualcuno vuole andarci è molto facile da trovare: prendete per di là ma poi svoltate a "U" dove dice "Proibito svoltare a U", e poi si superano un buon numero di semafori e quando vedete un buon numero di guardie di tutte le corporazioni, che si annoiano e fanno finta di vigilare, è lì.

Proseguo…

Era l'alba. La luna era l'anca illuminata del desiderio, anche senza l'anelata fessura. Nel sonno, un lungo bacio, lungo ed umido, apriva il fiore del desiderio ed era la chiave per aprire il chiuso e silenzioso nodo del tempo.

Ma nel dormiveglia mi stavo alzando per cercare di digerire dei fagioli alla "avvoltoi di tutto il mondo, unitevi" e per vedere se era rimasto il cadavere di un po' di gelato alle noci. Avevo fatto tardi ascoltando un programma di una stazione radio alternativa che si chiama "La Ke Huelga". Nel programma, gli annunciatori si erano messi a divagare sulle slogature.

E stavano passando dalle slogatura di caviglia a quelle delle idee, perché un momento parlavano dell'amore ai tempi della rivoluzione e poi, come ricordandosi della mobilitazione per le/i prigionier@ di Atenco, passavano all'amore nei tempi di repressione. Da qui si sono messi a fare una lezione dal titolo "Misure contro la Repressione" o qualcosa del genere, cioè che cosa fare quando la polizia sta già caricando al grido di "Contro la sinistra in basso, lo stato di diritto dell'alto".

Io ho preso nota, per evitare do farmi male. Oltre al classico e di collaudata efficacia: "corri fino a che trovi un cartello con scritto 'benvenuto in Guatemala'", hanno dato altre misure e consigli.

Per esempio, la scuola psicologica raccomandava la negazione, cioè quando il manganello sta ormai arrivando a destinazione si grida "noooooo!" in maniera alquanto convincente. La scuola di avvocatura raccomanderebbe - credo - la tecnica di redarguire giuridicamente il poliziotto al grido di "signor poliziotto, lei sta violando gli articoli tali e tali della costituzione che dicono che nessun individuo/a può essere picchiato dalla polizia se prima non interviene un programma televisivo che lo presenta come un criminale" (qui al celerino sorge il dubbio se quello che si presenta come criminale è lui o il suddetto o suddetta al quale va applicato lo stato di diritto, e allora via a correre 'caro, cara, te lo dico dopo'). La scuola di "reclutamento istantaneo" consiglierebbe slogan del tipo "anche il popolo uniformato è sfruttato" prima che, paradossalmente, esploda la granata di lacrimogeno [gioco di parole in spagnolo "explotar" signifca sfuttare ma anche esplodere - n.d.t.].

Lunga ed abbondante di buone e ingegnose ragioni è stata la chiacchierata radiofonica di quei colleghi della "Ke Huelga", stazione che raccomando vivamente e che trasmette sui 102.9 megahertz in Modulazione di Frequenza, e ne approfitto per mandare un abbraccio solidale a@ compagn@ di Radio Plantón, attaccati ieri dalla polizia del governo di Oaxaca, e a tutti i media alternativi che, in basso e a sinistra, ci tengono informati e ci ricaricano le pile.

Dov'ero rimasto? Ah sì! Ad uno dei tavolini del caffè "Comandante Ramona", l'unico che non aveva sopra libri, giornali e riviste, stava seduto il tal Durito con un individuo che si faceva chiamare Juan de Mairena e che - disse - era grande amico del poeta spagnolo Antonio Machado.

Durito si stava ingozzando di biscotti Pancrema e cappuccino, con due paia di zampacce sul tavolo, mentre il suddetto Juan de Mairena, seduto con sobrietà, prendeva con eleganza un tè a piacere.

La registrazione, che qui trascrivo fedelmente, riprende alcune parti del dialogo che si è svolta tra questi due personaggi ed il loro tovagliolo "heavy duty".

Inizia con lo scarabeo che si rivolge a me…

Durito: - Ascolta, mia esimia nullità, la seguente argomentazione del qui presente Don Juan de Mairena:

"1. - Se ogni eccezione conferma la regola, una regola con eccezioni sarà più regola di quanto sarebbe una regola senza eccezioni, alla quale mancherebbe l'eccezione che la confermasse.

2. - Tanto più regola sarà una regola quanto più abbondi di eccezioni.

3. - La regola ideale conterrà solo eccezioni.

(Continuare per ragionamenti concatenati, fino a raggiungere il vortice della stupidità)" ["Juan de Mairena" - Antonio Machado. Alianza Editorial. pag 40]

Io: - Mi sembra un ragionamento ingegnoso… e inutile -.

Durito: - È vero, ma non del tutto. A volte la discussione dell'evidente ti porta ad un intasamento peggiore del raccordo tlalpan-taxqueña; ma altre volte credi che queste evidenze non siano altro che bugie ripetute…-.

Io: - Per esempio? -.

Durito: - L'oggi, questa entità creata, alimentata ed adorata dalla società moderna, cioè, quella ordinata intorno ai mezzi di comunicazione. Non è vero che "l'oggi" smette di essere un presente con passato e futuro, e si trasforma in eterno? Prima di lui, il caos. Dopo di lui, il nulla -.

Io: - Non so dove vuoi arrivare -.

Durito (con un'occhiata complice a Mairena): - Il contrario mi sorprenderebbe. Senti Juanito, c'è questa cosa del sistema capitalista. Non è vero che mostra se stesso come eterno, onnipotente ed onnipresente? -.

Juan de Mairena: - Vero -.

Durito: - Non è vero che la sua presenza si accetta come una fatalità ineludibile, in primo luogo, e poi come l'unica possibile, e più oltre come la cosa migliore che ci è successa? -.

Juan de Mairena - "È quello che succede sempre: si segnala un fatto; poi si accetta come una fatalità; alla fine diventa una bandiera. Se un giorno si scopre che il fatto non era completamente vero, o che era completamente falso, la bandiera, più o meno scolorita, non smette di sventolare" [Ibid. pag. 77].

Durito: - Chiaro, sventolare una bandiera scolorita. Questo, e nient'altro, è ciò che fanno gli apologeti del capitalismo. Ora, che cosa succederebbe se mettessimo in discussione tutta questa impalcatura di argomentazione? -.

Io (sentendomi in dovere di contribuire alla discussione): - Mmh… non so… ci annoieremmo? -.

Durito (guardandomi con riprovazione): - Oltre a questo? -.

Io (con l'urgenza di andarmene): - Mmh… ci metteremmo nei guai? -.

Durito (applaudendo con le zampe che non erano appoggiate sul tavolino né occupate con i biscotti): - Esatto! Hai indovinato mio caro muso di maglina (...)! Avremmo una tale conoscenza che ci spiaccicherebbe ancor peggio che la stazione del metro Hidalgo nell'ora di punta... -.

Io (mettendo molta panna sui miei tacos): - Già che stiamo parlando di trasporti pubblici, voglio denunciare che l'altro ieri eri nel metro e mi hanno circondato... -.

Durito: - Hei! Non ti vantare fantoccio di stoffa! -.

Io: - Sí, mi hanno venduto un panino con un prosciutto più rachitico del cervello del governatore dello Stato del Messico -.

Durito (rivolgendosi al citato Mairena): - Temo, mio caro, che stiamo uscendo dal tema. Stavamo parlando di mettere in discussione il sistema capitalista. Meglio, di mettere in discussione la sua onnipresenza… -.

Io (concentrato sul tema): - Ed i fagioli mi hanno fatto male. Non avrebbero passato i controlli -.

Durito (ormai decisamente arrabbiato): - Il livello della discussione sta scadendo… -.

Juan de Mairena: - Bene, bene, prosegua -.

Durito: - Grazie, Don Juan. Gli strumenti elementari per la critica hanno a che vedere con la storia. Studiandola vedremmo …

1. - Che questo sistema, il capitalista, non esiste da sempre.

2. - Che la sua origine non ha niente a che vedere con lo spirito, la divinità che si venera, o l'idealismo, ma invece con l'usurpazione (cioè il furto), lo sfruttamento, la repressione ed il disprezzo, insomma: il crimine.

3. - Che la sua crescita e sviluppo è nelle mani di chi gli ha dato vita -.

Io (mettendo il mio cucchiaio nella conversazione ed in una coppa di gelato di noci scaduto): - Ma questo porta solo a confermare l'onnipotenza del capitalismo, in lui i cattivi che si travestono da buoni vincono sempre -.

Durito (aprendo un altro pacchetto di biscotti): - Non ho finito… Quali sono i trucchi fondanti e fondamentali di questo sistema? L'uguaglianza e la libertà. Il capitalismo dice e ripete fino allo schifo che si basa su una società ugualitaria e, per il colmo, si trasforma nel garante di questa uguaglianza. Nella società capitalista tutti siamo esseri umani e, pertanto, tutti siamo uguali. Uguali davanti alla legge, per esempio -.

Io (lamentando la disuguaglianza che fa sì che Durito si ingolli tutti i biscotti mentre a me tocca spazzare l'immondezzaio che lascia): - Ma questo non è vero, o almeno alcuni sono più uguali di altri. Ci sono le/i prigionier@ di Atenco e ci sono i Bribriesca figli di Martha Sahagún. Come se ci fossero due leggi: una per il basso ed un'altra per l'alto -.

Durito (lanciandomi una forchetta con l'evidente intenzione di reprimere la libera espressione delle mie idee): - Secondo il capitalismo, l'essere umano è libero, libero di lavorare, di arricchirsi, di votare, di essere governante, di esprimere i suoi pensieri -.

Juan de Mairena: - "La libera espressione del pensiero è un problema importante ma secondario, e subordinato al nostro, che è quello della libertà del pensiero stesso. Per il momento, noi ci domandiamo se il pensiero, il nostro pensiero, quello di ognuno di noi, si può esprimere con intera libertà, indipendentemente che, poi, ci sia permesso o no esprimerlo. Diciamolo retoricamente: a che ci servirebbe la libera espressione di un pensiero schiavo?" [Ibid. pag. 179].

Durito: - Buon punto, Don Juan. Ma continuiamo a domandare, benché ci accusino di scetticismo -.

Juan de Mairena: - "Contro lo scetticismo si è brandito un argomento schiacciante: Quello che nega l'esistenza della verità, pretende che questo sia la verità, ed afferma nella conclusione quello che nega nella premessa, si contraddice, dunque. Io suppongo che questo argomento non convincerà mai scettici di pura razza (…). Lo scetticismo è una posizione vitale, non logica, che né afferma né nega, si limita a domandare, e non si spaventa delle contraddizioni" [Ibid pag. 47].

Durito: - Salute per questo! Allora domandiamo: siamo uguali? Siamo liberi? E queste domande, quando si fanno? Conveniamo di farle ora, quando è sulla risposta affermativa ad entrambe che si costruiscono edifici interi di idee… e di mattoni -.

Se rispondiamo "sì", allora, scusate se sono volgare, non capisco che cosa facciamo qui. E non mi riferisco a qui, a questo angolo zapatista o all'incontro di scrittori per la libertà e la giustizia per le/i prigionier@ di Atenco, al quale non mi hanno invitato, ma qui, in questo Messico che, in basso e a sinistra, cerca di costruirsi una strada ed un passo, senza altra chiarezza di sapere la destinazione.

Ma siamo qui e là per qualcosa. Forse, dentro questo universo infinito e caotico che è il "qualcosa", è perché alle domande "siamo uguali? siamo liberi"?, rispondiamo "NO!". E con questo "NO!" non mettiamo in crisi solo tutto il fondamento giuridico di quello che si chiama "Stato di Diritto" (nome che, è evidente, si erige di fronte a quello che sarebbe lo "Stato di Sinistra"), cominciamo anche a mettere in discussione le evidenze che si trasformano in lapidi per la mancanza di esercizio critico. Smetteremmo di ingoiare tutto quello che, dall'alto, ci propinano quotidianamente come se fosse qualcosa di vero.

Juan de Mairena: - "La cosa normale nell'uomo è la tendenza a credere vero quanto ritiene utile. Per questo ci sono tanti uomini capaci di darla a bere" [Ibid. pag. 67].

Durito: - Allora la politica capitalista nella modernità sarebbe l'arte di darla a bere al maggior numero possibile di persone. Tuttavia, è sempre più difficile, o quantomeno ogni volta appaiono più "altr@" che rifiutano l'indigestione provocata da queste verità. Come che la politica dell'alto non è più quello che era, e non lo dico per nostalgia ma per segnalare un fatto. Ora è un casino -.

Juan de Mairena.- "All'uomo pubblico, in particolare al politico, bisogna esigere che possieda le virtù pubbliche che si riassumono in una: fedeltà alla propria maschera. (…) un uomo pubblico che fa brutta figura in pubblico è molto peggio di una donna pubblica che non fa bella figura in privato. Scherzi a parte - (…) - non c'è questione politica che non sia un baratto, una confusione di maschere, una cattiva rappresentazione teatrale in che nessuno conosce la sua parte" [Ibid. pag. 81].

Durito: - Eccellente Don Juan! Ha definito esattamente cosa è ora la politica in Messico: una brutta commedia nella quale nessuno conosce la sua parte. Per questo c'è tanta sfiducia nella politica e tanta reticenza a costruire un'altra politica -.

Juan de Mairena: - "La politica, signori - continua a dire Mairena - è un'attività importante… Io non vi consiglierò mai l'apoliticismo, bensì, in ultima istanza, il disprezzo della mala politica, che fanno rampanti e parassiti, senza altro scopo che ottenere guadagni e sistemare parenti. Voi dovete fare politica, qualunque cosa vi dicano quelli che vogliono farla senza di voi, e, naturalmente, contro di voi" [Ibid. pag. 136].

Durito: - Sarebbe dunque necessaria un'altra politica, Necessaria, urgente, valida. E mi pare che qui il ruolo del pensiero critico, degli intellettuali, sia molto importante -.

Juan de Mairena.- "Si dice che gli intellettuali fino ad ora non abbiano fatto niente di utile in politica. Si confondono gli intellettuali con i pedanti" [Ibid. pag. 54].

Io: - Cos'è questa cosa della pedanteria? -.

Juan de Mairena: - "È specificamente pedante negare le cose quando non sono come noi le pensiamo. Ma le cose non sono mai come noi le pensiamo, sono molto più serie e complesse" [Ibidem].

Durito: - Allora, quale sarebbe il ruolo degli intellettuali critici? Quello di spettatori di lusso mentre nel teatro della politica si distrugge la società? -.

Juan de Mairena.- "Ma, non ha ancora compreso che quasi ogni volta che si alza il sipario o scorrono le tende nel teatro moderno appare una stanza con tre pareti, in cui manca quella quarta parete che normalmente hanno le stanze in cui abitiamo? Perché non si meravigli (…) di questa terribile inverosimiglianza? Perché senza l'assenza di questa quarta parete (…), come potremmo sapere quello che succede dentro quella stanza?" [Ibid. pag. 152].

Durito: - Capisco. Il lavoro degli intellettuali sarebbe precisamente quello di smontare la quarta parete dello spazio della politica, esibirla tale e quale, senza occultamenti, affinché tutti possiamo sapere quello che succede in quella stanza ed agire di conseguenza. Oggi c'è un'ingiustizia nascosta nella stanza del Potere: quella che ha ucciso Alexis Benhumea Hernández, quella che ha stuprato le arrestate di Atenco, quella che mantiene illegalmente detenuti uomini e donne giusti, quella che reprime a Oaxaca ed in tutti gli angoli del Messico del basso e a sinistra. Per questo… -.

Qui termina la registrazione. Ho deciso di portare la sua trascrizione perché so bene che qui ci sono scrittrici e scrittori, luci critiche disposte a protestare per l'ingiustizia che ha ucciso Alexis, che ha stuprato le nostre compagne, che tiene in prigione attivisti sociali, che sceglie la repressione invece del dialogo.

Perché c'è, tra queste scrittrici e scrittori, chi fa teatro e, con esso, sollevano il sipario che ci permette di vedere non solo anche quello che succede in alto, ma anche dentro di noi. Perché non poche, non pochi, inoltre, costruiscono poesia con lo sdrucciolevole mattone della parola. Sdrucciolevole, come un pesce.

"La poesia è - diceva Mairena – il dialogo dell'uomo, di un uomo con il suo tempo. Questo è ciò che il poeta vuole rendere eterno, potando fuori del tempo, lavoro difficile che richiede molto tempo, quasi tutto il tempo di cui il poeta dispone. Il poeta è un pescatore, non di pesci, ma di pesci vivi, nel senso di: pesci che possano vivere dopo essere stati pescati" [Ibid. pag. 106].

Salute a queste pescatrici e pescatori che, con le parole, ci aiutano a guardare, a guardarci e, con noi, chiedono libertà e giustizia per le/i prigionier@ di Atenco.

Dall'Altra Città del Messico
Subcomandante Insurgente Marcos
Messico, 15 giugno 2006

(traduzione del Comitato Chiapas "Maribel - Bergamo)

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