il manifesto 14 novembre 2006
Come un conflitto «locale» è diventato nazionale. E internazionale
Il governo di Vicente Fox si è sparato sui piedi
Magdalena Gomez - La Jornada

La Asamblea Popular de los Pueblos de Oaxaca ha messo allo scoperto i saldi del federalismo realmente esistente. Si sono mostrati con crudezza i saldi del Pri più bilioso mischiati con la povertà estrema, il sistema di potere dei cacicchi locali, lo scarso rispetto dei diritti umani in generale e di quelli dei popoli indigeni in particolare.

Grazie alla combattiva resistenza della Appo, oggi la lotta di Oaxaca figura nell'agenda nazionale, ha travalicato le nostre frontiere, riceve l'appoggio di diverse forze e organizzazioni sociali, della otra campaña zapatista e dello stesso Andrés Manuel Lopez Obrador.

Non sappiamo se si concretizzerà la caduta di Ulises Ruiz una volta che il Pri abbia fatto i suoi calcoli costi-benefici, ma quello che si vede con chiarezza è che in Oaxaca l'impulso democratico che attraversa tutte le sue regioni non si fermerà e non accetterà soluzioni congiunturali.

Per questo, l'occupazione delle forze della polizia federale «per ristabilire l'ordine» è una misura che può rivoltarsi contro il governo Fox proprio nei suoi ultimi giorni, se il loro ritiro non è accompagnato da un negoziato politico e pacifico sulle cause che hanno originato il conflitto. Cause che, ormai, hanno assunto una dimensione ben più profonda delle rivendicazioni degli insegnanti.

E' chiaro che il governo si è sparato su un piede perché, inviando la polizia, ha mandato a monte l'accordo già preso di riaprire le scuole.

A molti la caduta del governatore Ruiz appare come una richiesta massima e non si sono resi conto che si è convertita in un mezzo per scatenare il processo democratico nello stato di Oaxaca.

Di certo il governatore ha responsabilità penali che è urgente indagare per scoprire chi manda i pistoleros paramilitari di origine priista a provocare morti e desaparecidos, tutti dalla parte dell'Appo, e seminare la paura.

In uno scenario così complesso, gli sforzi per tessere sentieri di pace sono encomiabili; in tutti i casi, si stanno aprendo spazi di dialogo. Urge il ritiro della PFP, che deve andarsene con Ulises Ruiz davanti.

Ormai l'impulso democratico si è messo in moto e i cittadini di Oaxaca non torneranno a casa senza una vittoria sull'autoritarismo, la violenza e i potentati locali che li hanno oppressi per tanti anni, con il Pri alla testa.

Oggi Oaxaca tiene la nazione in sospeso e questo è un bene, poiché fa parte di una regione che è stata emarginata storicamente. Oggi tutta Oaxaca è Messico.

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