il manifesto 14 maggio 2006
Un esercito anti-migranti
La proposta Bush - Il presidente degli Stati uniti annuncerà domani l'invio della Guardia nazionale alla frontiera con il Messico - Per fermare l'«invasione» di immigrati dall'America latina
Franco Pantarelli - New York

George Bush intende fare lunedì sera un «discorso alla nazione» sulla questione degli immigrati e fino a ieri il problema principale della Casa Bianca era quello di ottenere le telecamere. Il discorso avverrà alle otto, cioè l'ora che i network dedicano ai loro serial popolari e non se la sentono di rinunciare ai bei soldini provenienti dalla pubblicità che gonfia quelle trasmissioni per dare spazio a un presidente che a ogni sondaggio si ritrova più giù: secondo l'ultimo reso noto l'altro ieri ha sfondato anche il muro del 30 per cento, attestandosi sul 29. Stando a quanto risultava ieri, disposti ad «ospitare» Bush c'erano l'ovvia Fox di Murdoch e la Cnn fra le emittenti via cavo, mentre delle «tre grandi» solo la Nbc aveva detto di sì. Ma le trattative con Abc e Cbs continuavano e alla Casa Bianca si dicevano «fiduciosi». Dopotutto, spiegavano, questo sarà il primo appello alla nazione di Bush dedicato a questioni di politica interna e tutti dovrebbero capirne l'importanza. Ma la cosa ricordava i tormenti del suo disperato papà che nel suo ultimo anno di presidenza ottenne una «grande copertura» dalle tv solo quando al pranzo di gala durante una visita a Tokyo si sentì male e vomitò sul vestito del primo ministro giapponese.

Ma che cosa conta di dire Bush sull'immigrazione? Stando alle anticipazioni, la sua preoccupazione principale non sembra tanto quella di risolvere il problema dei circa dodici milioni di «illegali» che ogni giorno lavorano e producono a salari bassissimi (proprio perché sono «illegali») quanto quella di riallineare il partito repubblicano, estremamente diviso, e più esattamente di riportare dalla sua quella «base» di destra che dà segni di disaffezione anch'essa. Ciò che è emerso dalle anticipazioni, infatti, è riassumibile in una sola parola: militarizzazione. Il piano che Bush intende annunciare sembra cioè consistere nell'elargire più soldi agli Stati confinanti col Messico in modo che possano aumentare il numero degli effettivi della loro guardia nazionale e destinare così più soldati al controllo delle frontiere. In pratica Bush intende dare ragione ai Minutemen, cioè il movimento sorto recentemente che ha preso a organizzare gruppi armati privati con l'incarico di pattugliare il confine. Un gruppo di loro ha fatto anche una «marcia su Washington» e venerdì i suoi partecipanti hanno stazionato al Capitol per «premere» sul Senato che nella prossima settimana riprenderà a discutere la legge.

Le «fonti» incaricate di fornire qualche indizio sul discorso di Bush per stuzzicare un po' l'attesa non assicuravano, ieri, che Bush avrebbe davvero dato questo annuncio specifico; dicevano però che lo stava «valutando» e a strettissimo giro è arrivata la risposta di almeno due dei governatori: quello della California, il repubblicano Arnold Schwarzenegger ha detto che «non mi pare la soluzione migliore, anche perché molti della guardia nazionale sono appena tornati dall'Iraq». Quello del New Mexico, il democratico Bill Richardson, ha detto che «la mia guardia nazionale è impegnata con gli incendi, ciò che mi serve sono guardie di confine».

Inoltre si è saputo che in preparazione di questo discorso c'è stato un gran lavoro di Karl Rove, recentemente destinato a «curare» proprio le elezioni di novembre, e tutti pensano che l'idea di questo discorso sia venuta proprio a lui, convinto che se non si riesce a tenere saldo lo «zoccolo duro» della destra estrema, a novembre saranno dolori. Rove ha anche avuto molti incontri con i repubblicani più oltranzisti e ora «perplessi» dalla via «mediana» scelta da Bush, garantendo loro che «saranno contenti» da quello che il presidente dirà.

Le posizioni, come forse si ricorderà, sono quella di deportare gli «illegali», di punire quelli che li assumono e quelli che li assistono e di costruire un muro lungo tutta la frontiera con il Messico (la legge in questo senso è stata approvata dalla Camera); e quella di prevedere per molti di essi un programma di «legalizzazione» che li porti fino all'ottenimento della cittadinanza (è quella su cui deve discutere il Senato). La posizione «mediana» di Bush consiste invece nella creazione della figura del «lavoratore ospite», cioè uno cui è consentito di lavorare per un certo numero di anni ma poi deve andarsene. In pratica, una situazione senza futuro e destinata a complicarsi tremendamente con il sopraggiungere - per esempio - dei figli, che in quanto nati negli Usa sono a tutti gli effetti gittadini americani.

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