il manifesto - 13 agosto 2006
Intervista al candidato alla presidenza del Messico Andres Manuel Lopez Obrador
«Lottiamo per un futuro giusto»
La nostra maggiore rivendicazione è ancora un nuovo spoglio voto por voto
Elena Poniatowska Amor - Città del Messico

La pioggia non smette. Stiamo nell'accampamento dello Zocalo e un gruppo musicale suona e grida a tutto volume. Dopo tanti giorni, Andrés Manuel si è abituato ai decibel e si limita a sorridere. Parliamo di quello che succederà, è quasi l'unico tema: «Che viene dopo».

Al di là della presidenza, che vinca o no, Andrés Manuel Lopez Obrador si pone il problema della sopravvivenza dei più umili. Se si permette l'imposizione, i poveri continueranno a stare come sempre. Amlo va oltre; è diventato più ambizioso e la sua ambizione lo nobilita.

«Ci sono cose ben definite. Una, la principale, è che non permetteremo l'imposizione, faremo tutto il possibile per impedire la frode e salvaguardare la democrazia.

Un'altra decisione presa è quella - dovunque staremo, nel Palazzo nazionale, nelle piazze o in qualunque altro posto - di continuare a difendere il nostro progetto di vero cambiamento. Questo vuol dire che continueremo a lottare contro la disuguaglianza economica e sociale, a difendere i beni nazionali, a combattere la corruzione, l'impunità e a impegnarci per trasformare le istituzioni.

Questo è tutto quello che ti posso dire adesso, perché non so cosa ci aspetta. La politica non è una scienza esatta, è fatta di approssimazioni. Ovviamente la nostra maggiore rivendicazione continua ad essere un nuovo spoglio generale voto por voto di tutte le schede e dobbiamo aspettare che termini il procedimento legale che deciderà il risultato delle elezioni».

Hai fiducia nella Corte elettorale suprema?

È possibile che si aprano urne che erano già state aperte in precedenza e che sia tutta una farsa.

Se arrivassi alla presidenza, dovrai moderarti?

Sì, l'istituzione lo esige e io lo farei. Durante la campagna e fino ad ora non ho detto tutto quello che penso sul mio paese, mi sono autolimitato, perché finora ho avuto un determinato ruolo. Una volta risolta l'attuale impasse, vedremo. Però molte cose me le sono tenute dentro, perché uno deve agire in un certo modo quando è candidato, in un altro quando è presidente e in un altro ancora come dirigente di una resistenza sociale. Ma in qualunque circostanza, bisogna mantenere i propri principi. È solo una questione di sfumature.

Andrés Manuel, credo sinceramente che gli imprenditori non hanno alcuna ragione di temerti, perché una volta alla presidenza non li danneggeresti.

No, non lo farei. Ma loro si sono chiusi a riccio per la campagna della paura, si sono lasciati coinvolgere, hanno creduto allo spauracchio e ora si trovano impigliati in un conflitto.

Se arrivassi alla presidenza, gli toglieresti qualcosa?

No, l'ho detto molte volte in piazza; ho detto che io non odio, che la vendetta non è il mio forte.

È la stessa cosa che diceva Dantés, il conte di Montecristo: che non si sarebbe mai vendicato.

Quello che voglio è che ci sia un cambiamento nel paese a beneficio di tutti e specialmente della gente umile, ma questo non significa distruggere e ancor meno perseguitare qualcuno. Sono solo arrivato alla conclusione che il gruppo che domina il nostro paese non si interessa affatto al Messico, al nostro popolo. Sono molto arretrati, molto retrogradi.

Molto nuovi ricchi.

Sì, e per di più non hanno fondo. Non è tanto che mi temano, quanto che non sono disposti a rinunciare ai loro privilegi. Vogliono continuare a divorare il paese.

Come è possibile che non si rendano conto che nessun paese può progredire con un'enorme massa senza potere d'acquisto?

Non se ne rendono conto perché oltretutto non sono capaci di capire che non si può avere governabilità, che non è possibile garantire la tranquillità, la pace sociale, la sicurezza pubblica in un mare di disuguaglianza, che non si arriverà mai alla stabilità politica, sociale, economica, finanziaria finché continua questa situazione di ingiustizia, di abbandono, di arretratezza, di povertà per la maggioranza della gente.

Ma gli stessi industriali hanno bisogno di compratori e possono crearli innalzando il livello di vita.

Però devi anche considerare che quelli che non vogliono il cambiamento, questo gruppo di imprenditori con interessi costituiti, a rigore non sono neanche imprenditori, ma trafficanti di influenze, speculatori, sono quelli che grazie alle relazioni con funzionari pubblici - perché sono loro che li mettono e li tolgono - riescono a concludere succosi affari con la protezione dell'apparato statale. Comprano Mexicana (la linea aerea di bandiera, ndt) a cinque centesimi se vale un peso e riescono a beneficiare del salvataggio da parte del ministero delle finanze per non pagare tasse...

A proposito, fino a quando resterai qui nello Zocalo?

(Sorride) Non si sa. Mi chiedono continuamente che succederà, che penso di fare. Possono succedere molte cose. Ti direi che in politica conta anche la fortuna e che ci sono cose che non posso dire. Quello che faremo non lo posso diffondere ai quattro venti. Alcune cose ancora non sono decise e altre, se non conviene, non le dirò neanche. Prima di farle sapere agli avversari politici, le devo sottoporre all'approvazione della gente.

E non ti preoccupa la responsabilità che hai nei confronti di tanta gente che sta qui nello Zocalo e negli accampamenti del centro? Il potere che eserciti sulla gente, che ha sofferto il freddo, la pioggia, la durezza del pavimento e non si è mossa per la fede che ha in te?

Sì, penso molto a tutti quelli che mi hanno aiutato e con tanto impegno. È una grande responsabilità, che mi obbliga a non mentire alla gente, ad agire con autenticità e a stare molto attento a non fare errori, perché nessuno è perfetto, tutti commettiamo errori.

Tu ne hai fatti?

Certo che ho commesso errori ma bisogna stare attenti ad evitarli e, quando uno li commette, deve rettificarli. Chiaro, meglio non farne.

Che cosa ti muove? Perché ti sei messo in questo? Risponde al tuo amore per la storia?

Da molto tempo, da quando ero giovane, conosco la storia del mio paese e soprattutto conosco la gente, ho viaggiato per tutto il paese, per tutte le regioni del Messico. Ho un amore profondo e una grande ammirazione per il popolo, la gente è molto nobile, molto buona, il meglio che abbiamo in Messico è il nostro popolo.

Prima delle elezioni, pensavi che sarebbe finita così?

Già nella campagna elettorale abbiamo denunciato che la competizione era disuguale, che non c'era equità, che volevano vincere con il potere del denaro, manipolando i media, ma non immaginavamo quello che sarebbe successo il 2 luglio.

Non te l'eri immaginato?

Veramente pensavo che con tutto quello che avevano già fatto con la guerra sucia, i soldi e gli attacchi contro di me, saremmo riusciti comunque a vincere. Non immaginavo che avrebbero usato i trucchi fraudolenti di sempre. Pensavo che avevano già fatto di tutto e che il giorno delle elezioni avrebbero lasciato che la gente votasse liberamente. Ma non è stato così.

E ora, che ci resta da fare?

Dobbiamo mantenere vivo questo movimento, perché non si ripetano mai più queste pratiche. Per questo, la lotta non è soltanto per il riconoscimento della nostra vittoria, ma per far valere la democrazia. Di fatto, se permettiamo questa intromissione, non ci sarà futuro per la maggioranza della gente. Per molte nazioni, la democrazia può significare un meccanismo di rinnovamento del governo, con il metodo più adeguato per rinnovarlo, ma per paesi come il nostro, con tanta povertà, la democrazia diventa una questione di sopravvivenza. Per molta gente, è il mezzo per vivere meglio, è la loro aspirazione, la loro speranza di avere un lavoro, istruzione, casa, felicità. Non è qualcosa di astratto.

Non tutti, però, la pensano così...

Capisco che ci sono settori che non la considerano una questione fondamentale, perché vivono in una situazione economica agiata, ma in Messico ci sono milioni di esseri umani che non hanno neanche l'indispensabile e che hanno riposto tutte le loro speranze in queste elezioni. Questo è il fondo della questione: non permettere che un gruppo si imponga e non spegnere la speranza della gente, non cancellare il diritto alla speranza. È per questo che stiamo qui.

(traduzione a cura di Gianni Proiettis - Messico)

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