La Jornada – sabato 13 maggio 2006
Carlos Montemayor
Atenco e la guerra sporca

Le incursioni violente ed illegali alle prime ore dell’alba in piccoli villaggi o in piccoli quartieri sono un’antica e ricorrente pratica di eserciti repressivi e corpi polizieschi. Gran parte dell’efficacia di queste azioni e delle loro conseguenze deriva dal fatto che sono attacchi inaspettati da parte della popolazione. È la sorpresa l’arma essenziale in questo tipo di occupazioni militari ai danni di comunità rurali o di quartieri urbani. Per questo le prime ore dell’alba normalmente sono le più idonee per questo tipo di attacchi.

Oltre alla sorpresa, dobbiamo sottolineare un altro dato essenziale: l’imperiosa, contundente, visibile superiorità delle armi nei confronti di famiglie inermi e nei confornti della debole resistenza sporadica di donne ed anziani. Lo spiegamento della forza militare è intimidatorio sotto vari aspetti. In primo luogo, i posti di blocco che accerchiano il territorio e bloccano entrate ed uscite del villaggio o del quartiere; successivamente, i corpi speciali che penetrano con violenza nei domicili per accentuare la sorpresa e per evidenziare la superiorità della loro forza.

La violenza impiegata in queste operazioni normalmente è non necessaria dalla prospettiva delle vittime, non da quella degli agenti militari o di polizia che effettuano l'operazione. La violenza estrema, infatti, ha una finalità specifica oltre ad enfatizzare la sorpresa e la superiorità militare: ha come proposito lo spaventare immediatamente, al fine di facilitare arresti illegali di decine o centinaia di uomini, donne e bambini e perfino di anziani.

In queste operazioni, specialmente nelle contro-insurrezioni militari, quando non è possibile ancora la cattura di dirigenti notori, si effettua una peculiare selezione tra la moltitudine di persone catturate finalizzata ad individuare i giovani o gli uomini capaci, per la loro età e costituzione fisica, di lottare come guerriglieri o di partecipare a rivolte locali.

Gli arresti in massa facilitano varie cose: la penetrazione in tutte le stanze delle case per scoprire rapidamente armi, equipaggiamenti, attrezzi, alimenti, materiale propagandistico o denaro. A questi dettagli tecnici e tattici si deve l’impossibilità di distinguere tra il furto, lo spoglio, la distruzione indiscriminata e quello che questi soggetti ed i loro capi vorrebbero che vittime ed analisti chiamassero solamente “perquisizioni”. La sequenza di devastazione, furti, oltraggi è così, connaturale con le perquesizioni e gli arresti di massa.

Varie sono le finalità di questo tipo di arresti collettivi nelle operazioni militari o di polizia di contro-insurrezione.

Primo: spaventare la popolazione oltraggiata e saccheggiata per “dissuaderla” dal continuare nella “violenza” sociale.

Secondo: individuare guerriglieri.

Terzo: identificare dirigenti.

Quarto: porre in stato di fermo familiari di guerriglieri o di dirigenti.

Quinto: selezionare candidati per la tortura, per la sparizione forzata, per il giudizio penale o per la liberazione per mancanza di prove. Il cammino più battuto in questo tipo di repressione è la tortura.

Bene, magari può bastare questa descrizione succinta per analizzare i vari aspetti politici e militari di questo tipo di operazioni.

Un punto dei più visibili ed evidenti deriva dalla loro natura tattica: l’impossibilità che sia un’azione estemporanea. Si tratta di operazioni che non vengono effettuate casualmente, bensì con studi, bilanci o pianificazioni previ. È importante reiterarlo: richiedono una pianificazione anticipata.

Secondo: sono il risultato di un coordinamento tra i vari settori amministrativi e politici. Cioè, “hanno bisogno” della partecipazione e del coordinamento di poteri municipali, statali e federali; di agenti del Ministero Pubblico Federale, di giudici, di servizi medici, di forze complementari e di autorità carcerarie. Neanche questo coordinamento multi-settoriale, inopinatamente, può essere estemporaneo.

Un’ulteriore aspetto deriva dai due anteriori: non sono operazioni ad alto rischio militare né poliziesco, perché la sorpresa e la superiorità di armamento, più gli studi previ per la loro realizzazione in zone già vigilate ed analizzate, non prevedono una resistenza pericolosa né reale. Sono operazioni di sottomissione immediata.

Ma un aspetto fondamentale di queste operazioni è, invece, il loro alto rischio politico. Cioè il messaggio sociale che queste operazioni incarnano è di tale grandezza che non possono essere realizzate senza un mandato delle autorità politiche. Chiaramente è ricorrente nella storia di questo tipo di azioni il discorso demagogico di scindere le responsabilità dell’autorità politica da quelle dell’autorità poliziesca o militare. Questo spiega e rende necessaria una coordinazione in più: quella con i mezzi di comunicazione. È molto utile il silenzio, la complicità e perfino la distorsione generata da televisione, radio e stampa.

Sottolineiamo, anche, che l’autorizzazione delle gerarchie politiche interviene non solamente per la realizzazione dell’operazione in un punto rurale o urbano specifico, bensì per un altro aspetto: quello per la preparazione dei corpi di polizia o militari.

Alcuni giorni fa ho pubblicato sulle pagine de La Jornada alcuni passaggi di documenti declassificati recentemente dal governo degli Stati Uniti.

In una lettera che l’allora ambasciatore Robert McBride inviò il 5 giugno 1971 agli uffici centrali di Washington, afferma che il segretario per le Relazioni Esterne Emilio Rabasa aveva richiesto al governo degli Stati Uniti di fornire aiuti per progettare un programma speciale, teorico e pratico per un corpo scelto messicano destinato a compiti di polizia e di controllo di masse (crowd control), e per questo il colonnello Manuel Díaz Escobar Figueroa aveva visitato il giorno anteriore l’ambasciata. Díaz Escobar “mostrò speciale interesse nel controllo di masse, particolarmente in relazione a manifestazioni studentesche e sommosse”, (showed special interest in crowd control, dealing with student demonstrations, and riots). Alla fine della lettera, l’ambasciatore segnala che “Díaz Escobar è un colonnello dell’Esercito Messicano e, tra le altre cose, è attualmente a capo di un gruppo di individui conosciuti come i Falchi”, (Diaz Escobar is a colonel in Mexican army, and, among other things, is also currently in charge of a group of individuals known as the Halcones).

In altre parole, l’autorizzazione della gerarchia politica è inerente a questo tipo di operazioni chiamate tecnicamente di “controllo di masse”. Non c’è un divorzio tra le decisioni della polizia e militare e quelle politiche, dalla formazione di quadri fino alla pianificazione delle operazioni e la loro esecuzione.

Mi sono prolungato sugli aspetti di questo tipo di operazioni perché li ho studiati in diverse epoche e società del mondo contemporaneo e perché offrono al Messico di oggi un importante avviso: ho descritto ampiamente queste operazioni, con tutte le conseguenze del caso, nel mio romanzo “Guerra in paradiso”.

Quello che voglio dire è che queste sono le strategie militari dalle quali hanno avuto origine le sparizioni forzate e gli assassini di centinaia di contadini nello stato di Guerrero durante la guerra sporca degli anni '70. Le guerre sporche in Sudafrica, Argentina, Uruguay, Cile, Vietnam, Guatemala, in qualunque paese, nello stesso Messico, sarebbero state impossibili senza queste operazioni che alle prime ore dell’alba hanno insanguinato villaggi e quartieri interi. È il cardine che ha aperto le porte dei corridoi di tortura, della morte e delle prigioni illegali.

Applicare in Atenco una delle tattiche elementari della guerra sporca che ha abitato il Messico in altri momenti della sua storia è un grave equivoco politico dell’attuale e moribondo governo federale. Nel contesto del paese significa una grave retrocessione. Con la compiacenza del governo federale, muoiono minatori in Pasta de Conchos, Coahuila; autorità federali e statali reprimono ed assassinano operai della Sicartsa in Michoacán; autorità federali e statali violano leggi e sentenze di giudici di distretto per appoggiare l’ecocidio della Miniera San Xavier a San Luis Potosí; con il silenzio complice di autorità federali si chiude illegalmente la miniera San Martin in Zacatecas; il governo federale viola leggi per ignorare, contro l’opinione maggioritaria dei minatori, un leader tanto corrotto come quelli che sono stati convocati a Los Pinos per celebrare di nascosto il Giorno del Lavoro.

In questo contesto nazionale, uccidere e reprimere in Atenco stringendo la mano ad una delle tecniche basilari della guerra sporca è un errore ed un ritorno verso la barbarie. È chiaro, è almeno logico, pensare che la politica di Stato negli ultimi mesi dell’amministrazione di Vicente Fox sta distorcendo la natura della legge e della stabilità sociale.

Ci vogliono far credere che la violenza istituzionalizzata che incrementa la fame e l’impoverimento accelerato del paese, sommata agli interessi, messi al sicuro, delle cupole di potere, sono la pace sociale. Ma soprattutto ci vogliono far sapere che, negli ultimi mesi di questo governo, la repressione sanguinosa sarà la risposta ufficiale per tutti quelli che si rifiutano di accettare che la pace sociale è fame, arbitrio, simulazione, disoccupazione, denutrizione, miseria.

(tradotto da Daniele - corrodan@freemail.it)

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