La Jornada - Giovedì 12 ottobre 2006
Neil Harvey*/ I
La salute in Chiapas

In mezzo alla crisi post-elettorale, dove è stato messo in discussione il diritto al suffragio effettivo, bisogna ricordare che la democrazia non si riduce ad un sistema elettorale, ma deve essere basata anche sul rispetto dei diritti civili, sociali e culturali. Se la frode elettorale colpisce i diritti politici dei cittadini, i diversi movimenti popolari nel paese esigono il loro diritto alla libertà di espressione, all'educazione, la salute, la sicurezza alimentare e tutto quello che permette alla gente di vivere con dignità e giustizia. Pertanto, i tentativi di trasformare il sistema politico non devono separarsi dalle condizioni in cui vive la maggioranza delle persone, né devono perdere di vista che molte delle soluzioni ai problemi attuali potrebbero essere nelle mani di questa stessa maggioranza.

Due testi recenti sulla salute in Chiapas ci consentono di comprendere meglio questo punto. È appena stato pubblicato un nuovo rapporto da titolo Pueblos excluidos, comunidades erosionadas: la situación del derecho a la salud en Chiapas, México, curato da El Colegio de La Frontera Sur, il Centro de Capacitación en Ecología y Salud para Campesinos-Defensoría del Derecho a la Salud e Physicians for Human Rights. Questo rapporto presenta i risultati di una ricerca realizzata nel 2000-2001 su quasi 3mila famiglie in 46 comunità situate nelle regioni Altos, Selva e Nord della cosiddetta zona di conflitto. È un testo imprescindibile per tutti quelli che si interessano del benessere delle comunità indigene chiapaneche, per i dati allarmanti sulla situazione della salute nell'entità così come per le raccomandazioni rivolte al governo messicano, tutte basate sulla legislazione internazionale corrispondente.

I ricercatori che hanno lavorato al rapporto indicano molto dettagliatamente le molteplici barriere economiche, politiche e culturali che impediscono di godere del diritto alla salute in Chiapas, poiché è lo stato con minore spesa per la salute (581 pesos pro capite, in confronto ai 2mila 255 pesos della Bassa California Sud, per esempio). E anche lo stato con meno persone coperte dal sistema di previdenza sociale (17,6% contro il 40,1% su scala nazionale). Esiste dunque una relazione inversa tra i livelli di emarginazione e la spesa per la salute, poiché la spesa è 20 volte maggiore per la popolazione garantita rispetto a quella non garantita. La mancanza di servizi colpisce in maniera sproporzionata le donne indigene (la maggioranza delle quali non parla spagnolo) poiché sono quelle che hanno più contatti col sistema ufficiale per necessità di salute riproduttiva e dell'infanzia. Pochissimi medici capiscono le lingue indigene e molte volte non tengono conto delle abitudini culturali o delle condizioni sociali in cui vivono i loro pazienti. Queste disuguaglianze rappresentano una discriminazione di classe, di etnia e di genere, e pertanto una violazione sistematica del diritto alla salute. Inoltre gli autori segnalano che la mancanza di accesso ai servizi sanitari si deve al fatto che molte volte le unità mediche non hanno personale e medicine sufficienti. In non pochi casi i medici esigono che gli stessi pazienti comprino le proprie siringhe (cosa difficile in comunità che si trovano lontane dai centri urbani), mentre continua ad essere frequente il maltrattamento che ricevono i malati in cliniche o ospedali. Tutto ciò provoca la sfiducia degli indigeni e li allontana dai servizi che devono ricevere di diritto.

Il modo in cui il governo ha risposto ai conflitti nello stato aggiunge altre barriere di tipo politico. Si sottolinea l'uso clientelare dei programmi Progresa-Oportunidades, che condiziona la prestazione di servizi sanitari all'adesione ai programmi di governo. Invece di risolvere i problemi che hanno dato origine al conflitto armato, i programmi assistenziali approfondiscono le divisioni e gli scontri nelle comunità, con risultati molto deplorevoli. Per esempio, tutti i problemi indicati portano ad avere un'assistenza molto bassa delle malattie mortali che, tuttavia, si possono prevenire e sono curabili, come la tubercolosi polmonare. Il Chiapas è lo stato col maggiore indice di tubercolosi polmonare e minore spesa per il suo trattamento, ma ancora più preoccupante è la mancanza di diagnosi di molti di questi casi a causa delle barriere citate. In altre parole, la discriminazione non solo nega il diritto sociale alla salute, ma nasconde una realtà ancora più grave. In questo studio, i ricercatori hanno scoperto 29 casi di TBP, 16 in più di quelli identificati nella stessa zona dai servizi sanitari.

Il rapporto si conclude con una serie di raccomandazioni al governo messicano, tra le quali si sottolineano l'implementazione degli accordi di San Andrés e l'aiuto ai sistemi locali di salute nelle regioni autonome. Auspica una democrazia includente e riforme legislative e giuridiche per includere la possibilità di appellarsi nei casi di violazione del diritto alla salute. Sottolinea i problemi che affrontano le comunità divise, che non contano né sull'unità delle famiglie nelle comunità in ribellione, né godono dell'appoggio ufficiale che si può constatare nelle comunità pro-governative. Gli autori insistono sul fatto che qualunque programma o progetto di salute debba cercare di ridurre i conflitti intercomunitari, oltre che migliorare le condizioni di salute. Cioè, che l'accesso a questo diritto non deve continuare ad essere motivo di divisioni e scontri. Tutte queste proposte sono necessarie e positive, ma, dato il poco interesse del governo ad implementarle, è necessario valorizzare gli sforzi dei popoli indigeni per risolvere i loro problemi di salute, tema che affronteremo nella seconda parte di questo articolo.

* Professore-ricercatore dell’Università Statale di Nuevo México, Las Cruces - nharvey@nmsu.edu

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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