La Jornada - Venerdì 12 maggio 2006
Da sei giorni alcuni arrestati in sciopero della fame
Alcuni detenuti rifiutano di uscire su cauzione in solidarietà con gli altri 28 condannati
Unico sistema di comunicazione con bigliettini– Fuori continua la "
guardia sonora"
HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Almoloya de Juárez, Mex, 11 maggio - Quelli che potevano uscire su cauzione non lo faranno. Lo sciopero della fame dei detenuti continua per il sesto giorno. I loro avvocati ricostruiscono nuovi dettagli dell'operativo con cui sono stati arrestati i prigionieri politici più nuovi del foxismo e rilevano le irregolarità processuali. Lettere vanno e vengono da dentro a fuori. Quelle che vengono dall'interno della prigione di Santiago, scritte su cartine di sigarette, piccoli foglietti di carta, contengono lettere tremolanti e parole commoventi o trepidanti.

Qui si respira la resistenza. Cartoncini, striscioni, tende sono stati installati intorno al carcere dove si trova la maggior parte degli arrestati ad Atenco il giorno 4. Familiari, amici e compagni montano una guardia rumorosa affinché i detenuti li sentano dalle loro celle e sappiano che sono con loro. "Questo 10 maggio noi mamme dei prigionieri politici festeggiamo in lotta il giorno della mamma", si legge in un cartello attaccato al reticolato. Per la musica, Silvio Rodríguez con la sua canzone Sueños con serpiente" che dice:"Oh, la mato y aparece una mayor, con mucho más infierno en digestión".

Con il trascorrere delle ore e dei giorni, la storia degli arrestati ad Atenco e portati alla prigione di Santiago in condizioni che svergognerebbero altre polizie che non fossero quella dello stato del Messico, diventa sempre più eloquente.

Messi a tacere in molti modi a partire dalla loro cattura, si sono ingegnati per farsi sentire, leggere e ascoltare.

E sebbene un buon numero potrebbero uscire su cauzione, oggi hanno annunciato che non lo faranno in solidarietà con i 28 non raggiunti da questo beneficio perché imputati di crimini gravi che se commessi (per esempio, sequestro), non è certo stato da loro.

È il caso del dottor Guillermo Selvas e della sua giovane figlia, Mariana; della negoziante mazahua Magdalena García Durán, e del telefonista Jorge Salinas, arrivati sul luogo degli incidenti la notte del giorno 4, come molti degli arrestati, mentre i crimini loro imputati sono stati commessi all'alba.

Queste persone avevano partecipato al meeting dell'altra campagna nella Piazza delle Tre Culture e solo dopo si erano mossi verso Atenco.

Mentre alcuni poliziotti mexiquenses dallo sguardo minaccioso rilasciano le loro dichiarazioni contro i detenuti nelle sale della prigione, l'avvocata Bárbara Zamora spiega che Magdalena García Durán, originaria di San Antonio Pueblo Nuevo e negoziante nel Distrito Federal, "non ha avuto diritto ad un traduttore", nonostante sia mazahua, perché "la signora capisce lo spagnolo", secondo il segretario del tribunale.

Quando Magdalena ha ascoltato le accuse contro di lei non ha capito. "È che sono termini giuridici", si è giustificato il segretario. "Gli analfabeti come lei non li conoscono". Ed ha spiegato anche, con indiscutibile eleganza: "Che parli mazahua non vuole dire che sia mazahua; io potrei parlare in inglese e non sono degli Stati Uniti".

Questo è niente in confronto ai brutali calci ricevuti all'inguine mentre veniva caricata sul furgone della polizia che la portava qua, mentre il governo, rappresentato dall'agente che la prendeva a calci, la salutava: "Brutta figlia di puttana". Un granatiere donna l'ha trascinata per i capelli in fondo al veicolo: "Sei ormai vecchia per immischiarti in queste cose. Ti ammazziamo, cagna. Vedrai come ti tagliamo la testa".

Magdalena è la stessa splendida donna che ha parlato nello Zocalo capitolino il primo di maggio a nome degli indigeni commercianti dell'altra campagna . Vende frutta. Appartiene al Congresso Nazionale Indigeno. La polizia la tratta da "cagna".

L'avvocato Juan de Dios Hernández ha confermato che non usciranno, nonostante potrebbero farlo, 23 imputati del procedimento 96/06, né cinque del procedimento 95/2006. Rimarranno dentro, ed in sciopero della fame con gli altri. Solo uno, ricoverato in ospedale, ha accettato di uscire, "perché ha bisogno di un intervento cardiaco urgente".

Le suites di Santiaguito

Al presidio viene letta una lettera. Arriva "dalla suite ribelle numero due" di Santiago: "Oggi è la nostra prima settimana qui reclusi ingiustamente, a vivere sulla nostra pelle ed assistere alla violazione costante e quotidiana di ogni diritto o garanzia".

Gli autori della missiva si presentano come "giovani studenti, adulti, donne di tutte le età, tutti picchiati, violati, umiliati, alcuni dei quali portati via dalla nostra casa: mamma, papà, cognato, portati via insieme al figlio; oggi tutti qualificati come delinquenti organizzati, sequestratori e per blocchi stradali". Nei tribunali, aggiungono, "un vecchio di 85 anni, massacrato di botte, è accusato di sequestro. Noi che eravamo presenti siamo testimoni, ma dovrebbe esserlo anche il popolo del Messico". E salutano i loro interlocutori che ascoltano con fervore: "Oggi la dignità veglia e declama fuori della prigione di Almoloyita, di La Palma ed in tutti i posti dove sono sequestrati i vostri figli, mariti, fratelli, madri, compagne, figlie".

E trovano anche il tempo per dichiarare: "L'altra campagna avanza, compagni, compagne, famiglia; avanza nel segno dello sviluppo ed acutizzazione della lotta di classi". C'è un post scriptum: "L'impossibilità di comunicare è una costante. Non c'è un medico per chi lo richiede. Il compagno Fernando Miguel López Bárcenas non riceve le sue medicine. Soffre di schizofrenia".

Quelli che sono già usciti, raccontano i membri del presidio, erano talmente feriti che non potevano aprire gli occhi, e raccontavano che alle donne stuprate durante la detenzione le obbligavano "a coprirsi la testa, perché non riconoscessero il loro violentatore".

Queste ed altre storie percorrono il presidio dove il dolore non è tanto evidente quanto il coraggio di lotta e resistenza. Al meno quello dei famigliari più estroversi. C'è anche gente taciturna, sorelle tristi, fidanzati abbattuti, madri al limite della tensione nervosa. "La mia è la più tranquilla e rilassata delle esperienze. Ci sono compagne che sono state violentate. Ci sono compagni gettati nel caos della popolazione carceraria", così un ragazzo tranquillizza sua madre su un bigliettino che lei ripone gelosamente nella borsetta.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

logo

Indice delle Notizie dal Messico


home