Parole del subcomandante Marcos
Stralcio dall'atto pubblico nel quartiere Lombardo Toledano di Culiacán - Sinaloa
10 ottobre 2006

Allora, noi diciamo: uniamoci. Che la vostra voce ed i vostri problemi si conoscano in tutto il paese. E che sappiano in tutto il paese che ci sono compagni e compagne in Culiacán che hanno gli stessi problemi che ci sono nel resto del paese. E che stringiamo un accordo per appoggiarci. Nel momento in cui vi capita un problema, magari vi recate da un giornale ma probabilmente la notizia non verrà pubblicata, ma se lo dite all'Altra Campagna, allora uscirà . E vedrete che vi arrivano messaggi di appoggio ed aiuti da parte di gente che non conoscete per niente. Però sapete che sono compagni e compagne che hanno uno stesso destino che è lottare perché questo paese torni ad essere una nazione sovrana, indipendente, libera e democratica, che è quello che adesso non è.

Se noi nella nostra esperienza vediamo che quando il popolo si organizza, può avere un buon governo - quando è organizzato -, allora ciò che dobbiamo fare è dire alla gente: organizzati, ma non restare più solo. Mettiamoci d'accordo. Continuiamo a parlarci e a conoscerci.

Che anche nel resto del paese conoscano Culiacán del basso. Ma anche che Culiacán del basso conosca il resto del paese e guardi ciò che succede nel resto del paese. E che possiamo unirci in questa cosa che è l'Altra Campagna. E magari adesso vi state dicendo: adesso c'è il Marcos dell'EZLN… Però nell'Altra Campagna, oltre a Marcos, ci sono molte organizzazioni, gruppi e collettivi. Ad es. questi compagni dei media alternativi sono dell'Altra Campagna e questo è il loro modo di lottare. Invece di guardare quello che fanno vedere in televisione, o quello che dicono alla radio, o quello che esce sui giornali, loro fanno le notizie. E rispettano quello che dice la gente. E non hanno un capo che gli taglia gli articoli, perché loro stessi sono i capi: nessuno li comanda.

E questo è lo spirito dell'Altra Campagna: noi non vogliamo che nessuno ci comandi. Vogliamo comandarci da noi stessi.

E ci sono i compagni insegnanti, i compagni studenti. Noi sappiamo bene tutti i raggiri che ci sono nell'università autonoma di Sinaloa: come la stanno privatizzando. Sappiamo che agli studenti non importa studiare e finire bene. Tanto alla fine non avranno un lavoro. Chi trova il lavoro è uno che ha i soldi. È uno che è amico di qualcuno che lucida le scarpe al governatore. E non importa se è uno stupido che non sa neanche far due più due. La donna o l'uomo che esce con un ottimo punteggio, molto intelligente, non trova lavoro se non ha appoggi o se non vende la sua dignità.

Allora, perché studiare? Ciò di cui abbiamo bisogno è cambiare il sistema, in modo che quando qualcuno studia, non si possa solo garantirgli di studiare gratis, ma - anche - che quando si laurea, troverà un lavoro per ciò che ha studiato. Non un altro che non c'entra niente. Perché adesso troviamo molta gente che ha una laurea e che sta facendo un altro lavoro: vende tajos, o fa il tassista, o è autista di minibus o di autobus - non so come si chiamano qui -. Oppure sta dall'altro lato della frontiera a pescare, o a fare il cameriere in qualche Mac Donalds. E se quella persona torna qua e ci parla, dirà agli studenti: "sai che? non studiare, perché perderai solo tempo e spenderai denaro per nulla ed alla fine finirai per fare quello che faccio io".

E noi dobbiamo rispondergli: non finirà allo stesso modo perché noi stiamo cambiando questo paese, come si fanno le cose: dal basso. Come ho detto questa mattina - nel quartiere dei pescatori -: questi compagni e queste compagne che vengono come reporter, non sono i padroni della televisione né dei giornali. E noi abbiamo fiducia che questa gente sta ascoltando tutto quello che voi avete detto e che il loro cuore si smuova per la rabbia. E ci aspettiamo che diano la notizia per bene. Ma se non esce, la colpa non è loro. Non possiamo metterci contro di loro, quando è il loro padrone che cambia le cose.

Però vediamo che c'è pure un'altra comunicazione, c'è un'altra informazione che è quella che stanno facendo i compagni dei media alternativi. E lì possiamo informarci di quanto succede nel resto del paese.

In sintesi, compagni e compagne: noi non stiamo proponendo che qualcuno arrivi e metta a posto le cose. Quanto vi stiamo proponendo è qualcosa di più difficile: è cambiare insieme il paese. Perché la gente abbia lavoro. Perché la gente che non lavora, vada in prigione o se ne vada dal paese. Perché noi sappiamo chi sono quelli che non lavorano: i politici, i grandi impresari.

Perché la gente che lavora viva bene, viva con dignità. E non debba solo umiliarsi ogni giorno. Per questo motivo è più difficile quello che noi proponiamo. Sembrerebbe così facile, come imbucare una scheda elettorale e poi, sembra che tutto vada a posto, però non è così. A quanti milioni di messicani hanno fatto credere che mettendo solo un voto, il giorno dopo il Messico sarebbe già stato diverso? Era una bugia, è sempre stata una bugia. E non capisco fino a che punto voi qui continuate a credere a quella bugia o se lo avete capito chiaramente.

Non ci hanno mai dato niente quelli in alto. Abbiamo costruito tutto noi. Voi qui, per quello che ho capito, avete strappato con la lotta la storia di questo quartiere. Avete dovuto lottare per tutto ed il governo non è mai venuto a dirvi: "Dai! venite pure qui! ecco il vostro quartiere, le case, la luce e le fogne. Dai, venite!". No, avete dovuto lottare per ogni cosa. E dovete continuare a lottare per sopravvivere. Ed allora, perché ci aspettiamo che un politico ci risolva le cose, se abbiamo già constatato che dobbiamo risolvere tutto noi?

Noi vi chiediamo di pensarci. Ognuno secondo la propria storia: la casalinga, il lavoratore, lo studente, il ragazzo, la ragazza, e di verificare se è vero o è una bugia quanto stiamo dicendo. Forse, non è tutto vero. Magari non è un problema pagare la luce. Magari la fogna funziona bene. Forse quando apri il rubinetto, l'acqua scende sempre bene. Forse lo stipendio basta. Forse riuscite ad andare a spasso quando volete.

Ma se non è vero quello che state dicendo ed è vero quello che diciamo noi, allora dobbiamo scegliere fra due opzioni: o ci sediamo ad aspettare di vedere se arriva qualcuno ad aggiustare le cose - ma quelli che hanno già un po' d'anni sanno che si sono susseguiti gli uni e gli altri ma che non c'è stato cambiamento -, oppure ci organizziamo tra di noi e ci uniamo.

Ed incominciamo a fare nostre le rivendicazioni locali ed a farle diventare nazionali. Immaginatevi: un'università che sia pubblica e gratuita in tutto il paese, non solo in Sinaloa. Le forze che si potrebbero unire sarebbero molte. Che si rispettino le donne non solo in Sinaloa, ma in tutto il paese. Perché la compagna ce ne ha parlato: ci sono morte in Juárez, ci sono le violentate e picchiate di Atenco, ed anche in Sinaloa, ma in Sinaloa non se ne parla. Ciò che si sa di Sinaloa è che si vendono pomodori e che c'è il narcotraffico, nient'altro.

Però ora si può sentire l'altra storia, per esempio di quelle uccise, grazie a questi compagni di media alternativi. Quello che sta succedendo durante questo percorso in Sinaloa, è che stiamo trovando un'altra Sinaloa, differente da quella del baseball, da quella dei pomodori e da quella del narcotraffico, così come dalla Sinoloa del suo governatore corrotto. Che c'è gente che sta lottando, che sta soffrendo e che sta dicendo: questo è quanto abbiamo e dobbiamo trasformarlo.

E questo è Sinaloa, l'altro Sinaloa, quello di cui parliamo noi, che è poi quello che si conoscerà nel resto del paese.

Questa è l'unica cosa che vi promettiamo compagni: che se lotterete, non rimarrete soli. Che il vostro dolore non rimarrà qui e basta. Né in questo campo di pallacanestro, né in Culiacán, ma sarà conosciuto da altri compagni di altre parti del Messico e del mondo. E che forse, più avanti, potremo metterci d'accordo perché la vostra lotta, in quanto donne, o giovani, o casalinghe, o cittadini, o lavoratori, o insegnanti, o studenti, si unisca alle altre lotte a livello nazionale. E così vinca. Ed allora, quando voi potrete accendere la luce in casa, o avrete una tavola apparecchiata con cibo degno nella vostra casa direte: in Chiapas stanno succedendo le stesse cose, perché ci siamo organizzati ed abbiamo lottato insieme.
E se avessimo solo pensato alla nostra tavola in Culiacán, non l'avremmo ottenuto. Per questo stanno venendo anche gli indigeni da altre parti ad ascoltarvi e a conoscervi.

Questo è l'Altra Campagna, compagni e compagne. Vi invitiamo a pensarci, a mettervi d'accordo e se volete partecipare parlate con i compagni che stanno qui in Culiacán. O decidete se volete far parte di una organizzazione. Non importa qualsiasi cosa decidiate: potete mettervi il nome che volete, può farlo una persona, una famiglia, un gruppo, un collettivo, un'organizzazione, quello che volete.

E quando deciderete che volete far parte dell'Altra Campagna, il vostro impegno sarà questo: quando a qualcuno verrà fatto del male da un'altra parte, voi l'aiuterete. E l'impegno dell'Altra Campagna è che quando a voi verrà fatto del male, in tutto il paese, noi vi aiuteremo. È tutto, compagni, compagne. Molte grazie.

[testo integrale audio e scritto di questo discorso alla pag. web di Enlace Zapatista]


(traduzione del Comitato Chiapas di Torino e "Maribel" - Bergamo)

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