La Jornada – Martedì 9 maggio 2006
Denunciato lo stupro di molte donne durante il trasferimento in carcere
Valentina ha vissuto il Cile di Pinochet, ma in Messico
Presenterà denuncia per essere stata oggetto di abuso sessuale

BLANCHE PETRICH

Dal Cile, dopo essere stato espulsa dal Messico, Valentina Palma analizza con i suoi avvocati tre azioni legali: una per esigere il diritto di completare i suoi studi di cinematografia in Messico; un'altra penale, contro il corpo di polizia che l'ha arrestata in Atenco, picchiata, maltrattata ed abusato di lei sessualmente, ed una terza contro lo Stato messicano per espulsione illegale. Ma soprattutto, a cinque giorni dall'esperienza più terrificante della sua vita, sostiene: "Posso dirlo con assoluta certezza: molte ragazze in Atenco, con le quali ho condiviso 12 ore di prigione a Almoloyita, sono state violentate durante il trasferimento dal luogo del fermo alla prigione. Più di cinque, senza dubbio".

La studentessa cilena si rammarica che le autorità messicane definiscano "bugie" e "una strategia" le denunce di queste violenze e torture: "Le ragazze che ho visto piangevano, erano insanguinate, avevano i vestiti strappati. Una con i pantaloni rotti; il cavallo del pantalone di un'altra era completamente scucito. Nessuno pronunciava la parola stupro, ma è comprensibile. Le donne quando subiscono un fatto così, si chiudono. Non hanno voluto essere visitate dal medico legale. Una ha detto: 'mi hanno già infilato le mani, non voglio aprire le gambe per farmi guardare ancora da qualche altro'. Non c'era una dottoressa; c'era un medico senza sensibilità ed era molto scorbutico".

La studentessa del Centro di Formazione Cinematografica non accetta la dichiarazione di uno dei funzionari che hanno deciso la sua espulsione che le ha detto che si trovava nel posto meno opportuno e nel momento sbagliato. "La professione per cui sto studiando, video documentario, implica di essere nel posto meno opportuno e nel momento meno indicato per documentare quello che succede".

La sua testimonianza sembra una di quelle che negli anni '70 i messicani ascoltavano dal Cile di Pinochet. Ma questo è accaduto ad una cilena in Messico solo la settimana scorsa:

"Ho sentito per radio che avevano ucciso un ragazzino di 14 anni ad Atenco. Decisi di prendere la mia macchina fotografica e di andare a documentare i fatti; è il comportamento naturale di chi da professionista vuole documentare quello che succede. Sono arrivata in paese alle 8 circa della sera di mercoledì. Stavo riprendendo le guardie che organizzavano le persone. Quindi sono andata in piazza. Ero lì, mezzo addormentata, quando hanno cominciato a suonare le campane e a correre la voce che stava arrivando la polizia. Sono tornata ai posti di guardia, ho ripreso l'andare e venire dalle biciclette, delle persone che informavano dalle varie postazioni. Quando è cominciato l'attacco ho preso la mia macchina fotografica e mi sono rifugiata nella biblioteca, di fronte alla chiesa. Ingenuamente ho pensato di poter aspettare lì che la situazione si calmasse. Sono entrati due ragazzi che non conoscevo e mentre aspettavamo lì è arrivata la polizia. Due mi tenevano le braccia mentre altri due mi picchiavano. Indossavano divise blu. Suppongo fossero della polizia municipale. A noi donne davano manganellate al petto e sul sedere.

Ci hanno portato di fianco alla chiesa dove c'erano molti altri fermati e ci hanno obbligato ad inginocchiarci; continuavano a picchiarci. Quando nel mio zaino è suonato il cellulare, un poliziotto ha ordinato di perquisirmi. Mi hanno rubato tutto: documenti, il mio materiale, la macchina fotografica. Poi ci hanno messo su un furgone. Non ho visto di che colore fosse ma era grande. Mi hanno gettata su alcuni corpi insanguinati. Uno degli agenti mi ha ordinato di mettermi con la faccia a terra ma c'era una pozzanghera di sangue. Siccome resistevo a farlo mi ha schiacciato la testa con lo stivale. Allora sono cominciati gli abusi sessuali". Il trasferimento è durato dalle otto del mattino fino alle tre o quattro del pomeriggio. Un viaggio incerto ed ore di tortura continua.

"Mi insultavano, mi palpavano dappertutto. Io ero l'unica donna. Si è trattato di violenza sessuale anche se non c'è stata penetrazione. Ci ordinavano di restare immobili. Vicino a me c'era un vecchio che gemeva e chiedeva pietà. Il suo viso era una sola crosta di sangue. Ho tentato di toccarlo e mi hanno picchiato. Non posso togliermelo dalla testa, stava molto male".

Quando sono arrivati alla prigione e li hanno fatti scendere dall'autobus, Valentina aveva i pantaloni abbassati alle ginocchia ed il corpo macchiato di sangue, proprio e di altri. Arrivata in Cile, la prima cosa che ha fatto sua madre è stata portarla ad un controllo medico. La relazione dei medici descrive numerosi lividi su natiche, seni e possibile frattura delle costole. Durante le ore di detenzione, in Messico, è stata visitata anche da vari medici legali ma nessuno di questi le ha fornito il referto della visita.

Scendendo dai camion "ci hanno coperto la testa e ci hanno fatto passare tra due file di poliziotti che ci prendevano a calci. Hanno poi separato gli uomini dalle donne. Lì ho visto una poliziotta e mi sono detta grazie, finalmente. Ma appena lei mi ha visto ha detto: 'lasciatemi questa cagna', ed ha cominciato a picchiarmi sulle orecchie con le mani. Quando mi hanno rinchiuso ho visto le ragazze con i pantaloni e la biancheria intima rotti che piangevano a dirotto. Eravamo 25 o 30 donne, molte in stato di shock. Conosco quella reazione, la crisi dopo un episodio di violenza. Almeno due avevano subito violenza con penetrazione, benché nessuno pronunciasse questa parola. (...). Le guardie ci chiedevano se fossimo state stuprate, come se lo sapessero".

Dopo 12 ore ad Almoloyita, Valentina, insieme a due spagnole, è stata portata a Toluca, poi al centro di detenzione migratoria di Iztapalapa ed in fine all'aeroporto. Alle sette del pomeriggio del giorno 5, amici e familiari hanno presentato un ricorso contro la sua espulsione. Ciononostante, alle 11 di notte è stata fatta salire su un aereo, insieme al suo compagno, lo studente di antropologia Mario Aguirre, ed ambedue trasferiti a Santiago del Cile senza un decreto ufficiale di espulsione né qualche altro documento al riguardo.

Ma per Valentina non finisce qua: "Oltre la mia deportazione illegale, contro la quale lotterò, denuncio da qui, che ad Atenco ci sono stati abusi e violenze contro le donne usate come un'arma repressiva".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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