La Jornada - Giovedì 9 febbraio
I processi di autonomia "ci tengono in piedi"
Distruggere la comunità indigena, obiettivo del capitale transnazionale

HERMANN BELLINGHAUSEN - INVIATO

Guelatao, Oax. 8 febbraio -Meda’k na’ muk” (andiamo tutti, in zapoteco) è quello che si legge sopra le teste delle autorità indigene della Sierra di Juárez e del subcomandante Marcos, che presiedono la riunione dell’Altra Campagna con i rappresentanti dei popoli mixe, zapoteco e chinanteco, i quali, in un documento congiunto la cui lettura apre la sessione, dicono: “Distruggere la comunità indigena è un obiettivo del grande capitale transnazionale. Noi indigeni diamo loro fastidio. Il capitalismo neoliberista è nostro nemico quando cerca di trasformare la nostra madre terra e i suoi figli in merci che si comprano e si vendono”, si dice nel documento.

Salomón Maximino Emeterio, di Servizi del Popolo Mixe (Ser), legge: “Gli uomini e le donne dell’EZLN ci hanno insegnato a dare valore alle nostre radici e a rafforzare il nostro senso del futuro. Nonostante la nostra volontà e il nostro impegno di cercare un riconoscimento, coloro che hanno detenuto il potere e il denaro in questo paese non ci hanno mai visti, non ci hanno mai ascoltati, non ci hanno mai dato un posto in questa patria”.

Oggi si trovano qui varie autorità municipali e tradizionali dei popoli della Sierra. Questa stessa notte, tutto il comune di Guelatao ha ricevuto il subcomandante Marcos nella sua elegante sala del Consiglio (un altare a Benito Juárez, originario di questo popolo). I rappresentanti dei popoli e delle lotte più rilevanti in Oaxaca dei recenti decenni, hanno affermato davanti al delegato Zero: “Voi ci avete dato un senso del futuro e avete dato ampiezza e visibilità alle domande indie. Senza di voi, la nostra voce e la nostra parola non avrebbero mai trovato un posto in questo paese. Con voi ci siamo riusciti. Per questo, nell’ambito dell’Altra Campagna non abbiamo avuto dubbi nel mettere nelle vostre mani e nelle mani degli ‘altri’ che voi rappresentate, le nostre domande e preoccupazioni”.

Il documento, prodotto del partecipato forum regionale svoltosi questo lunedì in questo luogo, ripercorre i secoli e i decenni di resistenza che sono occorsi ai popoli della Sierra oaxaqueña per “costruire sogni e aspirazioni”. Ricorda che nel decennio degli anni settanta “abbiamo intrapreso i processi di autonomia che oggi ci tengono in piedi. In questa terra abbiamo rivendicato il riconoscimento delle nostre proprie norme per nominare ed eleggere il nostro governo indigeno indipendentemente dai partiti politici. Qui sono stati combattuti i cacicazgos dei partiti, sono stati affrontati i gravi problemi di spoliazione delle nostre terre, territori e risorse naturali, i problemi agrari e i processi di individualizzazione e mercificazione. Qui abbiamo cominciato una revisione della politica culturale e educativa genocida dello Stato”.

Poi, hanno parlato altri rappresentanti. Joel Equino, famoso leader di Yalalag e maestro di lotta di varie generazioni, che Marcos ha salutato questa notte con un abbraccio dicendogli: “sei un grande”, racconta le esperienze dell’Assemblea di Autorità Zapotecas e Chontales della Sierra Nord, Ser e delle comunità zapotecas e spiega perché qui si è capito fin dall’inizio il significato della sollevazione zapatista. “È stato come una candela che serve per illuminare il nostro cammino”. Ha inoltre affermato che “il regime della proprietà comunale è un enorme vantaggio per le comunità”, per questo ha respinto i tentativi di privatizzazione e ha difeso la semina del mais. “I popoli devono mantenere la loro capacità di autosufficienza alimentare. Allo Stato interessa che la perdano per introdurre i ‘programmi’ e uccidere l’iniziativa sociale”.

Genaro Rodríguez, autorità di Quetzaltepec Mixe, dice: “Con l’Altra Campagna siamo vicini a raggiungere il vero cambiamento nello stato e nel paese”. Hildeberto Díaz, di Jaltepec de Condoyoc, nel Bajo Mixe, racconta una storia di inganni, spoliazioni, espropri arbitrari e mai risarciti dal governo, che dopo secoli (dal XVIII secolo) e decenni (dagli anni cinquanta) continua anche oggi. “La storia del basso, scritta con il sangue, non la conosce nessuna. Si tramanda di padre in figlio”.

Reinaldo López, del comitato di difesa delle risorse naturali di Calpulalpan de Méndez, riferisce della distruzione delle sorgenti da parte di un’impresa mineraria, contro cui la comunità sta “portando avanti delle azioni” per cacciarla definitivamente, anche se le autorità “fanno finta di non aver capito”. E Felipe Francisco, del CIPO, segnala: “Al governo conviene che tutti noi fuggiamo in paesi stranieri”. Lasciandoci dietro, come dice poi Macedonio Francisco Ramos, una scia di “comunità fantasma”.

Le organizzazioni della Sierra e della Sesta si pronunciano, in fine, per la difesa della milpa e per la ricostituzione dei popoli: “non dipenderemo dal capitale se siamo autosufficienti”. È, dicono, “la possibilità di continuare ad esistere”. Sopravvivere è il loro piano di lotta.

(tradotto da Elisa Puggelli)

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