La Jornada - Domenica 8 ottobre 2006
I notabili creoli riuniti da Abascal non ci rappresentano
Dialogo con gli oaxaqueñi "reali", chiedono gli indigeni
Regino Montes: il forum in Bucareli è per ex-governatori

HERMANN BELLINGHAUSEN - INVIATO

Oaxaca, Oax, 7 ottobre - Di fronte all'empasse istituzionale che è seguita al forum convocato dalla Segreteria di Governo con alcuni "notabili" oaxaqueñi nella settimana che sta per concludersi, rappresentanti delle comunità indigene presentano un'opzione diversa, rappresentativa e reale di dialogo e di accordo. Così dice Adelfo Regino Montes, avvocato, membro dei Servizi del Popolo Mixe e del Congresso Nazionale Indigeno.

"È necessario creare spazi di dialogo alternativi all'estemporaneità del governo, perché ha invitato solo la classe politica ed i suoi interlocutori tradizionali per 'discutere' i problemi di tutti. Quello del Governo non è il forum di cui abbiamo bisogno noi oaxaqueñi. Lì non siamo rappresentati. Dobbiamo creare un nostro proprio processo che parta da un'iniziativa dei cittadini, dove si discutano i temi che interessano a noi: la problematica della campagna, i nostri conflitti agrari, l'emigrazione, i diritti indigeni, la libertà di espressione, il cambiamento nell'educazione. Queste non sono questioni che interessino alla classe politica né agli impresari filogovernativi".

Al giornalista de La Jornada dice che è stato convocato "all'ultimo momento" insieme ad altri rappresentanti indigeni alla riunione di mercoledì scorso nel Palazzo di Covián, e denuncia che: "loro non vedono i veri problemi, cioè quelli presentati da coloro che si mobilitano nella marcia al DF, nei presidi, nelle assemblee ed alle barricate".

Si pronuncia per un dialogo includente e partecipativo, "dove parlino indigeni, contadini, lavoratori sindacalizzati, la vera Chiesa cattolica, vicina al popolo, gli impresari che non appartengono alle cupole". Infine definisce: "gli oaxaqueñi reali".

Inoltre, questa iniziativa cittadina "non sarebbe per nulla nuova. Abbiamo dei recenti precedenti, come il forum nazionale Costruendo la democrazia e la governabilità a Oaxaca, alla metà di agosto".

Di fronte ai tentativi di violenza e di forza, "siamo obbligati a fare un serio tentativo di dialogo che apra spazi affinché la cittadinanza si possa esprimere e possa dire allo Stato qual è la strada che gli oaxaqueñi scelgono e rifiutare l'uso della forza".

Questo, a giudizio di coloro che promuovono la nuova opzione, "delegittima da Oaxaca il forum del Governo che non ha l'appoggio degli oaxaqueñi". È il momento di "raccomandare alla classe politica di sempre che incominci ad ascoltare la cittadinanza. Loro sono i responsabili della crisi attuale e pertanto sono i meno indicati a trovare la soluzione".

L'avvocato mixe riassume: "il forum di Governo sembra armato dai tre ex-governatori e dalle dalle loro rispettive combricole. Mi riferisco a Diódoro Carrasco, José Murat ed Ulises Ruiz. Non è questo quello che vogliamo. Deve essere un'iniziativa dell'APPO (Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca), della sezione 22 del SNTE e della società civile che esponga una chiara proposta di dialogo per tutti". Rivela che questo venerdì c'è stata una prima riunione dei settori che appoggiano il dialogo e sabato ci sarà un incontro formale con l'APPO e che lunedì torneranno a incontrarsi.

"L'iniziativa viene da un gruppo numeroso di dirigenti indigeni che provengono da popoli che si governano da se stessi: zapotecos, mixtecos, mixes, mazatecos, huaves, chontales, chinantecos. E si stanno unendo i settori sociali dello stato". Prima di tutto, dice, "abbiamo bisogno di dialogo tra di noi".

Di fronte all'attuale situazione, carica di urgenze e rischi, dichiara: "rispettiamo il processo dell'APPO e del magistero, che hanno una loro propria dinamica. Qui proponiamo di costruire un'agenda con tutti i temi che potrebbero sfociare in vere riforme, nei cambiamenti politici e legali per la trasformazione sociale che richiede lo stato".

Sottolinea, appassionato: "Noi popoli indigeni siamo quelli che abbiamo lavorato di più nella trasformazione a fondo di Oaxaca e del paese. Basta vedere l'esperienza delle nostre comunità. Il problema è come renderci più visibili nella mobilitazione degli altri settori". Perchè gli indios, a Oaxaca come in Guatemala, sono la maggioranza, ma non contano.

Dopo aver ricordato che "i ritmi indigeni sono diversi, non siamo urbani, abbiamo obblighi e incarichi nelle nostre regioni", Regino Montes spiega: "siamo più dell'idea di generare un processo di dialogo che contempli strategie come un referendum nei 570 municipi, non solo sul ritiro di Ulises Ruiz, che si dà per scontato e indispensabile, ma anche su tutti i temi più importanti". Riconosce che la proposta si ispira, in parte, a quella consultazione nazionale del Congresso Nazionale Indigeno e dell'EZLN, realizzata nel 1999.

Impresa ardua ma possibile. "Dobbiamo dimostrare al governo che noi cittadini possiamo prendere le iniziative che loro non osano. Abbiamo capacità tecnica ed umana. Da questo l'importanza del dialogo, della creazione di spazi per costruire accordi solidi". E sottolinea: "vogliamo cambiamenti sostantivi, profondi. È il reclamo di tutti. Ora si tenta di chiarire come si potrà sviluppare il processo, di dargli sicurezza".

Riprende la lettera dell'artista Francisco Toledo "che è indigeno". Rappresenta la protesta espressa dai nativi, mercoledì, con l'appoggio di intellettuali come Gustavo Esteva e Salomón Nahmad (pure presenti), che ha aperto le porte a Toledo per definire la sua posizione, oltre all'empasse in cui si trovava quando si è ritrovato in un posto intermedio che non è riuscito a diventare "mediatore", con la escalation del conflitto dopo la repressione del 14 giugno. Regino Montes aggiunge: "Mentre ce ne andavamo dalla riunione col Governo si sono avvicinati ad esprimerci la loro simpatia il banchiere Alfredo Harp Helú, il presidente delle gruppo Noticias, Ericel Gómez Nucamendi, ed il senatore Gabino Cué, che partecipavano a quel forum".

Oaxaca, dice l'avvocato e portavoce indigeno, "è un sintomo di ciò che può succedere a livello nazionale". E condanna: "la classe politica non sa ascoltare. Pensa che il Messico finisce dove finiscono i suoi interessi. La gente a loro non importa. Possiamo morire di fame. La gente non esiste e gli indigeni ancor meno. Questo è stato il nostro messaggio alla giunta dei notabili creoli che si è riunita col segretario Carlos Abascal per decidere sui problemi di tutti noi".

Descrive il nervosismo dimostrato da Abascal e da Ulises Ruiz, mentre ascoltavano le critiche del dirigente zapoteco Joel Aquino, prima che il gruppo abbandonasse il solenne conclave dei politici e dei padroni di mercoledì scorso. "Molti di loro non vivono qui, né ci sono venuti da anni. Invece noi indigeni siamo il 65 per cento della popolazione. E non sono stati fatti riferimenti a noi".

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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