La Jornada – Lunedì 8 maggio 2006
Agli avvocati non è stato consentito vedere i clienti
Il Centro Pro documenta abusi sessuali su una donna di Atenco

VICTOR BALLINAS

Il Centro per i Diritti Umani Miguel Agustín Pro Juárez questo martedì denuncerà e documenterá, tra le molte violazioni dei diritti umani sugli abitanti di San Salvador Atenco, un caso di abuso sessuale compiuto dai poliziotti su una donna durante il trasferimento al carcere di Santiaguito, nello stato di México.

Si parla di violenze di gruppo sulle donne arrestate a San Salvador Atenco, ma il Centro Pro ha comunicato: "Documenteremo e denunceremo uno di questi casi. È molto grave che nel tragitto da San Salvador Atenco alla prigione di Santiago, una delle donne fermate sia stata violentata dai poliziotti. Abbiamo tutte le testimonianze del caso".

Il Centro Nazionale di Comunicazione Sociale (Cencos) ha comunicato che " fino alle 14 di ieri non era stato possibile agli avvocati della difesa, nominati dai famigliari degli arrestati, incontrare i detenuti".

Il Cencos ha affermato che "alcuni abitanti di San Salvador Atenco hanno potuto vedere i loro famigliari arrestati solo per 15 minuti, e non è stato permesso loro di portare abiti né articoli per l'igiene personale o per ripararsi dal freddo; gli arrestati continuano ad indossare gli stessi abiti di quando sono stati fermati".

Denuncia inoltre che agli organismi per i diritti umani " non è stato permesso l'ingresso alla prigione per fare le osservazioni pertinenti che garantiscano i diritti dei carcerati". Ci dispiace molto del clima di incertezza e persecuzione che si vive in questo municipio, perché ci sono ancora mandati di cattura in corso e rivolgiamo un appello ai mezzi di comunicazione affinché forniscano una copertura corretta degli avvenimenti, che consideri anche il rispetto dei diritti degli arrestati".

Una delle testimonianze raccolte dal Centro Pro a San Salvador Atenco racconta di un uomo che si stava recando al lavoro quando è stato rincorso, picchiato ed arrestato.

La testimone è una donna: "mio cognato si preparava ad andare a lavorare, doveva incamminarsi per calle Fresnos ma non è riuscito più ad uscire perché la polizia aveva già cominciato con le aggressioni. Lo hanno inseguito e lui è scappato per difendersi, non poteva fare altro.

Lo hanno raggiunto e picchiato. Mentre lo stavano picchiando sono venuti ad avvisarci i vicini. Sono arrivati e ci hanno detto 'stanno picchiando tuo cognato'. Mio marito è uscito a soccorrerlo, ma si trova in mezzo allo scontro. Mio marito riesce a prendere mio cognato e scappano per mettersi in salvo. Vengono inseguiti ancora ma non c'è via di scampo, dovunque c'erano i granatieri.

Sono arrivati in centro e mio marito riesce a mettere al sicuro suo fratello in una casa; mio marito tenta di entrare in un'altra, chiede aiuto, ma lì c'erano rifugiati, e gli dicono: 'scappa, scapppa'".

"La polizia incomincia a perquisire le case, entrano dove stava mio cognato. Entrano e dicono al padrone di casa. 'Dov'è?' Il padrone di casa dice 'qui non c'è. 'Come no, figlio di puttana!', hanno risposto i poliziotti e sono entrati in casa.

"Il padrone della casa dove è entrata la polizia dice ai suoi vicini: 'sono un uomo ma mi viene da piangere a raccontarlo. Perché tanto accanimento - li picchiavano a calci e con i manganelli -; siamo persone, perché colpirli con tanto accanimento?'"

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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