La Jornada – Martedì 7 novembre 2006
Al subcomandante Marcos denunciano espropri e furti delle loro terre
Accusano il sindaco di Durango di usare gli indigeni come “schiavi del voto
I Tepehuanos devono affrontare giudici corrotti, poliziotti antisommossa e politici bugiardi
HERMANN BELLINGHAUSEN

Vicente Guerrero, Dgo. 6 novembre - "Qui dobbiamo sopportato sgomberi e sequestri da parte di impresari, autorità, giudici e sicurezza pubblica. Sono venuti a toglierci quello che è della comunità, ci impediscono di passare sulle nostre terre, l'unico patrimonio che abbiamo e che ci appartiene legalmente da 43 anni. Ce le vogliono togliere per ragioni sconosciute. Subiamo invasioni, conflitti agrari, oscuramento", afferma nella casa dell'assediato patio di questa comunità tepehuana il suo rappresentante, Carmelo Reyes, ricevendo il subcomandante Marcos.

"Stiamo lottando per l'unità sociale indigena a difesa del nostro territorio. Nonostante abbiamo delle terre, dobbiamo andare a lavorare in altri stati", prosegue don Carmelo. Lo circondano decine di uomini e donne della comunità, in una stanza spoglia e con i vetri rotti (più tardi sapremo che è stata saccheggiata dalla polizia), che fu la casa del "patio maderero" che il governo gli ha tolto agli inizi di questo anno.

In questa terra di tepehuanos sono venuti ad esibire le loro qualità i politici eletti del PRD e del PT. Con amici come il presidente municipale Bernardo Nevares Guzmán, del sole azteco, ed il deputato petista Pepe Posada, perché gli indigeni vorrebbero dei nemici. Il secondo partecipò anche agli attacchi di poliziotti ed impresari contro la comunità.

"C'è molta corruzione in Vicente Guerrero", aggiunge una donna. "I ricchi si fanno passare per ejidatarios grazie a dei prestanome. Vengono con l'appoggio dal governo a comprare terreni. C'è molta ingiustizia. Il sindaco tiene sotto sequestro le casse. Ha usato gli indigeni come schiavi del voto”.

Ai bordi della strada Durango-Zacatecas, questa ex-segheria è stata chiusa e saccheggiata dalle autorità e dai poliziotti municipali di Súchil, Nombre de Dios e Vicente Guerrero al servizio di impresari che ambiscono alle terre tepehuanas. Otto volte hanno attaccato gli indigeni; l'ultima, lo scorso 14 febbraio, sono stati respinti dai comuneros dopo uno scontro durato "un giorno ed una notte", dove donne ed uomini si sono opposti all'esproprio, del quale, insistono ancora, ignorano i motivi. Da allora "hanno smesso" di disturbarci, racconta più tardi un indigeno. Ciò nonostante, hanno sottratto i loro macchinari e già due proprietà sull'altro lato della strada sono state alienate alle industrie Lala e Cervecería Cuauhtémoc, che oggi lì possiedono magazzini su terre che non gli appartengono.

Per i tepehuanos, il governo è incarnato da giudici corrotti, poliziotti antisommossa e politici che quando stanno in campagna "ci stringono perfino la mano" ma quando sono nei loro uffici se ne fregano, siano il sindaco perredista-petista, sia il governatore ed investitore Ismael Hernández Deras, di estrazione priista. Ed i suoi soci, gli investitori privati.

Nel patio maderero vivono solo alcune famiglie della comunità Santa María Ocotán e Xoconostle, composte da circa 19 mila tepehuanos. "La maggioranza vive sulla sierra", dice un altro uomo, che si domanda: "Perché si sopprimono le comunità indigene e si definiscono come esseri inferiori?"

Juan Chávez, a nome del Congresso Nazionale Indigeno, invita i comuneros "ad organizzarsi per recuperare i nostri territori, perchè ci servano per garantire la vita in migliori condizioni". Il rappresentante purépecha critica la Commissione Nazionale per lo Sviluppo dei Popoli Indios "che non solo non ha difeso i popoli, ma che si è unità alla politica di saccheggio e crimine contro di loro". Alla situazione di oblio, Chávez ha aggiunto "il furto di ciò che appartiene ai popoli" ed ha spiegato: "Stiamo nell'altra campagna per un nuovo programma nazionale di lotta nel quale ci stiano tutti, e non veniamo un'altra volta dimenticati".

Il subcomandante Marcos chiude l'atto confermando ai tepehuanos che in Messico, "Se c'è una legge che ti protegge, il ricco ne fa un'altra contro quella legge", e descrive le condizioni generali dei popoli indigeni nel paese, non molto diverse da quelle di questo villaggio. Insiste che è possibile il cambiamento pacifico, e cita i casi di Bolivia ed Ecuador, dove la resistenza indigena ha trasformato quei paesi.

Alla vigilia, l'altra campagna ha tenuto un incontro con gli aderenti molto partecipato nella città di Durango, nella sede del Consiglio Coordinatore Operaio Popolare (Cocopo), nella colonia San Luis, dove questa organizzazione occupa da un decennio 400 abitazioni per famiglie povere. Hanno partecipato all'incontro l'Organizzazione Democratica Contadina, Alleanza Sociale, Giovani di Oggi, Unione Punk Ribelle (UPI), Patrioti Messicani, il Movimento Attivisti Sociali (MAS) e studenti dell'Università Juárez e dell'Istituto Tecnologico di Durango, tra altri.

Nella terra di Francisco Villa si sono sottolineato le contraddizioni tra i movimenti popolari del basso e l'egemonia di una società descritta come "molto conservatrice", in "una terra politicamente desolata, nella quale il PRI è a destra del PAN, ed il popolo è offeso ed abbandonato".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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