il manifesto – Sabato 7 ottobre 2006
Messico - In lotta contro il governatore i docenti «tengono» la città da mesi
Oaxaca, maestri in rivolta Sgozzato un insegnante

Gianni Proiettis - Città del Messico

Alla luce dei falò che illuminano centinaia di barricate, le strade della città di Oaxaca sembrano la scenografia notturna di un film sulla Rivoluzione messicana. Ma finirà con un «tutti a casa» fra canti e tequila o un intervento dell'esercito che macchierà le piazze di sangue? Cominciato nel maggio scorso come un movimento di rivendicazioni degli insegnanti, aggravato in questi mesi dal dispotismo del governatore Ulises Ruiz e dall'inettitudine del presidente Fox, il conflitto di Oaxaca si è trasformato in una valanga che potrebbe travolgere la poca governabilità rimasta, proprio alla vigilia del passaggio di poteri.

Dopo aver scippato le elezioni presidenziali del 2 luglio Felipe Calderón, il candidato della destra (soprannominato FeCal dall'inventiva popolare) ha già la vita abbastanza difficile in attesa del suo insediamento, previsto per il 1º dicembre. In tutte le sue apparizioni pubbliche - e perfino in un suo recente tour centroamericano - le manifestazioni di protesta lo inseguono. Se la «comune di Oaxaca» dovesse tingersi di sangue, come molti temono, il costo politico della repressione diventerà insostenibile.

È per questo che il ministro degli interni, Carlos Abascal, del Partido de Acción Nacional - lo stesso di Calderón e del presidente Fox - ha aperto in questi giorni un tavolo di trattative con il movimento di Oaxaca e ha promesso, da buon integralista cattolico, che «in nome di Dio, non ci sarà repressione». C'è da fidarsi? Intanto, il primo tavolo delle trattative era talmente zoppo che i principali protagonisti del movimento, la sezione 22 del sindacato degli insegnanti e la Appo (Asamblea Popular del Pueblo de Oaxaca), hanno rifiutato di sedercisi: non solo vi erano stati invitati settori apertamente antipopolari come i grandi imprenditori e le alte gerarchie ecclesiastiche, ma ci si era «dimenticati» di convocare i rappresentanti dei 16 popoli indigeni (più di metà della popolazione dello stato).

Quando, a metà maggio, iniziò la mobilitazione degli insegnanti che chiedevano aumenti salariali per compensare il caro-vita, nessuno si stupì: i piantoni permanenti dei maestri nel centro della città sono sempre stati una scena abituale, seguita da trattative e accordi. Ma quest'anno il governatore Ulises Ruiz del Pri, entrato in carica nel dicembre 2004 dopo un'elezione poco trasparente, era particolarmente nervoso: il movimento rappresentava un'interferenza nelle presidenziali del 2 luglio. Ruiz ha optato per la mano dura e, il 14 giugno, ha ordinato una brutale azione poliziesca per sloggiare gli insegnanti accampati nel centro. Nonostante decine di arresti e un centinaio di feriti, alcuni gravi, il movimento è riuscito a scacciare i poliziotti e a riprendersi il centro. E da quel momento la richiesta principale è diventata quella delle dimissioni del governatore. Al calore della repressione si è forgiata una nuova coalizione, la Appo, che riunisce 360 organizzazioni, sindacati, comunità indigene, associazioni civili e si affianca alla sezione 22 del Sindicato Nacional de Trabajadores de la Educación, che ha più di 25 anni di lotte alle spalle. Snobbato dal governo federale - «è un problema locale» - Ulises Ruiz continuava il braccio di ferro con un movimento che si estendeva a macchia d'olio.

Omicidi selettivi o apertamente terroristici perpetrati da bande di poliziotti in borghese, sequestri e torture di dirigenti che comparivano poi in carceri di sicurezza, attentati a giornali e radio, centri di detenzione clandestini, sparatorie notturne contro le barricate sono diventati il leitmotiv di questo conflitto. Dopo le elezioni del 2 luglio, che in Oaxaca hanno registrato la schiacciante vittoria della Coalición di centro-sinistra, il patto scellerato fra il Pan e il Pri ha fornito un solido salvagente a Ulises Ruiz. Se prima delle elezioni il Pan l'avrebbe considerato sacrificabile, dopo la discussa «vittoria» di Calderón l'odiato governatore diventa una preziosa moneta di scambio: la sua permanenza è il prezzo che il Pan deve pagare per avere l'appoggio del Pri nella difficile transizione presidenziale. La destituzione di Ruiz, tra l'altro, potrebbe provocare un pericoloso «effetto domino» con altri governatori estremamente impopolari.

Mentre il governo federale, a Città del Messico, ha accettato di trattare faccia a faccia con i rappresentanti popolari, gli elicotteri e gli aerei della marina militare sorvolano le barricate accrescendo la tensione e il nervosismo degli oaxaqueños in resistenza. Ma, per il comando della marina, sono solo «voli di rifornimento». Ieri, un insegnante di matematica che andava a una riunione di professori dissidenti è stato sgozzato da ignoti killer. L'intenzione, fin troppo trasparente, è quella di responsabilizzare la Appo e la sezione 22 dell'omicidio. Se è vero che ogni morte ha un peso differente, quella di Jaime René Calvo Aragón pesa come un macigno sul tavolo delle trattative.

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