La Jornada - Venerdì 7 aprile 2006
Nel paese è in gestazione una ribellione contro la logica del capitale, afferma
L'Altro Messico ha ormai deciso di ribellarsi per abbattere i malgoverni

Invita gli studenti dell'Università di Michoacán ad analizzare il pensiero zapatista e, se lo riterranno buono, di unirsi
Critica la mancanza di libertà di cattedra

HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Morelia, Mich., 6 aprile - Prima di partire da Michoacán, il subcomandante Marcos ha voluto "guardare", insieme ad un migliaio di persone riunite nel giardino del centro di Morelia, "solo per un istante", in alto. "Vediamo chi ha messo Madrazo ed il PRI come suoi rappresentanti in Michoacán: un assassino di uomini, donne e bambini ad Acteal". L'ex governatore chiapaneco Julio César Ruiz Ferro, radicato ora in Morelia, "è chi ora rappresenta il PRI in Michoacán e tutto il paese. Il PRI non ha nessuna remora a proporci un assassino come rappresentante del governo che vuole assumere". Per il resto, ha aggiunto, il PRI, il PAN ed il PRD propongono "un passo in avanti, quando siamo di fronte all'abisso di essere distrutti come nazione".

In più se si guarda in basso, "ci sentiamo come ragazzi - come ragazze perseguitate e vessate - perseguitati e oppressi dalla polizia per come siamo. Li infastidisce perché abbiamo adottato un nostro modo di vestire, di pettinarci, quello che facciamo del nostro corpo, la nostra musica, il nostro modo di parlare e la nostra cultura, come una modalità politica di ribellione. Sarebbero disposti a tollerarci se solo fosse una moda, ma vedono che la ribellione cresce e non è più solo questione di un collettivo o un gruppo. Adesso la gioventù ribelle in Messico si solleva e meraviglierà non solo il paese, ma il mondo. E si sollevano anche i popoli indios non per chiedere di essere riconosciuti, ma per imporre la loro esistenza come abbiamo imposto la nostra esistenza noi tutti che siamo in basso e a sinistra".

Al Messico compete dare impulso alla trasformazione

Nel suo discorso della notte precedente, nel secondo patio della Scuola di San Nicolás, il Delegato Zero aveva detto: "Per motivazioni che ora non discutiamo", sta toccando al Messico dar impulso alla trasformazione. Dimostrare che si può. "Non solo sono il nostro dovere e la nostra speranza in questo paese, ma anche per il continente e per il resto del mondo".

Uscendo dalla radio universitaria questo mercoledì, il Delegato Zero ha ascoltato studenti e professori e li ha invitati a "scegliere che università vogliono. Se l'università pubblica continua a stare nei canali di un assemblaggio capitalista, assurdo e alienato, ciò che produce non ha senso là fuori". Se l'università sceglie di essere una fabbrica, mieterà "amarezze, delusioni e frustrazione". Non si tratta di essere di sinistra radicale o moderata, "ma se si è oppure no uno studente universitario".

Ha affermato che in cattedra "non c'è libertà; la ricerca è cooptata dalle industrie e trasforma i nostri scienziati in schiavi della scienza, che costruiscono pezzettino per pezzettino la scienza che poi sarà utilizzata per distruggere la natura o l'umanità". Bisogna scegliere come comunità universitaria - ha insistito. "Questa decisione bisogna prenderla in basso, da un'altra parte, fuori da questa torre di vetro che è l'università, là dove c'è l'Altro Messico che ha già preso la decisione di ribellarsi per abbattere i malgoverni, per scrollarsi di dosso i potenti che hanno portato il nostro paese alla rovina".

Si è detto convinto che tale sollevazione ci sarà. "Compagni e compagne, vedrete che è possibile avvisarvi di quello che succederà. Magari si fosse potuto avvisare prima del '68, del '71, del '94. Però ora si può e stiamo passando a darvi questo avviso e a chiedere la vostra decisione. Non vi chiediamo che vi uniate ciecamente, vi chiediamo di informarvi, di analizzare questo pensiero, di prenderlo in considerazione e se lo ritenete buono, unitevi a noi, perché da questa parte c'è il Messico che risorgerà. Lassù in alto solo continuerà la morte, la distruzione ed il disprezzo".

Nel pomeriggio, il Delegato Zero ha portato l'altra campagna nella colonia moreliana Felícitas del Río, dove è in atto una resistenza di quelle che sembrano piccole. Solo contro un distributore di benzina, nient'altro. E con il linciaggio mediatico abituale contro chi disturba gli affari.

Poi, nel giardino centrale dell'Università Michoacana, circa 2mila universitari hanno accolto l'altra campagna. Il Delegato Zero li ha invitati "ad alzare lo sguardo dallo specchio del dolore per il posto che abbiamo nella società, per il dolore che ognuno di noi aggiunge nella sua vita personale. E vi chiediamo di sollevare lo sguardo da quello specchio, anche da quello che comprende la nostra ribellione. Sia come cittadini contro l'arbitrio di un distributore di benzina imposta. Sia contro la criminalizzazione del lavoro, come nel caso dei compagni pescatori a Janitzio. Sia per il disprezzo per la lingua, come ci hanno spiegato i compagni otomíes e mazahuas, e prima i purépechas. Sia contro il disprezzo per altre strade della scienza, dell'arte, delle materie umanistiche, dell'organizzazione studentesca od operaia... le altre strade che ognuno costruisce, a volte a livello individuale, a volte collettivo, per guarire il suo cuore".

Marcos ha ricordato una canzone di guerra che i cosiddetti "jingoísti", nell'impero britannico, intonavano alla fine del XIX secolo, "che diceva, più o meno: 'non vogliamo combattere, ma se Jingo lo dice, abbiamo le armi, abbiamo gli uomini, ed ovviamente i soldi'. Da allora i grandi capitali lo dicono sempre, una volta e poi ancora. Quello di cui ha bisogno questo capitale è di una nuova guerra. Noi concepiamo la tappa attuale del capitalismo, questa che si chiama pure neoliberismo, come una nuova guerra di conquista".

Davanti agli universitari nicolaítas, il delegato zapatista ha detto: "dovrebbe suscitare sorpresa che i capitalisti, invece di combattere per molto denaro, stiano combattendo per i pochi spiccioli che ci sono nelle tasche della gente più sfruttata. Questo è quanto stiamo vedendo e registrando con l'altra campagna. Ma il responsabile di questo sistema che non ha patria o dice che la patria del denaro è tutto il mondo, non ha più la sua sede negli Stati Uniti, nell'Europa imperiale o nel nascente Oriente, ma fuori dalle frontiere, dai limiti territoriali, dalle barriere imposte dalle leggi".

E non si accontentano, "ma vogliono distruggere il nostro territorio, spopolarlo, obbligarci a sparire come abitanti. Questo è quanto si incomincia a vedere dietro la persecuzione ossessiva e criminale contro le donne. Non si tratta più di persecuzione sessuale solamente. No, si tratta di renderle solo un oggetto, di vederle solo come un ornamento oppure solo più come un nemico. Le aggressioni violente che arrivano all'omicidio, stanno diventando ormai un modello di questa tappa del sistema capitalista".

Ha fatto riferimento al "l'accanimento" con cui si perseguitano i giovani per essere diversi. È orami una "legge del sistema capitalista". Ed ha chiesto: "Perché le donne, perché i giovani? E come stiamo docendo da 513 anni, e più recentemente da 12 anni, perché i popoli indios? Con l'aggravante adesso che il capitale, per eseguire le sue ricerche sul sottosuolo e sulla presenza di falde acquifere, boschi e ricchezze naturali, ha scoparto che esistiamo".

Contemporaneamente, ha aggiunto Marcos, "si sta sviluppando una ribellione, a volte spontanea, a volte organizzata, contro la logica del capitale e della merce. Vogliamo avvisarvi di stare attenti ai pupazzi che il capitale manda avanti affinché combattiamo contro di loro e li lasciamo in pace. Una delle grandi bugie del capitalismo è il mercato. Pensare che si possa combattere e sconfiggere il capitalismo solo con una medicina alternativa, una cultura alternativa, solo con una 'altra arte', solo con un'altra modalità di organizzazione dentro le università, è il miraggio che ci stanno offrendo continuamente".

Arriveranno giorni terribili

Non sarà possibile trasformare la situazione "se non capiamo che bisogna attaccare il cuore del problema, il responsabile. Se riusciamo ad alzare lo sguardo e trovare la catena di comando che ha il suo alto comando nel potere del denaro, solo così potremo realizzare questo movimento. Allora, solo allora potremo parlare di una vittoria certa.

I giorni che verranno saranno terribili, molto duri, sporchi, bassi come poche volte sono stati in questo paese se non facciamo niente. Così sarà, e seagiamo, sarà pure così ma almeno ci sarà una speranza, la speranza di un'altra cosa, di un altro movimento che dia uno sbocco a questa notte che ora ci stanno prospettando, per davvero, eterna, nell'unico modo in cui si possono rendere eterne le cose, cioè con la morte.

L'altra campagna è la lotta per la vita ed il capitalismo è la lotta per imporre a tutti la morte. E non importa se questo significa distruggere il mondo in cui anche loro abitano. Finché ci sarà un profitto non importa se l'acqua si inquina, se la montagna viene distrutta, che il vilaggio rimane deserto finché la si può mettere in termini monetari.

La lotta che stiamo realizzando è per l'umanità, ed è per l'umanità perché dell'altra parte, quelli che cantano con lo sciovinismo, hanno bisogno della guerra, e l'unica guerra che resta è contro l'umanità. Se loro vincono, noi spariremo. Se vinciamo noi, non solo sopravviveremo, ma pure in libertà, democrazia e giustizia.

Ci sarà chi vorrà fare riferimento all'Equador, o alla Bolivia, o all'Argentina o a Timor. Non so che state pensando, ma noi zapatisti pensiamo che, per qualche motivazione che adesso non diremo, tocca al Messico questo lavoro. Non solo sono nostro dovere e nostra speranza per questo paese, ma anche per il continente e per il resto del mondo. Se in un modo o nell'altro lo zapatismo è riuscito ad ottenere simpatia a livello mondiale, non è perché abbiamo fatto un determinato uso della parola o per l'indiscutibile eroismo delle comunità indigene, ma è perché si propone un'alternativa, il germe di un'altra cosa. Ed è ciò che deve proporre l'altra campagna a tutti i suoi livelli. Segnalare il nemico: il capitale e l'alleato di quel nemico: la classe politica. Proporsi l'obiettivo, perché non si dovrà ammainare nessuna bandiera: il rovesciamento di questo governo e la distruzione di questo capitale. Ed allora sì, ci saremo appena guadagnati il diritto di tornare a ricominciare".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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