il manifesto - 6.12.2006
Trappola per il leader di Oaxaca
Flavio Sosa, il fratello e altri due capi della rivolta attirati a Città del Messico, arrestati a tradimento e rinchiusi in un supercarcere. Paco Taibo: «Ecco il vero volto del governo»
Gianni Proiettis - Città del Messico

Con un arresto spettacolare trasmesso in diretta dalle Tv alla luce di decine di volanti - neanche fosse un narco - Flavio Sosa, uno dei leader più visibili della Appo, la Asamblea Popular de los Pueblos de Oaxaca, è finito dietro le sbarre insieme ad altri tre dirigenti della stessa organizzazione.

Eseguita la notte del lunedì, primo giorno d'ufficio del nuovo presidente Felipe Calderón, la cattura è avvenuta poche ore prima che si riallacciasse il dialogo fra i delegati della Appo e i rappresentanti del governo federale nella sede del ministero degli interni. L'incontro, programmato per martedì mattina, faceva seguito a una serie di conversazioni che la Appo aveva già avuto con il ministro degli interni uscente e avrebbe rappresentato la prima riunione con esponenti del nuovo governo.

Lo scrittore Paco Ignacio Taibo II, raggiunto al telefono da il manifesto, ha detto: «La cattura di Flavio Sosa e degli altri dirigenti della Appo è pericolosissima. Questo arresto a tradimento è il primo vero atto di governo di Felipe Calderón. Vediamo di che pasta erano fatti tutti i suoi discorsi di apertura e pacificazione».

L'arresto è una pugnalata alle spalle verso gli unici interlocutori credibili, e per di più in piena trattativa. È questa la famosa «soluzione politica» tanto pubblicizzata?

I mandati di cattura contro Sosa e i suoi compagni, fra cui il fratello Horacio, sono stati emessi da giudici federali e dello stato di Oaxaca e citano i reati di «sedizione, sequestro, furto con violenza, lesioni, danni, incendio e attacchi alle vie di comunicazione».

Di fatto, quest'ultima montatura giudiziaria contro i rappresentanti di un vasto e pacifico movimento popolare - va ricordato che la Appo, che riunisce più di 300 organizzazioni statali, ha sempre seguito i principi della non violenza in sei mesi di lotta - rappresenta il culmine di un'ondata repressiva iniziata a fine ottobre con l'invio della Polizia federale.

Alla richiesta popolare della destituzione del governatore Ulises Ruiz, che si è macchiato di una ventina di omicidi per «riportare l'ordine» a Oaxaca, il governo Fox ha risposto con il duplice linguaggio della disponibilità all'accordo di fronte alle telecamere e della repressione dura sul terreno. Le migliaia di poliziotti inviati a Oaxaca - e le ampie mobilitazioni di esercito e marina nello stato - anche se presentate come una specie di «forza di pace», hanno fornito un valido puntello al traballante governatore e hanno scatenato una repressione punitiva, e spesso indiscriminata, su un movimento che ha avuto l'ardire di alzare la testa contro il malgoverno.

L'aiuto prestato dal governo Fox all'odiatissimo Ruiz, appoggiato dal suo partito, il Pri che considera Oaxaca un feudo intoccabile, è diventato moneta di scambio in occasione del passaggio di poteri del 1º dicembre: senza il sostegno del Pri, Calderón non sarebbe riuscito a insediarsi. E, comunque, una buona lezione ai rivoltosi di Oaxaca avrebbe costituito un esempio dissuasivo per tutte leproteste che incendiano il paese.

È così che, solo negli scontri del 25 novembre, provocati dalle «forze dell'ordine», la Polizia federale ha effettuato più di 140 arresti, senza distinguere fra passanti e manifestanti, ha inviato i detenuti, dopo averli classificati di «alta pericolosità», a un carcere dello stato del Nayarit - a dodici ore di macchina da Oaxaca - ed ha fissato una cauzione altissima (circa 300mila euro) per la loro liberazione.

Martedì si è visto che Ruiz, che era fra gli invitati al primo pranzo ufficiale di Calderón, stava dietro agli ultimi arresti dei dirigenti della Appo: è stata la sua polizia - e alcuni magistrati di Oacaxa - a dare il via all'operazione con l'appoggio del governo federale.

La reazione del movimento di Oaxaca, che conta su numerosi simpatizzanti in tutto il paese e sulla crescente solidarietà internazionale, non ha tardato a manifestarsi. Il pittore Francisco Toledo, che aveva già partecipato alla mediazione del conflitto, ha annunciato martedì la costituzione di un patronato formato da intellettuali, avvocati e università in appoggio ai detenuti del 25 novembre. Il subcomandante Marcos ha indetto una mobilitazione mondiale per Oaxaca il 22 dicembre.

«Dire Oaxaca - ha scritto nel suo ultimo comunicato - è dire compagna e compagno, accogliere chi è perseguitato, mobilitare le proprie forze per far riapparire i desaparecidos, per liberare tutti i detenuti, è informare, è chiamare alla solidarietà e all'appoggio internazionali».

La Appo, attraverso una lettera sul quotidiano La Jornada, ha lanciato un appello alla cooperazione economica (conto 9130084297 di Banamex, a nome di Palemón Vázquez Cajero della commissione finanze della Appo). Il Prd, il Partido de la Revolución Democrática di Lopez Obrador, ha presentato una proposta di legge per accordare un'amnistia a tutti i detenuti di Oaxaca che, secondo le ultime dichiarazioni di Flavio Sosa prima dell'arresto, sono più di 360.

Per domenica, a Oaxaca, è prevista una grande manifestazione per la liberazione di tutti gli arrestati, la fine della repressione e la destituzione di Ruiz. In queste ore, una commissione di intermediazione cappeggiata da mons. Samuel Ruiz, l'ex-vescofo di San Cristobal de las Casas, è a colloquio con rappresentanti del governo.

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