La Jornada – Giovedì 6 aprile 2006
Sollecita chi vuole cambiare le cose ad eccellere in tutte le discipline ed arti
Il Delegato Zero in Morelia disserta su teoria e lotta quotidiana
Le analisi più brillanti sono quelle della gente umile sulla propria realtà
HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Morelia, Mich., 5 aprile - Tra gli spiriti di Lenin e El Piporro, il subcomandante Marcos è arrivato nella capitale michoacana. Al suo arrivo, ieri sera, è stato ricevuto nella Casa dallo Studente Vladimir Ilich Lenin, dalla ben nota combattività. Oggi la giornata è iniziata "invadendo" per due ore le cabine di Radio Nicolaíta, la radio dell'Università Michoacana di San Nicolás de Hidalgo, a nome di Radio Insurgente, la voce dei senza voce, che trasmette dalle montagne del sudest messicano.

Nell'istituto studentesco, il Delegato Zero ha rivolto un messaggio sul ruolo degli intellettuali teorici e pratici, incentrato in maniera inusuale nell'opera di Lenin. Ha affermato che quanti si propongono di cambiare la realtà "devono cercare l'equilibrio" tra il dibattito teorico e la lotta quotidiana. "Il domani che costruiremo nascerà per le strade, le montagne e le campagne di questo paese. Le finestre da cui affacciarsi per vedere questo domani stanno nella teoria, nelle analisi concrete, nella musica, nel canto e nella danza".

Al suo ingresso nell'istituto, i giovani studenti lo hanno accolto con danze tradizionali. Quindi Marcos, sotto un ritratto a matita di Che Guevara incollato alla parete, ha detto: "Quelli che vogliono realmente trasformare le cose, dovranno trasformarsi in persone in grado di occuparsi di tutto, capaci in tutte le discipline, le arti e la lotta".

Ha poi proseguito: "Lenin vinse tre grandi sfide. La produzione teorica di discussione e dibattito con le idee di quelli che stanno in alto; l'analisi concreta con quegli elementi della realtà nella quale si lotta, e l'aspetto più difficile per chi comincia ad utilizzare gli atrumenti della teoria e dell'analisi concreti, che sono la pratica e la lotta". Ha citato gli "aspetti nella vita di un attivista che vuole trasformare le cose, che riguardano il cuore, la cultura, lo studio delle scienze e le arti, il sentimento le relazioni interpersonali".

Ha fatto riferimento agli intellettuali che "si adeguano alle idee del potere, senza la radicalità e la fermezza che hanno dimostrato gli intellettuali che hanno trasformato il mondo, tra i quali Lenin". Ha menzionato chi opta per la teoria e chi, dal polo opposto, svolge solo il lavoro pratico e disprezza il pensiero.

Ha rivolto poi le sue riflessioni all'altra campagna che reclama "una produzione intellettuale in accordo con questa realtà che sta emergendo". Ha affermato che le analisi "più brillanti, le migliori, sono state quelle della gente del basso ed umile sulla propria realtà. Un giorno le organizzeremo e quello che produrrà meraviglierà il mondo, non solo nella teoria, né nelle analisi concrete, né nella pratica, ma anche nella cultura che sapremo produrre, nel sentimento che sapremo innalzare come bandiera, e nell'altra maniera e nell'altro modo in cui ci rapporteremo tra noi".

Alle 10 del mattino, le frequenze in AM di Radio Nicolaíta hanno ceduto la linea per due ore ad una trasmissione speciale di Radio Insurgente. Per cominciare, il subcomandante Marcos ha letto la convocazione al Quarto Congresso Nazionale Indigeno, diffusa due giorni fa nella comunità di Nurío. Poi ha ceduto i microfoni al dirigente purépecha Juan Chávez Alonso che ha fatto una succinta esposizione del processo dai dialoghi di San Andrés nel1995, alla Marcia del Colore della Terra ed alla promulgazione della cosiddetta "controriforma della legge indigena", perpetrata nell'aprile del 2001 dal Parlamento messicano, che ha insistito nel definire "tradimento".

I popoli - ha detto Chávez Alonso - perseguono "la rivendicazione storica di tornare ad essere quello che siamo sempre stati", non un ossimoro come potrebbe sembrare, perché gli indigeni non hanno smesso di essere indigeni, per quanto la nazione li ignori sistematicamente. La convocazione lanciata di un Congresso Nazionale Indigeno il prossimo 5 maggio riunirà popoli, tribù, quartieri, colonie, comunità, organizzazioni, intellettuali ed emigranti. Si tratta di "ricostruire un nuovo Messico, dove ci siano tutti i settori, anche i popoli indigeni".

Ha fatto riferimento all'esperienza autonoma di Zirahuén, esemplificando lo smantellamento da parte del governo e del capitale di popoli e territori indigeni attraverso l'autostrada (non ultimata) che unirà il porto siderurgico di Lázaro Cárdenas con la frontiera statunitense. "Una striscia di asfalto che vogliono far passare per Uruapan e che pregiudicherà le comunità". Ostacolerà la loro vita e trasformerà gli indigeni in "spettatori di quello che succede". Inoltre, separerà le comunità e le campagne. Ma nessuno ha chiesto loro il permesso. Ha ricordato che il governo offre un'indennità di 10 mila pesos per compromettere permanentemente l'esistenza delle comunità.

Alle apparizioni del Chómpiras e di altri personaggi abituali di Radio Insurgente dell'EZLN, si sono succedute canzoni latinoamericane, Serrat e Sabina, ed in particolare Lalo González "Piporro". Marcos ha mandato i saluti ai lavoratori di Michoacán che stanno dall'altra parte della frontiera. "È possibile che presto possano ritornare in una terra più giusta e libera". Inoltre, ha affermato che "la quarta guerra mondiale in Messico sta raggiungendo livelli criminali".

Concludendo nel caracol di Zirahuén la tappa dell'altra campagna nelle terre purépechas, il Delegato Zero ha affermato che Michoacán è lo stato dove ha trovato maggiore divisione tra le comunità. E, come hanno ripetuto i diversi dirigenti della meseta e della costa nahua, contrariamente a quanto affermato dal governo (a cominciare dal presidente Vicente Fox), l'assegnazione delle terre non è conclusa. Si è invece compiuta la volontà governativa di risolvere i conflitti agrari entrando nella "tappa Procede", che semplicemente significa: perché risolvere i problemi di possesso delle terre, se le comunità e gli ejidi perderanno tutte le loro terre in un modo o in un altro?

Salvador Campanur, di Cherán, direttore dell'Istituto Tecnologico Purépecha, segnalava a Nurío: "Abbiamo un potere falso che mediante inganni si sforza di dividerci, che ci vuol far credere che apparteniamo al passato. Vuole impadronirsi del nostro territorio e trasformare i popoli indigeni in reperti archeologici".

Rodolfo Jiménez Reyes aveva detto, sempre a Nurío: "Per noi l'altra campagna è una questione di vita o di morte. Il neoliberismo procede contro la nostra essenza. Nella meseta tarasca abbondano scontri ed errori, come nel caso di Cherán, di Capácuaro e tante altre comunità. Dobbiamo ricostruire l'essenza integrale del nostro tessuto culturale indigeno. È grazie a quest'essenza che siamo sopravvissuti".

Jaime Alonso, rappresentante delle 14 comunità e villaggi di Pamatácuaro, avrebbe poi detto in questa località: "Il Presidente della Repubblica ha detto che il Messico ha superato la povertà. È una bugia". Ha ribadito le condizioni di emarginazione e povertà in cui vivono i purépechas, la distruzione dei boschi da parte dei taglialegna "legali" e le spoliazioni.

Ha concluso che l'unica soluzione è che le comunità siano autonome e si governino secondo dettami propri. Per il resto, questo è il consenso indigeno in Michoacán, dove le comunità hanno già bloccato una "legge indigena" che proponeva l'attuale governo e che loro hanno dichiarato inaccettabile.

Già da Santa María Ostula, nel municipio di Aquila, la questione era chiara, come l'aveva esposta il delegato zapatista: "I diritti e la cultura indigeni che reclamavamo significavano che la terra dove stanno i popoli indios appartiene alla comunità, nessuno può insediarsi senza il permesso della comunità, nessuno può comprarla, rubarla, usurparla. Questa era la nostra rivendicazione ed è quello che hanno tolto i partiti politici che ora vogliono la Presidenza della Repubblica.

Quello che vogliono è in primo luogo trasformarci in piccoli proprietari, poi far litigare una comunità con l'altra e per questo c'è la Riforma Agraria, per rivedere i confini, in modo che un ejido o una comunità litighi con un altra per un pezzo di terra, ma questo problema non è delle comunità, questo problema l'ha inventato il governo per poi alla fine prendersi tutto. Ci stanno trasformando in stranieri nella nostra stessa patria".

Qui, come succede in ogni comunità indigena visitata dall'altra campagna, è stato intonato l'inno nazionale in spagnolo e nella lingua locale: "Questa bandiera che poco fa abbiamo salutato non ci vuole riconoscere. Perché questa bandiera ci disprezza come indigeni, per il nostro colore, si burla del nostro modo di parlare, del nostro modo di vivere. Per loro noi siamo pigri, viviamo in povertà perché non lavoriamo. Se queste terre sono ricche e non producono non è perché il sistema capitalista ci sfrutta, è semplicemente - dicono loro - perché non sappiamo lavorarla ed allora bisogna togliercela. E se voi credete che quando la possiederanno loro la terra produrrà mais, fagioli, verdure, vi sbagliate. Loro vogliono trasformare il Michoacán, tutta la costa, in un centro di divertimenti per i ricchi".

Ha ribadito in modo chiaro e deciso: "Dobbiamo deciderci, perché se gli spagnoli ci sconfissero è perché eravamo divisi. Allora dobbiamo scegliere se affronteremo questa guerra divisi come ora, o se ci uniamo come popoli indios e ci ribelliamo contro i governi insieme agli operai, ai contadini, agli studenti.

Vi chiediamo se continuerete a litigare tra eijdi, tra comunità. Se continuerete a risparmiare denaro per mandare commissioni a parlare col governatore, col presidente municipale, con deputati o senatori, sapendo in anticipo che non vi daranno niente di più che un po' di provviste, un berretto, una maglietta e nello stesso tempo un calcio per buttarvi fuori dalle vostre terre. La nuova Costituzione che stiamo promuovendo sarà prodotto di una ribellione nazionale. Si tratta di prendere quello che ci appartiene: la vita, la terra".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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