La Jornada - Lunedì 6 marzo 2006
Il delegato Zero dialoga con gli indigeni l’avanzata neoliberista nello stato
"Il PAN ha distrutto il Querétaro della gente umile e semplice"
Con il programma Procede, il governo vuole raccogliere quello che non ha seminato, dice un indigeno ñañú
HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

La Veracruz, Qro., 5 marzo - Nella Sierra Gorda, la partenza degli uomini verso la frontiera è una disgrazia che altera profondamente il tessuto sociale in cambio di una variabile somma di dollari. L'altra piaga che colpisce questa società rurale riguarda le terre che vengono suddivise e vendute a privati o al governo ed i loro padroni originali, le perdono per sempre. Al meno sembra così. L'epidemia del programma Procede si è insediata da queste parti dividendo comunità e famiglie ed accelerando l'emorragia umana della forza lavoro.

"Il Messico è un allevamento di giovani per farli lavorare negli Stati Uniti". Lo dice una madre di famiglia, abbandonata da tempo da suo marito che è andato a lavorare oltre frontiera. "L'emigrazione è un problema che mi costa molto accettare. Qui non ci sono uomini, solo donne, bambini ed anziani. I polleros sono gli unici che ci guadagnano. I miei figli più giovani stanno già pensando di crescere per andare via".

La soluzione del "lavoro facile" (di là) e del "denaro facile" vendendo appezzamenti di terra, è peggiore della causa del problema. Qua, solo i popoli indigeni (invisibili ed ufficialmente inesistenti) sono quasi gli unici che hanno resistito ad entrambe le soluzioni. È il caso dei ñañús di El Sombrerete, il cui rappresentante parla questo pomeriggio nell'aula dove si svolge la riunione dell'altra campagna, nella piccola colonia La Veracruz (municipio di Cadereyta). Dice che i contadini "non hanno prestato sufficiente attenzione per evitare la sottrazione delle loro terre". Segnala che "molte comunità si sono divise. Alcune conservano solo il 10% di quanto avevano".

Racconta che a El Sombrerete, formato da quattro comunità indigene in un'area prevalentemente meticcia, continuano a resistere al Procede. "In un'assemblea molto arrabbiata ci volevano trattare come se fossimo divisi. Ma il governo non ci ha mai dato le terre e quindi non può togliercele".

Il suo ragionamento è impeccabile: "Noi indios le possediamo da molti secoli. Il nostro popolo esiste da più di 500 anni. I titoli di proprietà che abbiamo sono del 1700. Insistendo con il suo Procede, il governo vuole raccogliere quello che non ha seminato".

Rivela che nel 1994, di fronte alla sollevazione zapatista, avevano pensato di andare in Chiapas. "Ci eravamo riconosciuti in quello ma non sapevamo se il governo ci avrebbe poi perseguito. Ma poi, quando è arrivato il Procede e tutte le altre cose che sono successe, abbiamo capito il perché della ribellione. Era la loro unica maniera di difendersi".

Il tono dell'indigeno è infervorato e fluido, quasi senza pause. Racconta come il governo manda della gente che induce alla divisione tra le persone, ma "come ci sono alcuni cattivi, altri sono buoni e sono disposti ad appoggiare le comunità".

Non tutti i partecipanti hanno la vedono così chiara. La riunione a La Veracruz, così come questa mattina a Jalpan, molto a nord di Querétaro, villaggio incuneato nella Sierra Grassa vicina a San Luis Potosí, rivela che le famiglie e le comunità, in molti casi hanno ceduto alle pressioni del governo e dei privati. Qui la situazione non è in bianco e nero. Molti degli oratori si contraddicono, si portano dietro tentennamenti, vecchie militanze nei partiti finite nella delusione e nell'abbandono. Lo stato, prima dominato da PRI, oggi è nelle mani del PAN, al punto che alcuni candidati del PRD nei comizi a venire sono, di fatto, panisti pentiti.

Davanti a questa situazione il subcomandante Marcos avverte: "Il governo è un coyote che compra le vostre terre per poi rivenderle". Il delegato Zero adotta un tono didattico e comincia a descrivere l'esperienza di resistenza ed autonomia delle comunità zapatiste che avanzano in senso contrario a quello di molti popoli vinti o convinti da quelli che stanno in alto: "Noi vi rispettiamo. Veniamo a chiedervi di pensarci, con la vostra storia di lotta. Quello che stanno facendo quelli che stanno in alto, è distruggere il paese e lo stanno vendendo a pezzi, tutto. Vedono le grandi estensioni di terra dove è difficile seminare, 'non gli interessano' pensiamo noi. Invece sì, vogliono anche quelle, tutto, fino all'ultimo pezzettino.

Un contadino, vede la terra e dice, se mi ci metto produrrà per vivere, ma un impresario dice, la divido a pezzi e ci guadagnano tanti soldi. Non è uguale come un contadino vede la terra, o un indigeno, da come la vede un impresario. Per un indigeno è la sua famiglia. Lì sono sepolti i suoi antenati. Questa terra non si valuta così, ma viene da una lotta precedente ed ho un dovere verso questa terra, non è un pantalone; questo un impresario non lo capisce. Ed il governo è fatto da impresari.

Vogliono questa terra ma non la vogliono per farla produrre, non è come prima quando i proprietari terrieri la seminavano per avere più peones. No, la vogliono per venderla. Adesso il governo non è altro che un coyote. Quello che vi sta togliendo con le buone o con le cattive o con l'inganno non se lo tiene per sé, lo vende. Quello che lo comanda è il ricco, l'impresario, il capitalista. Vogliono questo posto dove ora siamo riuniti, questo pezzo di pietra per il quale vi stanno dicendo di aderire al Procede. Tutto".

Tanto nel suo intervento mattutino a La Veracruz (dove i presenti erano molto impazienti di ascoltarlo, per quanto gli organizzatori di qui, aderenti alla Sesta, insistevano che l'altra campagna è per fare parlare tutti, non solo il delegato zapatista), quanto in tarda mattinata nel parco centrale di Jalpan, il delegato Zero si è riferito all'alienazione delle terre e all'emigrazione come un processo di distruzione dei popoli.

"L'impresa che arriva in queste terre si porta i lavoratori d’oltre frontiera che costano meno di voi perché sono più sfruttati. Non puoi nemmeno fare il delinquente perché c'è molta concorrenza, tutti stanno nel governo. Andare oltre frontiera vuol dire separarsi dalla famiglia, e la famiglia si rompe, è inevitabile, si disfa come zucchero gettato nell'acqua. Quando la famiglia si disfa, incomincia a disfarsi tutta la comunità. Scompare il sentimento di collettività perché ormai tutto dipende da qualcuno che sta lontano".

Questo governo, un coyote

La mattina aveva detto: "Molta gente, soprattutto giovani, deve lasciare il paese per cercare lavoro negli Stati Uniti, o deve abbandonare i campi ed andare a cercare lavoro in città. Le famiglie incominciano a rompersi, a sgretolarsi, perché un componente della famiglia lascia la sua terra, il posto dove è nato, dove sono i suoi amici ed i suoi parenti e deve andare a rischiare la vita, a vedere se riesce ad ottenere un lavoro oltre frontiera e vedere se magari lo pagano. A questa distruzione contribuisce molto il narcotraffico, che sappiamo che c'è, e sappiamo anche che sono i grandi politici i capi di questo narcotraffico".

Dopo aver ascoltato i partecipanti nell'incontro della mattina nel museo regionale di Jalpan de Serra, Marcos ha così ricapitolato nella piazza di questa località davanti a più di mezzo migliaio di persone: "Qui ci hanno raccontato che quando fanno le opere pubbliche portano gente di fuori, non assumono la gente del villaggio e le cose che si fanno, risultano fatte male". In Querétaro, ha detto, il responsabile di questi problemi "ha un nome: è il Partito di Azione Nazionale. Il PAN ha distrutto il Querétaro del basso, il Querétaro della gente umile e semplice. È il PAN che in tutto il paese sta portando avanti questo programma di distruzione della famiglia, della comunità, dei popoli, del nostro paese".

Ha aggiunto che, "come il PAN è il PRI che adesso vuole rientrare un'altra volta dopo tutti gli anni trascorsi a seminare miserie, barbarità e crimini in tutto il Messico. E adesso vuole entrarci anche il PRD, che è la stessa cosa del PRI, ha solo cambiato colore ma sono le stesse persone che prima erano priiste. Non vi stiamo invitando a sostenere un partito, neppure ad appoggiare un candidato, vi stiamo invitando a sostenervi da voi stessi. Nessuno conquisterà la libertà che dobbiamo conquistare con le nostre stesse mani".

Una ragazza di La Veracruz (un altro popolo che non si è arreso al Procede ma che è molto diviso "grazie" alle manovre del governo per "liberarli" dalle loro terre) ha ripreso il tema dell'emigrazione quasi con rabbia: "La migrazione rende inutile avere studiato. Là vai solo a fare la domestica. Finisci per andare a
fare quello che, senza aver studiato, avresti fatto qua. Ti porti i tuoi diplomi negli Stati Uniti ma non ti aiutano ad ottenere un lavoro migliore, ti servono solo per riparati dalla pioggia
", Inoltre, esplode, "quelli di qui vanno via e ritornano cambiati, con un'ideologia diversa, arrivano persino a dire, con vergogna, di essere stati uno di noi".

Le storie dell'area di Cadereyta (Agua Fría, Maconí, San Juan Enramada) come quelle di Jalpan e dei suoi municipi vicini (Arroyo Seco, Landa de Matamoros e
Pinal de Amoles), tracciano uno scenario quasi disperato. In Querétaro, il neoliberismo è molto avanzato. Giacimenti di marmo, falde acquifere, terre per l'agricoltura, deserti e boschi, tutto si sta trasformando in quartieri residenziali, grandi imprese, zone turistiche o oggetto di speculazione. Tutto espelle e distrugge i contadini e gli indigeni, inoltre degenera le risorse naturali, il territorio nel suo insieme.

Tra i nomi degli impresari che vengono qua, in più di un'occasione emerge quello del senatore panista Diego Fernández de Cevallos. Per il marmo, sono già arrivati investitori stranieri a sfruttare "l'affare". Le pressioni sono forti e la povertà è tanta. Come ha detto un uomo quasi disperato: "Dobbiamo farci coraggio per continuare a difendere le nostre terre".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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