La Jornada - Giovedì 5 gennaio 2006
BISOGNA MANDARE IL PRI AL DIAVOLO, DICE MARCOS AGLI ABITANTI DI LA HORMIGA
HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

San Cristóbal de las Casas, Chis. 4 gennaio - Il subcomandante Marcos oggi pomeriggio ha visitato il quartiere di La Hormiga, il celebre insediamento tzotzil di questa città nato dalla persecuzione e repressione degli anni 80 e 90, nell'evento più controverso anche nell'Altra Campagna in Chiapas. Ha dichiarato che "il PRI è l'unico partito che può dire di essere cresciuto sul sangue e l'umiliazione e la morte degli indigeni del Messico", ed ha invitato i chamulas priisti di San Cristóbal a lasciare le fila del tricolore.

Ha iniziato la manifestazione raccontato "un mistero accaduto quando l'EZLN non era conosciuto. Dovevamo parlare con i compagni che vivevano a San Cristóbal, con quelli della colonia La Hormiga. Pensavamo che fosse necessario rispettare la loro organizzazione e che dovevamo cercare i loro leader".

Ha ricordato: "Era novembre o dicembre del 1993 e venni con due compagni, un uomo ed una donna tzotziles dal nostro movimento, salimmo alcune scale, ci misero in una stanza scura ed incominciamo a parlare con alcuni di voi. Dicemmo a queste persone che ci saremmo sollevati in armi che volevamo avvisarli perché probabilmente ci sarebbe stato qualche problema e non volevamo che ci fossero sofferenze ma li invitavamo anche ad appoggiare questa lotta".

Il Delegato Zero rivela oggi che "più o meno stavo spiegando a questo fratello che è qui presente, che cosa era quello che volevamo e quello che avremmo fatto. Il compagno ascoltò con attenzione e rispetto e alla fine mi disse: 'Ti dico chiaro che vedremo come lo sente il nostro cuore, e se la tua lotta è buona la appoggeremo'. Salutandolo gli dissi: 'Io mi chiamo Marcos'. E lui mi disse: 'Io mi chiamo Domingo' ".

Si tratta di Domingo López Ángel, dirigente storico di La Hormiga e dell'esilio interno chamula, che ha subito prigione e diverse trasformazioni politiche e religiose negli ultimi 20 anni, ma è ancora in pista.

"Il primo gennaio 1994, (e poi) il 2 ed il 3, le nostre forze furono attaccate da aerei ed elicotteri dell'Esercito federale e diverse delle nostre truppe rimasero bloccate qui nelle montagne attorno a San Cristóbal de Las Casas. Chi non ricorda le immagini degli aeroplani che sganciavano bombe. Furono i fratelli di La Hormiga, gli autisti, gli autotrasportatori che, senza chiedere niente in cambio, trasportarono le nostre truppe in posti più sicuri. Ad uno di loro consegnai come simbolo un arma che avevamo tolto a questi caproni della Pubblica Sicurezza e gli dissi: 'Gli zapatisti non dimenticano quello che state facendo per noi.'

Questi fratelli, evangelici in maggioranza, chamulas in maggioranza, indigeni tutti, ci diedero la mano e salvarono la vita di molti dei nostri compagni. Allora non c'erano foto, né videocamere, né microfoni, né interviste. C'erano bombe e pallottole, e fu in questa città, con gli indigeni che la costruirono e dalla quale furono espulsi fino a qua, dove l'EZLN trovò la sua prima alleanza ed il primo appoggio da gente umile e semplice".

Marcos ha ricordato quello che allora disse ai "fratelli autisti, là, nel Periferico: 'Non dimentichiamo quello che avete fatto per noi, quando l'ordine che avevano i soldati era di ammazzarci tutti, e lo abbiamo conservato nel nostro cuore'. È un onore ritornare qui, vedervi, ascoltarvi e ripetervi quello che dicemmo allora a quei fratelli: 'Grazie compagni di La Hormiga' ".

Marcos ha fatto altre rivelazioni: "Mi dicono di dire il nome del compagno al quale ho dato il fucile. Si chiama Juan Gómez Ruiz, attualmente in carcere per motivi politici, per repressione del governo. Speriamo che la nostra voce arrivi fino a lui e che ricordi l'alba di quel giorno".

Ha dichiarato di aver ricevuto oggi stesso una minaccia "da alcuni squallidi priisti che dicono che ci saranno problemi se veniamo a La Hormiga. E noi veniamo a dire a quei fratelli che come possono accusarci di cercare lo scontro, se è il PRI quello che, con il pretesto del cattolicesimo, li ha espulsi dalle loro comunità per essere evangelici, o solo perché i caciques volevano le loro terre".

Ha sottolineato che è proprio il PRI "quello che li tiene qui a soffrire, e adesso loro stanno difendendo questo partito e pensano che noi cerchiamo lo scontro tra fratelli che stanno in basso. No, noi no. È il PRI che lo sta cercando e vogliamo dire a questa gente che il PRI è l'unico partito che è cresciuto sul sangue e l'umiliazione e la morte degli indigeni del Messico. Vogliamo dire loro che bisogna uscire da questo partito, che facciano le proprie organizzazioni e che lottino come i fratelli qui, di La Hormiga, che stanno in organizzazioni indipendenti fuori dei partiti politici".

Ed ha lanciato queste accuse: "Il PRI è composto da veri cialtroni, assassini e bugiardi, tutti, da Roberto Madrazo" fino a quello che "là in basso sta organizzando la gente" contro la presenza dell'Altra Campagna. "Dobbiamo dire a tutti i compagni, che sono gente umile e semplice, di uscire da questo partito politico, perché non fanno altro che macchiarsi le mani di sangue e stanno arricchendo altri. Il PRI va e viene da un governo all'altro, e gli indigeni continuano ad essere disprezzati".

Ha rimarcato che non è grazie al PRI o a nessun altro partito "che cambiò la parola indigena. Accadde quando gli stessi indigeni si organizzarono e, senza partiti politici, reclamarono i loro diritti, come noi nel 1994 e come vanno dicendo da molti anni. Qui a La Hormiga, dove il PRI si inserisce per creare divisioni, vengo a dirvi che bisogna mandare al diavolo questo partito politico. Dite a tutti di uscirne".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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