il manifesto - 3 novembre 2006
Mentre l'Assemblea popolare vuole il dialogo la Polizia federale attacca l' università
Oaxaca torna a esplodere
Violata l'autonomia universitaria. Il Pri minaccia di mandare in strada «20000 militanti». L' Appo ha chiesto la mediazione della chiesa
Gianni Proiettis - Oaxaca

Si è fatta di nuovo incandescente la situazione a Oaxaca. Ieri pomeriggio forti contingenti della Polizia federale e della polizia statale con camion lancia-acqua e gas lagrimogeni, appoggiati da elicotteri, sono entrati nel campus dell'università dove si erano rifugiati i dirigenti dell'Anpo, l'Assemblea popolare del popolo di Oaxaca che guida la rivolta cominciata 5 mesi fa dal sindacato dei maestri. Una clamorosa violazione dell'autonomia universitaria - un principio quasi sacro in Messico -, nonostante il rifiuto del rettore Francisco Martinez Neri di autorizzarne l'intervento. Solo qualche ora prima il governo del presidente Vicente Fox aveva assicurato che la polizia federale non sarebbe entrata all'università (d'altra parte erano stati lo stesso Fox e i suoi ministri a garantire che l'occupazione militare di Oaxaca da parte della polizia federale, lo scorso sabato, era stato «pacifica» e che «l'ordine era stato restaurato»).

L'attacco della polizia all'università era stato preceduto da duri scontri nelle sue vicinanze e fa seguito al minaccioso comunicato di mercoledì della leadership locale del Pri in cui si diceva che la situazione era arrivata «al limite della sua tolleranza» e, manifestando l'«appoggio assoluto al governatore Ulises Ruiz» (priista), si diceva pronta a dispiegare «20 mila militanti» per spazzare via il sindacato dei maestri in sciopero e l'Assemblea popolare.

Le minacce del Pri e l'attacco della polizia sono arrivate dopo che i leader dell'Appo, guidata da Flavio Sosa, si erano riuniti mercoledì nella chiesa del Carmen Alto con esponenti della gerarchia cattolica locale, fra cui l'arcivescovo José Luis Chavez Bello, chiedendo che la chiesa intervenisse per far «cessare la repressione» e prestasse la cattedrale quale sede di trattative volte a trovare una via d'uscita negoziata al conflitto, alla presenza di Rosario Ibarra de Piedra, la presidente della Commissione diritti umani del senato, e dei deputati e senatori oaxaqueños (lo stesso schema del febbraio '94 fra gli zapatisti del Chiapas e il governo del presidente Zedillo nella cattedrale di San Cristobal de las Casas, con la mediazione del vescovo Samuel Ruiz), Monsignor Chavez Bello si era riservato una risposta per ieri. Ma l'attacco della polizia federale e locale ha fatto precipitare la situazione.

Lo stesso Pri tuttavia appare diviso. Dopo più di 5 mesi di rivolta e 15 morti fra la cittadinanza, non c'è più quasi nessuno che non riconosca che la soluzione passa per la rimozione del governatore Ruiz. In un dibattito alla Camera, solo i parlamentari del Partido Revolucionario Institucional hanno avuto la faccia tosta di difenderlo, cercando di scaricare la responsabilità della crisi sul governo Fox, che certo non è innocente.

Gli oratori di tutti gli altri gruppi parlamentari hanno chiesto la testa dell'odiatissimo governatore come conditio sine qua non per risolvere la crisi, definendolo «un assassino, un incapace, un cacicco spietato». Una parte del Pri - il gruppo del senato e i parlamentari del Congresso di Oaxaca - ne chiede la destituzione. Ma Ulises Ruiz Ortiz, ridotto a «URO» nei graffiti murali di qui, non solo non vuole mollare, ma addirittura contrattacca anche sul piano legale. E ha presentato due ricorsi costituzionali alla Suprema corte federale di giustizia, denunciando la «esortazione» del senato come una violazione della sovranità statale.

Non solo. Lunedì, dopo il blitz di domenica in cui i federales hanno lasciato le ultime 4 vittime nelle strade, ha organizzato una manifestazione di fedelissimi in suo appoggio. Molti di loro erano gli stessi sicari delle bande armate, al soldo del governo locale, che hanno insanguinato la città in questi mesi, attaccando i manifestanti. Ieri è stato annunciato dalle autorità statali l'arresto di due presunti responsabili dell'uccisione del giornalista statunitense Bradley Will, negli scontri di venerdì scorso. Si chiamano Abel Santiago Zarate e Orlando Manuel Aguilar Coello. Entrambi sono membri del Pri.

Il movimento di resistenza e la repressione hanno enormemente esteso l'appoggio e la solidarietà alla rivolta e alla Asamblea Popular de los Pueblos de Oaxaca che gode ormai delle simpatie di centinaia di migliaia di persone anche se è sotto la minaccia dei gorilla del Pri, dei federales e dei 200 ordini di cattura per i suoi dirigenti. Non solo il sup Marcos e Lopez Obrador, e non solo in Messico: un appello è stato firmato da prestigiosi nomi internazionali, fra cui Noam Chomsky, Arundhati Roy, Toni Negri, Naomi Klein, Eduardo Galeano, Michael Moore, Tariq Ali, John Pilger, Danny Glover.

L'Appo vuole il dialogo con il governo federale ma pone condizioni.Le prime sono le dimissioni di Ruiz e il ritiro della Polizia federale, la liberazione di tutti gli arrestati. Ma con l'attacco di ieri, tutto torna al punto di partenza.

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