La Jornada - Venerdì 3 novembre 2006
L’altra campagna arriva a Ciudad Juárez ed incontra simpatizzanti di entrambi i paesi
“Percorreremo la frontiera dell’altra parte in risposta alla guerra di conquista degli Stati Uniti”
Marcos dichiara che la chiusura del ponte internazionale Lerdo è stata dedicata i desaparecidos politici ed a Oaxaca -
Loda la creatività e l'organizzazione dell'altra di là
HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato
Ciudad Juárez, Chih. 2 novembre - "Quello che si propone l'altra campagna è percorrere la frontiera con l'altra parte; questa è la nostra risposta all'intento del governo statunitense di fare la guerra di conquista e trasformare la nostra nazione in una stella in più sulla sua bandiera. Al contrario: noi percorreremo la frontiera sempre più a nord, affinché il Messico torni ad avere il suo posto dove è nato e cresciuto", ha detto qui il delegato Zero agli aderenti dell'altra parte.
Amorfa, inaccessibile Juárez. Con circa milione e mezzo di abitanti, la maggioranza emarginati ed esposti al mortifero miraggio del sogno americano, è la città più popolosa di Chihuahua. Un'estensione di viali identici e quartieri "periferici", di strade incompiute tra il deserto grande ed il fiume più triste. Nella sua periferia, i cosiddetti yonkes la trasformano in un immenso cimitero di automobili. Qui, l'altra campagna è stata ricevuta in primo luogo dalla gente delle colonie Ignacio Ramos e Colinas del Norte che lottano per lo sviluppo autogestito, e più tardi da migranti rarámuris della Plutarco Elías Calles, chiamata anche Tarahumara, dove il delegato Zero ha incontrato gli indigeni in forma privata, suscitando sorpresa e nervosismo degli abitanti, poco abituati alla presenza sfacciata di poliziotti municipali in divisa e con giubbotti antiproiettile, che li interroga in piena notte di Halloween, quando i bambini mascherati da spettri oscillano tra il gioco e la mendicità, per una volta "giustificata".
Di voti, muri e spirito di lotta
Nella preparatoria Altavista, non lontano dal fiume, il subcomandante Marcos si è riunito con aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona di questo e dell'altra parte. Gli stessi che hanno partecipato alla presa del ponte internazionale questo mercoledì. Lì, la Rete di Confine dei Diritti Umani a El Paso ha informato riguardo le centinaia di emigranti che sono morti nel deserto. Simón Chandler, della Casa dell'Educazione che ha dato rifugio a 80 mila persone negli anni recenti, ha denunciato l'inutilità delle strategie statunitensi per contenerli, "perché i nostri connazionali rischiano tutto per le loro gravi condizioni economiche"; si è pronunciato per la legalizzazione dei clandestini ed il rispetto dei loro diritti.
Sergio García, del Fronte Studentesco di Confine, ha parlato dei giovani che scelgono la partecipazione: "Se hanno paura, il sistema ne ha di più, perché è abituato a trattare con lo studente che si droga, non con quello che protesta". A che serve votare, si è domandato, "se si vota solo per un cambiamento di politico e non per un cambiamento di politica". Ha invitato a protestare per il muro sul confine, "ed anche contro i muri che il sistema politico messicano non è stato capace di abbattere: povertà, corruzione, violenza".
Il Movimento di Azione Internazionale Zapatista (MAIZ) di Houston, Texas, ha detto: "Se bisogna abbattere il governo del Messico e quello degli Stati Uniti, perchè genocida e pericoloso. Adesso siamo pochi, alcuni matti, ma un giorno ci riusciremo". Il Paso del Sur ha raccontato delle resistenze nei quartieri della vicina città, e le donne dell'Associazione dei Lavoratori di Confine hanno parlato della loro triplice condizione di operaie, madri ed emigranti, sottoposte "allo sfruttamento ed umiliazione dentro le fabbriche di cucitura, per educare i nostri figli, che oggi hanno spirito lusha, stiamo creando basi di resistenza". Il Centro dei Lavoratori Agricoli di Confine, membro di Via Campesina, ha chiesto la sovranità alimentare.
Da New York è arrivato il Movimento per la Giustizia dal Quartiere, ed i suoi rappresentanti hanno mostrato un video con messaggi di emigranti messicani che non hanno potuto venire ma che sono aderenti della Sesta e da là resistono. Uno di loro, Hilario, di Puebla, racconta perché ha lasciato il paese: "Il presidente Zedillo ha fatto costruire una strada nel mio paese, e siccome eravamo poveri ci hanno tolto la casa e ci hanno disperso".
Oaxaca dovunque
Il subcomandante Marcos si è riferito al blocco realizzato ieri sul ponte internazionale Lerdo (che, come sottolineano oggi i media locali, è stato sul punto di provocare un conflitto internazionale). È stato simbolico, ha detto "perché lo dedichiamo ai desaparecidos politici; prima ci eravamo riuniti col comitato delle madri dei desaparecidos di Juárez che ci hanno raccontato il dolore di perdere un figlio, una figlia, e la storia della loro lotta". E' stato anche per il popolo oaxaqueño. "Mano a mano che avanza, l'altra campagna trova il popolo di Oaxaca, che continua ad esserci in qualsiasi stato, a New York o El Paso".
Ha chiesto ai presenti di considerare il concetto dimenticato di guerra di conquista. "Col Congresso Nazionale Indigeno (CNI) vediamo, a sud ed a nord del Río Bravo, un processo di conquista; se prima gli eserciti avevano cavalli, archibugi e cannoni, ora hanno i partiti politici con le loro leggi, deputati, senatori e governanti di una e dell'altra parte".
Ha riconosciuto che la creatività e l'organizzazione dell'altra di là per resistere "deve servire per immaginarci come sarà tutto. Una Juárez dove i giovani non siano assassinati, che non finisca su quella linea del ponte Lerdo. È la sfida fondamentale dell'altra campagna, non importa quale fiume l'attraversi, il Bravo, l'Usumancinta, o qualunque altro di quelli che ci vendono come fossero pareti, mentre prima che arrivassero loro erano fonte di vita".
(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)
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