La Jornada - lunedì 3 luglio 2006
Non siamo tutti, mancano le prigioniere ed i prigionieri di Atenco - ha sottolineato il delegato Zero
C'è un'alternativa, un altro modo di fare politica - Marcos nello Zocalo
Senza libertà e giustizia non esiste la democrazia, messaggio per il Messico ed il mondo
HERMANN BELLINGHAUSEN ED EMIR OLIVARES

"Il giorno di domani il nostro popolo dovrà sapere dove guardare e dove ascoltare" - ha affermato il subcomandante Marcos dopo esser stato alla testa della marcia degli aderenti all'altra campagna contro il processo elettorale e per la libertà dei prigionieri politici di Atenco. "Siamo molto contenti perché per la prima volta nella storia di questo paese, in un giorno di elezioni, noi che non stiamo guardando verso l'alto abbiamo finalmente un posto dove guardare ed organizzarci in basso ed a sinistra" - ha detto in un breve messaggio.

Marcos ha passato la staffetta agli aderenti dell'altra campagna, che parlavano a turno. Ma, tra un intervento ed un altro, i suoi messaggi sono stati contundenti: "Oggi nel pomeriggio quelli in basso dovranno contare, non avranno lassù in alto chi li ascolti; ma hanno fra di noi, uomini e donne, nell'altra campagna, un posto. Da domani il popolo del Messico saprà che c'è un'altra alternativa, un'altra strada, un altro modo di fare politica".

Nello striscione alla testa della marcia si leggeva: "Le nostre idee di giustizia e libertà non ci stanno nelle urne". Maschere, slogan, cartelli, striscioni, strumenti musicali e registratori hanno dato colore al percorso. Alcuni trapezisti giganti si sono uniti alla camminata con scritte, sui loro corpi, contro il processo elettorale ed i tre principali candidati alla Presidenza.

Per un istante si è sentita un po' di tensione all'altezza dell'Emiciclo di Juárez, quando decine di manifestanti hanno gridato ai poliziotti del Distretto Federale: "Assassini! Violentatori!". Gli agenti della capitale stavano pagando per le azioni dei loro colleghi che hanno partecipato all'operativo in Atenco. Alcuni manifestanti hanno scritto sugli scudi dei poliziotti ed appeso dei cartelli addosso a loro, ma i poliziotti hanno conservato la calma.

All'una in punto del pomeriggio, la marcia è entrata in Piazza della Costituzione. Prima di dar la parola alla rappresentante del Fronte di Popoli in Difesa della Terra (FPDT), Marcos ha detto: "siamo qui per dire con chiarezza al popolo del Messico e del mondo che senza libertà e giustizia non c'è democrazia".

Il messaggio dell'altra campagna è stato letto in quattro tempi ed a varie voci che hanno ribadito la critica al sistema capitalista ed a coloro che vedono dall'alto il mondo ed alla destra. "I potenti si rivolgono verso colui che sta in basso solo per dire sempre le loro menzogne, gli stessi inganni, il loro disprezzo. In alto, c'è l'odio verso il debole. In alto, c'è il maltrattamento, il disprezzo, i pestaggi, la violazione, l'assassinio. In alto dicono che loro sono i padroni dell'aria, e non solo dell'aria, ma anche delle voci che circolano, perché con la legge Televisa, vogliono che tutti ascoltino la loro radio, la loro televisione, che dice solo le stesse sciocchezze di sempre, che inganna e mente" - hanno detto le rappresentanti del nord.

Quelli del centro hanno chiesto "che il paese comandi ed il governo ubbidisca". Di disuguaglianza e povertà hanno parlato gli aderenti del sud e la costa occidentale, che hanno invitato a lottare contro la discriminazione. "Togliendoci la nostra dignità, quelli in alto stanno trasformandoci nei loro schiavi e decidendo il nostro futuro". Hanno denunciato pure il disprezzo al quale sono sottoposti indigeni, omosessuali, sieropositivi, handicappati, anziani, donne e lavoratrici sessuali. L'ultima parte del messaggio, di competenza di quelli del sudest, parlava delle condizioni di vita di quelli in basso.

"Scendi in strada, non tacere", invitava uno slogan della manifestazione dell'altra campagna all'Angel de la Indipendencia, alla partenza della marcia nel mezzo della giornata delle elezioni federali. 6 o 7 mila persone in un giorno di milioni di suffragi. Un invito alla resistenza che verrà. Ed a quella che c'è già, perché fra tutti gli slogan, il più ripetuto continua ad essere: "prigionieri politici, libertà".

Pieno di immaginazione e creatività, l'atto dell'altra campagna aveva alla testa una delegazione di macheteros di Atenco, seguiti dal subcomandante Marcos. Così è finita la prima tappa di un'esperienza collettiva che, in basso ed a sinistra, si affanna per "un nuovo modo di fare politica", anticapitalista e disposto ad esplorare le strade di un'altra democrazia, che non sia quella elettorale che così grandi buoni affari regala a coloro che la patrocinano.

In che altro luogo del pianeta si potrebbe vedere un annerito contingente anarcopunk gridare slogan così agricoli ed indigeni come: "La terra non si vende, è di chi la lavora e la difende"? Da questa banda-di-bande si distaccano i pittori di parole che "decorano" alla belle e meglio le facciate di Reforma, Juárez e Madero: "Democrazia, ed i nostri morti?", "Voto sanguinante", "Non scegliere il boia, scegli la libertà", "non voto e non taccio", "Democrazia-spazzatura", "No al governo faxista". Uno speciale trattamento hanno ricevuto lo Sheraton de La Alameda e lo Starbucks vicino, attraverso le cui vetrine si potevano vedere i spaventati visi di clienti che leggevano la parola "borghesi" sul vetro e decine di ragazzini segnalandoli.

La prima frase che è rimbombata dal palco nello Zocalo è stata: "Non siamo tutti, mancano le prigioniere ed i prigionieri". Il messaggio politico dell'altra campagna è iniziato con l'intervento di un'atenquense del FPDT che ha ricordato che loro sono sempre "dove serve il nostro appoggio" ed ha segnalato che "il teatro che ha montato il governo federale e quello statale in Atenco sta cadendo grazie all'appoggio di tutti voi". Ha detto che "sacrificando alcuni cani e velocizzando i loro processi" non ingannano nessuno. Ha ringraziato per le dimostrazioni internazionali di solidarietà, ha salutato lo spazio aperto dall'altra campagna ed ha dichiarato: "Continuiamo ad essere prigionieri della furia repressiva. Non si può parlare di democrazia quando continuiamo ad essere assediati: siamo stati picchiati e violentati ed i colpevoli sono liberi".

In sintesi, la marcia ha significato: "Per quelli in alto: non abbiamo bisogno più di loro. Dal Chiapas a Chicago, l'altra campagna va!".

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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