La Jornada – Sabato 3 giugno 2006
Dobbiamo evitare il settimo che stanno preparando media e politici: l'oblio
Marcos denuncia alla ONG internazionale i sei peccati commessi contro gli atenquensi
HERMANN BELLINGHAUSEN

"I mezzi di comunicazione e la classe politica hanno commesso sei crimini contro la popolazione di Atenco, e stanno per consumare il settimo", ha avvertito il subcomandante Marcos davanti a circa 20 membri della Commissione Civile Internazionale di Osservazione per i Diritti Umani (CCIODH) ai quali aveva esposto in precedenza una breve storia della resistenza atenquense. Questa è la loro vocazione solidale e disinteressata, la loro decisione "fino alla morte", l'impegno etico che la caratterizza. Ed ha elencato i sette peccati che Marcos definisce "crimini".

Il primo "è la stupidità ed il tradimento", a carico del presidente municipale di Texcoco ("perredista, e lo sottolineo", ha detto il Delegato Zero). "C'è un video che prova che c'era una negoziazione in corso con i fioristi. Il giorno dopo ci sarebbe stata la festa della Croce di Maggio, una buona occasione per la vendita dei fiori". Inaspettatamente, le autorità si sono ritirate. "In quel momento è iniziato l'attacco; hanno abbandonato l'accordo ed intrapreso la strada della violenza. Segue una catena di idiozie governative che hanno portato a quello che conosciamo. Il popolo di Atenco ha fatto dei blocchi per aiutare. Si verifica uno scontro, e la polizia perde".

Il secondo crimine avviene "quando i media abbandonano il loro compito di informare e si trasformano in istigatori della violenza". I messaggi dei telespettatori dicevano ai conduttori dei programmi che "era un errore" risolvere una situazione "con altra violenza", ha aggiunto Marcos davanti alla CCIODH. I media "che non sono giudici", non invitano a risolvere il problema "ma ad una punizione esemplare; che la forza del potente si vendichi sulla gente" che ha picchiato un poliziotto caduto, che prima li aveva picchiati.

"L'attacco con migliaia di effettivi" è il terzo crimine. "Un attacco illegale. Non ci sono mai state denunce penali né mandati di cattura. Si trattava di dare una risposta efficace". Il modello è quello usato dalle forze statunitensi in Iraq, "dove i reporter stanno dietro", anche se poi si è saputo che "c'erano giornalisti anche dell'altra parte". È stato "un operativo operato dai media", ha aggiunto Marcos. "Quando ai poliziotti si ordina di attaccare, ci sono cose che sono 'loro permesse'. Possono saccheggiare, per questo si portano preservativi e sacchi, per quello che ruberanno, per le cose che si prenderanno, donne comprese. Siccome sanno che ci sono analisi per scoprire il DNA, si proteggono con il preservativo. Il saccheggio ed il bottino di guerra sono norma nella polizia del Messico. I cosiddetti 'eccessi' sono metodo". La differenza questa volta "è che si è saputo", ha sottolineato Marcos. La mattina del giorno 4 "abbiamo visto dai media l'uso della violenza, ed i commentatori non l'hanno mai criticata, ma l'hanno giudicata un bene, specialmente i 'progressisti'".

Poi "arriva il quarto crimine, la violenza dal 4 maggio contro quattro settori della popolazione: donne, minori, anziani e giovani". Il livello delle aggressioni contro le donne ed alcuni minorenni "si conoscerà col passare del tempo". Il quinto "è il passaggio dell'illegittimità e illegalità alla legittimazione dell'illegalità. Con il pretesto dello stato di diritto si legittima l'attacco illegale. Non c'è stato alcun procedimento legale. Si sono presi ostaggi e si sono costruiti reati. Nessuno in alto ha osato metterlo in discussione, perché equivarrebbe a mettere in discussione il sistema dove stanno". Quando quelli in alto hanno problemi con la giustizia, "gli è permesso di stare in libertà. Se non sono fuggiti, sono fuori su garanzia. Pochi arrivano davanti al Pubblico Ministero, e tanto meno in prigione. In basso il processo è inverso; primo si picchia e si arresta, e poi si processa".

Siccome avviene un rovesciamento dell'opinione pubblica, perché si è visto che la gente di Atenco è la vittima, non la polizia, si è commette il sesto crimine. "La classe politica reagisce secondo un calcolo politico, elettorale e mediatico. Non ci sono considerazioni etiche né legali. Alcuni parlano, ed altri tacciono quasi con maggiore eloquenza". I primi sono i candidati del PAN e del PRI che salutano l'azione poliziesca; il candidato del PRD opta per il più scandaloso dei silenzi. Importa solo "l'impatto mediatico". Subito, la classe politica "si volta dall'altra parte, e la stessa cosa fanno i media; il governatore Enrique Peña Nieto chiede di 'voltare pagina' ".

Così si arriva, secondo il Delegato Zero, al settimo crimine, "che sta per compiersi: l'oblio". Siccome non può plaudire né condannare, "la classe politica da tempo aspetta il Mondiale e le elezioni. Cerca di ripetere la vecchia storia: quelli che perdono, perdono due volte". Questo significherebbe "che i fatti rimangano nell'impunità, ed i detenuti nell'oblio". Di conseguenza, "il nostro dovere come EZLN è continuare con la parola per evitare l'ultimo crimine; questo è il dovere di qualunque persona onesta nel mondo, e più le donne", ha concluso Marcos invitando a continuare a protestare, a denunciare e chiedere la liberazione dei detenuti, e risparmiare così al Messico la vergogna storica del settimo crimine.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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