La Jornada - Sabato 2 settembre 2006
Miguel Concha
Forze irregolari di sicurezza

Questo giovedì su La Jornada un articolo annunciava che, secondo vari funzionari di alto livello della Procura Generale della Repubblica, della Segreteria della Difesa Nazionale (Sedena), del Centro d'Investigazione e di Sicurezza Nazionale e della Segreteria di Sicurezza Pubblica, il governo federale prepara nelle installazioni militari di Guanajuato e nella base aerea di Santa Lucía (nello stato del Messico) gruppi di "dissuasione", tipo Halcones [Falchi], che si propongono la disarticolazione dei movimenti di resistenza civile e la detenzione "discreta" dei suoi leader, che tra il primo di settembre ed il primo di dicembre di questo anno verrebbero accusati di ribellione [cf. pag. 3].

Ieri il vicedirettore per la Comunicazione Sociale della Sedena ha smentito in una lettera a La Jornada questa denuncia [pag. 12]. Il 20 agosto la rivista Proceso aveva scritto che il 31 luglio il presidente Fox aveva assistito nel Campo Militare Numero Uno alla immatricolazione della Brigata "2 di Luglio", composta da quasi mille 700 uomini (dalla recentemente creata Sesta Brigata di Fanteria Leggera dell'Esercito) qualificati per agire nei tumulti sociali, soprattutto nella Valle del Messico, e mascherati come se si trattasse di elementi della Polizia Federale Preventiva [articolo di Alejandro Gutiérrez, pp. 18-22].

Nel numero seguente di Proceso [del 27 agosto - pag. 94], il direttore per le Comunicazioni Sociali della Sedena aveva negato pure questa denuncia, col proposito di "non generare allarme nella società, creando una percezione di scenari che non esistono e che potrebbero essere dannosi per la stabilità sociale del nostro paese". Nella sua risposta nella stessa pagina, il reporter aveva risposto che come giornalista quello non era il suo obiettivo e ribadiva che l'informazione era veritiera.

Per l'opinione pubblica ciò che veramente importa è che entrambi i fatti, certamente preoccupanti, sarebbero apertamente contro quanto previsto dalla Costituzione della Repubblica e dalla Suprema Corte di Giustizia della Nazione, e che, di sicuro, ci retrocederebbero in effetti a Stato poliziesco, contro tutti gli impegni internazionali a favore dei diritti umani contratti dal Messico.

Per incominciare, l'articolo 21 della Costituzione prescrive che l'investigazione e la persecuzione dei reati, nel caso in cui atti di resistenza civile si delineassero come tali, "spetta al Ministero Pubblico, il quale ricorrerà alla polizia che sarà sotto la sua autorità ed il comando immediato"; e che l'attuazione delle istituzioni di polizia di sicurezza pubblica "sarà retta dai principi di legalità, efficienza, professionalità ed onestà".

Che io sappia, non esiste nessuna legge o decreto, neanche dell'Esecutivo federale che - secondo la Costituzione e gli strumenti internazionali di protezione dei diritti umani firmati dal Messico - legittimi la creazione ed il funzionamento dei corpi di para-polizia ai quali si riferiva Gustavo Castillo nel suo articolo su La Jornada.

La stessa giurisprudenza della Suprema Corte di Giustizia della Nazione stabilisce che "sarebbe inammissibile nel contesto giuridico costituzionale interpretare la sicurezza pubblica come possibilità di colpire gli individui nelle loro garanzie (...). Pertanto deve stabilirsi un equilibrio tra tutti e due gli obiettivi: piena difesa delle garanzie individuali e sicurezza pubblica al servizio delle stesse. Ciò implica - conclude - il rifiuto di interpretazioni estranee allo studio integrale del testo costituzionale che si traducano in maggiore insicurezza per i governati o in moltiplicazione degli arbitri dei governanti, a detrimento della sfera di diritto dei governati" [Tesi: P. / J.35/2000].

Per il resto il Manuale ampliato dei diritti umani per la polizia [edito nel 2003 dall'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti umani] prescrive tra il resto che, secondo i principali trattati di diritti umani dell'ONU e le numerose dichiarazioni e corpi di principi destinati ai funzionari incaricati di far rispettare la legge, tutti i funzionari di polizia (se non si tratta di elementi di corpi di polizia politica, proprie di regimi autoritari e repressori) devono portare sempre "un distintivo di identificazione (che non sia di un altro corpo, il che sarebbe anche contro il principio di onestà espresso dalla Costituzione) che dev'essere visibile sempre" [pag. 28]. Più avanti aggiunge che anche nelle zone di detenzione è necessario che gli agenti "portino il loro distintivo di identificazione chiaramente visibile, al fine di facilitare la denuncia di ogni infrazione" [pag. 33].

Vale la pena di ribadire rispetto a tutto questo che la netta separazione tra i compiti di sicurezza e di giustizia, e quelle di natura militare, è stata una preoccupazione costante in seno agli organismi internazionali intergovernative che hanno raccomandato al Messico la separazione dei compiti militari da quelli di polizia in ripetute occasioni, così come la smilitarizzazione della società ed evitare di delegare alle forze armate il mantenimento dell'ordine pubblico o la lotta contro il reato.

Non bisogna dimenticare neanche che la Commissione Interamericana dei Diritti Umani ha raccomandato al Messico di "rivedere il contenuto della Legge del Sistema Nazionale di Sicurezza Pubblica, col fine di mantenere le forze armate nel ruolo per cui sono state create, secondo quanto stabilito dalla legislazione internazionale in materia, in particolare dall'articolo 27 della Convenzione Americana" che stabilisce le garanzie che lo Stato non può sospendere mai, tra le quali i diritti politici previsti dall'articolo 23: "avere accesso, in condizioni generali di uguaglianza, alle funzioni pubbliche del loro paese" [inciso "C"].

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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