La Jornada - Sabato 2 settembre 2006
Victor M. Quintana S.
Noi i violenti, voi i pacifici

La lotta di ingiurie prosegue, coprendo la lotta di coloro che non vogliono perdere i loro privilegi, contro i diseredati che credono di incominciare a vedere qualcosa nel progetto alternativo di nazione. Già mezzo unto dal Tribunale Elettorale del Potere Giudiziario della Federazione, il candidato del PAN continua ad autoconsacrarsi come leader dei pacifici e profetizza che "prevarrà la forza dei pacifici sui violenti" [La Jornada, 29 agosto 2006].

Questo è quanto dichiara Felipe Calderón lo stesso giorno in cui il tribunale, con tutta la forza delle istituzioni, ratifica in generale il conteggio per distretti e dichiara che nella sostanza non modificano le elezioni presidenziali, facendo caso omesso delle motivate richieste di riconteggio voto per voto e rifiutandosi di vedere modelli sistematici dietro "gli errori aritmetici" scoperti nelle elezioni presidenziali. Il giorno dopo, un'altra bella istituzione, la nuova Santa Alleanza: PAN-PRI-PVEM-Panal, contro ogni consuetudine parlamentare, non permette alla frazione del PRD di arrivare alla presidenza della Camera dei Deputati e prepara una riforma-lampo della Legge Organica in modo da assegnare su un piatto d'argento la presidenza di San Lázaro all'insigne priísta-salinista Emilio Gamboa Patrón.

Forse come noti cattolici, molti dei panisti che hanno adottato questi colpi istituzionali conoscono la dottrina della Chiesa cattolica. Ma forse non hanno letto le pagine dei documenti ecclesiali dove si parla della violenza istituzionalizzata. Ricordiamone solo una: nel gennaio del 1972 il governatore di Chihuahua, Óscar Flores Sánchez - poi noto capo della PGR come pubblico ministero di ferro -, intraprende una sanguinosa repressione, con un saldo di vari morti, contro un gruppo di giovani guerriglieri che avevano assaltato delle banche il 15 di quel mese. La società di Chihuahua risponde indignata. In quel contesto Adalberto Almeida (arcivescovo di Chihuahua), Manuel Talamás (vescovo di Città Juárez) ed i loro rispettivi presbiteri, emettono chiari documenti, nei quali segnalano che senza alcun dubbio le azioni guerrigliere sono una violenza in risposta alla violenza istituzionalizzata delle strutture sociali ingiuste che generano miseria ed esclusione.

Ora però, non si tratta di violenza guerrigliera. Oggi sono le azioni di resistenza civile pacifica quelle che generano il rancore di coloro che detengono il potere delle istituzioni. E si dà un gran paradosso: coloro che protestano pacificamente contro la violenza istituzionalizzata sono tacciati di essere violenti e sono attaccati con un inasprimento della violenza istituzionalizzata.

Le istituzioni politiche e sociali hanno due volti, almeno: da un lato sono prodotto di patti, ma questi patti riflettono una correlazione di forze. Nei momenti di crisi, come l'attuale, il carattere asimmetrico di quelle forze si rivela in tutta la sua intensità a detrimento dei più deboli: appare più nitidamente il carattere violento, classista delle istituzioni.

E la violenza istituzionalizzata contro la confluenza sociale, formata soprattutto da gente delle classi popolari intorno al progetto con a capo López Obrador, affiora ancora prima del momento elettorale, come molti hanno segnalato. Si manifesta nelle campagne mediatiche, articolate intorno alla paura del "pericolo per la nazione"; nelle milioni di e-mail che ricorrono alla paura ed alla irrazionalità di un elettorato influenzabile; con l'esclusione del PRD nella formazione dell'IFE; con l'uso dell'istituzione presidenziale per attaccare il candidato della coalizione Per il Bene di Tutti; nella violenza simbolica esercitata quotidianamente, a volte sottile, a volte molto grossolana come nei "notiziari" radiofonici condotti da Ferriz de Con o Beteta.

Oggi, la violenza istituzionalizzata s'inasprisce non solo nella questione elettorale. È più che presente nell'imposizione di Ulises Ruiz ad Oaxaca ed in ognuno degli atti del suo governo. È presente, mascherata da strumento scientifico, negli esami di ammissione utilizzati come pretesti per respingere milioni di giovani dall'educazione media e superiore. Nella minaccia al nostro patrimonio genetico ed alla produzione contadina che permea i permessi federali di seminare mais transgenico. È anche violenza istituzionale l'espulsione giornaliera di 600 contadini dai campi, provocata direttamente dalle politiche agropecuarie e dai trattati commerciali che favoriscono solo le grandi imprese agricole.

Solo il più crasso autocompiacimento o la più raffinata ipocrisia possono non far vedere o sentire che se questo paese scivola verso la decomposizione non è per la risposta di coloro che loro tacciano di violenti, ma per la caparbietà di quelli che si presumono pacifici.

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

logo

Indice delle Notizie dal Messico


home