La Jornada - sabato 2 settembre 2006
Editoriale
Umiliante per davvero

L'aspetto più rilevante dell'ultima Relazione di governo di Vicente Fox Quesada è che non ha potuto pronunciare davanti al Parlamento della Repubblica il messaggio politico che l'accompagnava: un incidente senza precedenti nella vita repubblicana del paese. Nel contesto di una crisi istituzionale pure senza precedenti, i rappresentanti della sinistra hanno restituito la sua dignità al Potere Esecutivo ed hanno richiesto dalla tribuna, Costituzione alla mano, che si togliesse il coprifuoco imposto dall'Esecutivo intorno a San Lázaro. L'azione è andata avanti nonostante il rapido linciaggio intrapreso dalla maggior parte dei mezzi d'informazione contro i legislatori che protestavano, nonostante l'impeccabile legalità ed il carattere pacifico che hanno dato una lezione di resistenza civica, per i messicani come fuori dal nostro paese, davanti agli abusi di una Presidenza fuori controllo, sempre più autoritaria ed ormai carente di un po' di buon senso...

Sarebbe poco realistico pensare che questa grave sconfitta politica sperimentata ieri da Fox nel periodo finale della sua permanenza al potere, sia opera di un pugno di deputati e di senatori dell'opposizione. Lungo tutto il periodo e nell'immediato, è stato proprio l'ancora titolare dell'Esecutivo federale colui che ha provocato e gestito l'umiliazione per quasi sei anni, durante i quali ha esercitato il potere in modo frivolo, irrispettoso, demagogico, fazioso, patrimonialista e bugiardo. La manifesta illegalità del coprifuoco imposto dalla Presidenza della Repubblica intorno al Palazzo Legislativo di San Lázaro non è stata altro che l'ultimo di una serie di scivoloni e di oltraggi perpetrati da un governo contro un ampio settore della popolazione che si vede rappresentato, o forse sovra-rappresentato, dai parlamentari che hanno richiesto dalla tribuna del parlamento, senza intaccare la legalità, il ritiro delle forze di polizia, militari e paramilitari dispiegate in modo imprudente e prepotente da un potere deviato dalla sua stessa arroganza. Ma la lista di offese è, naturalmente, molto più lunga.

Il più grave, senza dubbio, è l'affronto elettorale commesso dal gruppo al potere contro i settori sociali che hanno cercato di cambiare a luglio, in modo pacifico e democratico, il modello economico e politico vigente e che poi hanno cercato di impugnare e di correggere le irregolarità attraverso tutti i canali legittimi, ma non hanno ottenuto altra risposta che una manipolazione sempre più sospettosa di voti, verbali, seggi e risultati generali delle elezioni.

Irrimediabilmente, la giornata di ieri nel palazzo di San Lázaro ed attorno, e l'impossibilità del Presidente uscente di rivolgersi per un'ultima volta al Congresso dell'Unione, è l'epitaffio più efficace di un governo che è arrancato in mezzo a celebrazioni democratiche e che termina, ora, in mezzo a manganelli, lacrimogeni, incendi regionali e statali, repressione di lavoratori, blindati, barricate e con minacce autoritarie tanto ignominiose come quelle formulate ancora ieri da dirigenti panisti scatenati che hanno minacciato addirittura di chiedere a ciò che resta dell'Istituto Federale Elettorale e del Tribunale Elettorale del Potere Giudiziario della Federazione di cancellare dalla lista dei partiti quelli che danno vita alla coalizione Per il Bene di Tutti se non riconoscono Felipe Calderón come presidente della Repubblica.

Ma, oltre a tracciare il ritratto di un regime agonizzante e gravemente decomposto, gli avvenimenti di ieri sono una rappresentazione fedele dello stato in cui proprio questo regime ha portato il paese: un'istituzionalità distorta, se non rotta, un'allarmante e crescente frattura sociale, così come un'oligarchia bipartitica senza altro progetto politico che la conservazione del potere, dei privilegi e dell'impunità.

A parte l'integrità legislativa, preservata dai banchi della sinistra, che non hanno fatto altro che ristabilire l'ordine costituzionale attorno alla sede legislativa, la giornata di ieri ha lasciato il credito della mancata violenza, proprio in un clima così teso come quello che si vive. Tale risultato deve attribuirsi al movimento cittadino articolato intorno alla candidatura di Andrés Manuel López Obrador, ma anche al temperamento civico ed al contenimento delle istituzioni armate del paese.

Per il resto, sarebbe da ignoranti continuare a pretendere che Fox consegni un paese in pace, in democrazia, con una crescita economica ed istituzioni solide. La nazione è parzialmente in fiamme, le istituzioni sono prostrate per la mala fede e l'inettitudine di chi ne è a capo, la Presidenza della Repubblica ha sperimentato un grande calo di decoro e di prestigio non per colpa di deputati e senatori dell'opposizione, ma a conseguenza degli atteggiamenti di chi è in carica e... non sembra esserci un'istanza capace di ricomporre il disordine nazionale lasciato dal foxismo.

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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