La Jornada - Giovedì 2 febbraio 2006
La squadra di López Obrador: "gli stessi che stavano con Salinas"
MARCOS PATROCINA UN MONDO DOVE CI STIANO TUTTI, PERFINO I RICCHI... IN PRIGIONE

HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Coyutla, Ver. 1º febbraio - "Vogliamo un mondo dove ci stiano tutti, anche i ricchi. In questo mondo, loro avranno un posto dove stare: la prigione", ha affermato il delegato Zero, arrivato oggi nelle terre del Totonacapan, dove domina ancora il PRI, per tenere un meeting nell'indigena piazza centrale, occupata da diverse centinaia di persone, tra cui circa 200 contadini totonacos ai quali si è rivolto in particolare:

"Compagno, compagna: stai pensando perché stiamo tirando fuori parole così dure contro i partiti politici. Questo è perché abbiamo dentro un dolore che vogliamo raccontarvi. È successo che questi partiti politici non vogliono riconoscere i nostri diritti come popoli indios, quali siamo, non vogliono che siamo rispettati, non vogliono che la nostra vita migliori. Loro vogliono che smettiamo di essere indigeni che ci trasformiamo in "caxtlanes" [gli indigeni del Chiapas chiamano "caxtlan" lo straniero ma anche colui che inganna e sfrutta - n.d.t.], bianchi nel cuore, benché la nostra pelle continui ad essere scura. Siamo orgogliosi di essere indigeni. E sappiamo che ci sono altri fratelli, di altri popoli del Messico, che non vogliono smettere di essere indios, ma che vogliono essere orgogliosamente quello che sono, con la loro cultura, la loro lingua, la loro storia, il loro amore per la terra".

Parlando al suo auditorio in un tono pacato, ha raccontato che gli zapatisti del Chiapas hanno fatto "una guerra in cui sono morti uomini e donne indigene per il riconoscimento dei nostri diritti". Poi, ha aggiunto, "abbiamo fatto molto strada: se ti ricordi, cinque anni fa, nel 2001, si chiamò la Marcia della Dignità Indigena, cioè del colore della terra. Abbiamo camminato con i popoli indios, anche i totonaco, e lì abbiamo chiesto che fossero riconosciuti i nostri diritti".

Allora, ha detto, "avevamo il sostegno di molti milioni di persone del Messico e del mondo, ma quello che sta in alto, quello che comanda, non riconobbe i nostri diritti. Neanche il PRI, il PAN né il PRD. Per questo tiriamo fuori parole dure contro di loro". In questa occasione il discorso del delegato Zero è stato tradotto alla lingua totonaco integralmente. Ha riconosciuto che in queste terre molta gente adesso sostiene la candidatura di Andrés Manuel López Obrador, e ha dichiarato: "Domandagli perché per la sua campagna ha nominato come coordinatore Jesús Ortega, lo stesso che negò i diritti degli indigeni".

Poi ha ricordato che nel 1997 accadde il massacro di Acteal. "Pianificò mesi prima. Domanda a López Obrador perché nella sua squadra c'è il tizio che ha studiato quel piano che si chiama Arturo Núñez ed era del PRI". Ha inoltre ricordato ancora una volta l'attacco a colpi di armi da fuoco dei perredisti di Zinacantán contro le basi di appoggio zapatiste che erano disarmate, portavano "solo acqua". Ha raccomandato agli indigeni: "Ti dico di chiedere a López Obrador perché in Chiapas quelli che lo appoggiano per farlo diventare presidente sono quelli che ci hanno sparato".

Ha anche detto che quando Carlos Salinas de Gortari distrusse il paese per venderlo allo straniero non era solo; c'era gente che l'aiutava, era del PRI ed erano i suoi servitori. "Guarda bene la squadra di Andrés Manuel: sono gli stessi che erano con Salinas. Ha con sé la stessa gente che ci ha derubato, sfruttato e umiliato.... Pensa, dunque, se è la nostra parola ad essere dura o forse capirai che è dolce e che quei caproni dei partiti politici si meritano molto peggio di quello che stiamo dicendo".

Si è rivolto al popolo "che ha un come fiore un cuore, e che il suo cuore è un fiore", ed ha riferito che i suoi capi indigeni gli hanno detto: "Cerca i totonaco e digli che devono svegliarsi che dobbiamo unire la nostra lotta, che come popoli indios dobbiamo unirci con i contadini, con gli operai. Quelli che stanno in alto che continuino ad ingannare e litigare tra loro. Lasciali là in alto, unisciti a noi, facciamo un'altra cosa, non combatteremo più da soli, non più l'indio totonaco da solo, senza aiuto, non più una lotta sola e triste".

Dopo aver incontrato le grandi ingiustizie che percorrono la campagna veracruzana, il subcomandante Marcos ha detto che "l'ira ed il dolore della terra del Messico hanno solo una medicina, che è la lotta. Ti stiamo invitando a questo, a percorrere questo paese perché cammini diritto, forte. Questa medicina dobbiamo procurala tutti noi. Dobbiamo lottare, ma non in alto per le poltrone, ma in basso, perché le cose cambino e si realizzino le domande della gente.

Sappiamo che la legge che abbiamo ora, che si chiama Costituzione, serve solo per rubarci la terra e prendersi gioco di noi, perché le prigioni siano piene di gente umile e semplice, e nei governi ci stiano i criminali." Per questo c'è bisogno, ha rilevato, "di un nuovo accordo, una nuova Costituzione". Perché in questo paese non ci siano ricchi né poveri, solo lavoratori; ognuno avrà quello che si merita.

"Per i grandi ricchi abbiamo un posto adatto che è la prigione, e chiuderemo la prigione e non l'apriremo più fino a che non avranno scontato tutte le loro pene".

La mappa sociale che rivelare l'Altra Campagna al suo passaggio, più che sintomatica è allarmante. Il percorso del delegato Zero per lo stato di Veracruz nascosto, quello delle catene montuose, indigeno, cioè, quello in basso, consente di ritenere che l'insistenza mediatica secondo cui l'Altra Campagna è minoritaria e insignificante perde il punto nodale: questo è il Messico e tutti sono tranquilli!

Il disboscamento mostra il lato atroce della situazione. Coyutla, nella zona totonaco della catena montuosa veracruzana, è un modello di quello che presumibilmente "non c'è più". Prima ricche di vaniglia, caffè, pepe e boschi, queste terre hanno perso più del 90% della loro produzione di legname in pochi anni. Soprattutto da quando la governano i caciques della famiglia Picazo Pérez.

Qui l'esistenza dei caciques è normale. I "capi" precedenti Coyutla appartenevano ad un'altra famiglia. Manuel Jiménez Rosas è morto in circostanze strane che indicano che fu assassinato, poi sua sorella Maricarmen fu giustiziata a Poza Rica, quando era sindaco. Anche se esistono assassini confessi, recentemente è stata presentata una difesa da un giudice federale che potrebbe lasciare impunito l'omicidio. È vox populi che dietro queste morti ci sarebbero l'ex sindaco Basilio Picazo Pérez e l'attuale presidente municipale, Benito Picazo Pérez - succeduti ai Jiménez.

Tutti questi personaggi sono o sono stati, in vita, priisti. Tuttavia, gran parte dei municipi circostanti (come Tlapacoya, Papantla e Alamo) sono ora governati dal PAN, in un'area ora chiamata la costa azzurra. Questo fa di Coyutla un "rifugio" per i caciques storici che hanno trasferito qua le loro proprietà e le loro dispute. Dove arriva il PAN si instaura il neoliberismo selvaggio. È il caso di Tlapacoya, dove il governo biancoazzurro ha autorizzato la costruzione di un magazzino di Wal-Mart sopra una delle sette piramidi che rappresentano l'entrata alla valle di Totonacapan, come denunciato oggi davanti al delegato Zero, dal Comitato Collettivo Culturale Tlapacoya.

Inoltre, il gruppo imprenditoriale Quintero ha ottenuto il monopolio della banana di Tlapacoya per la distribuzione nella catena Wal-Mart, che potrebbe essere il bacio della morte per i produttori locali, come lo sono stati altri "monopoli" favoriti dalla catena statunitense di supermercati. Héctor Colío, uno degli organizzatori dell'evento in Coyutla, ha denunciato che il governatore Fidel Herrera ha dato istruzioni alla giunta per distruggere la piramide, oltre a mantenere lo screditato festival di Tajín, "che offende la nostra cultura".

Queste ed altre disgrazie succedono sulle spalle e nelle terre del popolo totonaco. Sembrerebbe che stiamo parlando del Messico di cento anni fa. Il dolore e l'ingiustizia nella Veracruz indigena, ciò nonostante, vanno di pari passo al coraggio ed alla determinazione di resistere.

L'Altra Campagna, per entrare in questo capoluogo municipale, è dovuta passare in mezzo ad agenti armati di carabine R-15. Questi operativi sono stati la costante in tutti i municipi da quando la carovana è entrata a Veracruz.

Le testimonianze più drammatiche sono state fino ad ora quelle degli indigeni della Huasteca. Così, quella dell'Unione Contadina Zapatista, formata da otomíes di Tescatepec: "Sappiamo che il governo ci divide, ci manda consigli per farci dividere. I priisti ci odiano, ma sappiamo che ogni contadino ha il diritto di difendersi", ha detto ieri uno dei suoi membri a Tzocohuite. Ore prima, a Dorados de Villa, un anziano che parlava di come il governo usa gli stessi indigeni per combattere le comunità organizzate, così filosofava: "La tigre si mangia quello che la usa da esca".

Questo pomeriggio il subcomandante Marcos ha lasciato la terra totonaco di Coyutla e si è diretto a Xalapa, dove domani si riunirà con aderenti della Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, con organizzazioni sociali; nel pomeriggio parteciperà ad un meeting in piazza Lerdo della capitale veracruzana.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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