il manifesto - 1° agosto 2006
Piazza continua in Messico
A un mese dalle elezioni contestate, Obrador batte il record: 2 milioni in corteo. E ci restano
Il più grande corteo nella storia del paese si trasforma in un accampamento stabile: centro-sinistra in tenda nella grande piazza della capitale, per chiedere il riconteggio voto per voto

Gianni Proiettis - Città del Messico

I più di due milioni di manifestanti che hanno «preso» pacificamente il centro della capitale domenica scorsa non hanno solo dato vita alla più grande manifestazione nella storia del paese. Erano anche la testimonianza, creativa e vociferante, della volontà di resistenza di un Messico deciso a non abbassare più la testa.

«El fraude no pasará», «Lopez Obrador es nuestro presidente», «Voto por voto, casilla por casilla» reclamavano i cartelli, quasi tutti di fattura artigianale. E, nell'immenso corteo, non mancavano gli happening: un finto funerale, con tanto di préfiche, alla defunta democrazia; un branco di porcellini a simboleggiare «il troiaio delle elezioni»; la voce, poderosa e avvolgente, di Regina Orozco che cantava corridos della Rivoluzione con il testo aggiornato.

Lo Zócalo, la gigantesca piazza di Città del Messico, era piena già dalle 11 del mattino di domenica, quando la testa del corteo ha cominciato a muoversi dal Museo di antropologia. Numerosi maxischermi con altoparlanti permettevano alla marea umana che confluiva ordinatamente verso la piazza di seguire gli interventi sul palco e ascoltare la musica.

Prima che Andrés Manuel Lopez Obrador, candidato della Coalición por el bien de todos di centrosinistra, prendesse la parola, si sono passate il microfono Evangelina Corona, leader delle operaie della confezione, Rosario Ibarra, portavoce delle Madres de mayo messicane, Guadalupe Loaeza e Elena Poniatowska, scrittrici democratiche. Tutte hanno coinciso sulla necessità di resistere a quest'ultima frode elettorale, che pretende di imporre il candidato della destra Felipe Calderón Hinojosa come prossimo presidente. Tutte si sono dichiarate a favore di un nuovo conteggio delle schede, operazione fattibile e prevista dalla legge.

«Impossibile vivere di nuovo l'umiliazione del 1988», ha proclamato la scrittrice Elena Poniatowska alludendo alla frode che rubò la presidenza a Cuauthemoc Cardenas. «Una moltitudine di dimensioni e diversità mai viste», ha scritto il quotidiano di sinistra La Jornada. «Abbiamo imparato ad essere un paese valoroso. Non siamo violenti. Chi esercita la violenza quotidiana è il governo. La nostra resistenza è legale, trasparente e pacifica. La facciamo a cielo aperto, sotto il volo degli elicotteri...».

Poi è stata la volta di Amlo, accolto da un'ovazione, che ha presentato il programma di lotta per le prossime settimane: resistenza civile pacifica e occupazione del centro storico fino al verdetto definitivo del supremo tribunale elettorale. «Vi propongo di rimanere qui, che restiamo qui giorno e notte fino a che si ricontino i voti e abbiamo un presidente eletto con la legalità minima che ci meritiamo come messicani», ha affermato, precisando che vivrà anche lui nello Zocalo, malgrado gli evidenti disagi, per il tempo che sarà necessario.

Si è decisa così, per acclamazione unanime, la creazione di una grande tendopoli nel cuore della città, in cui saranno rappresentati, ognuno con un accampamento, i 31 stati della repubblica e le 16 municipalità della capitale. Il governo della città, amministrata dal Prd, si è schierato a favore della proposta e ha deciso di appoggiarla logisticamente. Il Pan e il governo Fox stanno già gridando al «sequestro» della capitale e condannano una misura che provocherà, secondo loro, gravi disagi alla cittadinanza. Pur ammettendo che la chiusura del centrale Paseo de la Reforma provocherà un aumento del traffico, il Prd reclama il diritto di libera manifestazione e propone di mettere dei cartelli che dicano: "Disculpe las molestias que le causa esta obra democrática".

Nei giorni scorsi, i rappresentanti legali dei due contendenti - quelli di Lopez Obrador il sabato, quelli di Calderón la domenica - sono comparsi di fronte al Tribunal Electoral del Poder Judicial de la Federación, ultimo arbitro del travagliato processo che dovrà decidere entro il 6 settembre. Gli argomenti del Prd, che dá voce al reclamo popolare di un nuovo conteggio dei voti, si appoggiano sulla logica: il processo elettorale presenta molte irregolarità e il nuovo computo garantirebbe trasparenza e certezza. Ma il gruppo di Calderón, che si è presentato personalmente davanti ai giudici, è contrario a questa soluzione perché, dice, le schede sono già state spogliate e le elezioni non si vincono con manifestazioni popolari.

I magistrati, di fatto, sono sottoposti a molteplici pressioni e sanno che il loro verdetto è di importanza storica, un vero bivio della nascente democrazia messicana. Mentre le due maggiori catene televisive cominciano a lamentarsi dell'imprevista tendopoli che ha occupato il centro della città, la polizia federale, che dipende dal governo Fox, ha stimato in soli 180mila i manifestanti di domenica.

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