La Jornada - Mercoledì 1 marzo 2006
La costruzione "dell'aeroporto non è irreversibile, perché si tratta di una frode"
Marcos constata l'assegnazione criminale delle terre nella "valle di Tizayuca"

HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Zapotlán de Juárez, Hgo., 28 febbraio - Qui c'è l'epicentro di un imminente disastro comunitario: quello del nuovo aeroporto "di Tizayuca". Questo, senza contare gli altri disastri che ne conseguono: ambientale (gravissimo), e la credibilità che restava, se ne era rimasto qualcosa, delle istituzioni, le leggi ed i partiti politici. Al meno questo è il messaggio unanime che arriva da tutte le persone che oggi hanno parlato nell'altra campagna. "Che il chiasso che c'è in alto non impedisca di sentire il mormorio dell'altra a Zapotlán", suggerisce lo striscione alle spalle del subcomandante Marcos e degli altri partecipanti al tavolo che presiede la riunione.

Qui il delegato Zero è venuto ad ascoltare "la diagnosi più completa" di quello che succede nel paese. O come la microstoria di un villaggio, a cui stanno togliendo anche il nome, ci racconta il possibile futuro di tutta la nazione. Una giovane donna manifesta il destino delle speranze per uno studente: "Quando arrivi a questo punto, la realtà è completamente diversa, degradante. Si dice che arriverà qualcosa di molto importante per Zapotlán, l'aeroporto. I politici dicono che avremo lavoro come professionisti. Ci usano solo come attrezzi da lavoro e non come esseri umani".

Soprattutto, li hanno ingannati. I tre candidati alla presidenza sono già passati di qua ed almeno in questo punto, per i tre, Zapotlán significa la stessa cosa. Quello che una madre di famiglia chiama "l'assegnazione criminale delle terre, fatta dagli stessi proprietari". Quello che è successo qua configura, come dirà il subcomandante Marcos, una frode spettacolare, presumibilmente coperta dalla legge.

Parlano donne di tutte le età e giovani uomini, incluso gli adolescenti. Rappresentano l'avamposto di qualche cambiamento possibile, nel caso non sia ancora tutto perduto. "Mi trovo tra le persone costrette a vendere per forza. Fa rabbia vedere come ci trattano ed essere impotenti. E non abbiamo tentato di difenderci per niente, perché ci prendono per fame". Un ragazzo aggiunge: "Le terre di Dio sono ormai vendute, ma non tutto è perduto".

Un'altra signora di questo municipio che è sempre stata priista, parte dalla macchina da voti per i vari caciques-governatori di un'entità celebre in materia, dice: "Il governo ha cominciato con il suo programma Progresa poi, aiuti zero, o accaparrati da pochi. I contadini hanno cercato altri modi per sopravvivere. "Non ci hanno chiesto se volevamo un aeroporto. Quando l'abbiamo saputo, le discussioni là in alto erano già molto avanti".

"Il passaggio decisivo affinché la maggioranza degli ejidatari vendesse, fu quando il governo incominciò ad entusiasmare la gente dicendo che avrebbe avuto una vita migliore, lavoro, licenze di taxi. Alcuni pensarono che gli conveniva. Con stratagemmi si approvò il cambiamento d'uso del suolo affinché la gente avesse libertà di vendere".

Ai primi pagarono 15 pesos al metro quadro. Ai reticenti hanno aumentato l'offerta a 20. I refrattari sono stati convinti con 49 pesos, molte promesse e non poche minacce. "Cioè, ognuno ha venduto come è capitato. Questo è un fatto. Ora c'è ansia di recuperare. Siamo gente cosciente, ma siamo gente timorosa. Quando è sorto il conflitto, la società civile è rimasta indifferente. A differenza di quanto successo a San Salvador Atenco, la gente non ha fatto niente". Ci sono state divisioni tra gli ejidatari, anche tra le famiglie, perché i negoziati sono avvenuti a livello individuale.

Il peso delle sue parole è esatto: "Tutti siamo coscienti di che cosa accadrà. Uno dei grandi problemi che stiamo vivendo è quello dell'acqua. Le falde acquifere sono supersfruttate, si porta l'acqua a Città del Messico e a Pachuca, e questo servizio lo paga la gente". Sull'autostrada Messico-Pachuca che porta qui, il governo hidalguense si vanta di avere posato le condutture per portare acqua a Zapotlán. La popolazione lo nega. Magari arriverà quando questa gente se ne sarà andata via. Siamo nel paese dalle due facce: quella che le autorità mostrano ai contadini e quella che mostrano ai grandi investitori. Perché quello che minaccia Zapotlán, San Pedro e Acayuca, per altri è progresso. I caciques locali hanno venduto appezzamenti in montagna ed i pozzi d'acqua. Si sono messi a fianco dei bulldozer.

"Parlare di politica a Zapotlán spaventa", dice un'altra ragazza. "Ci manca la coscienza di essere protagonisti e ci tocca assumere la politica come qualcosa di nostro". Cita l'esperienza dei caracoles zapatisti come la prova che è possibile per le comunità prendere il destino nelle proprie mani. Un paio di interventi riferiscono che le autorità li hanno avvertiti, in vista della visita di Marcos, "di non fidarsi di qualcuno con il volto coperto". Però per entrambi la conclusione è la stessa: "Quelli che hanno il viso scoperto ci hanno sempre ingannati".

Un'altra donna ammette: "Abbiamo già perso le terre. Non ci resta che impedire che si faccia quel mostro di aeroporto. 'Eri padrone delle terre, ora sarai usato dal nuovo padrone'". E se sei fortunato! Niente indica che poi saranno loro quei posti di lavoro nei centri commerciali, nei ristoranti, nei negozi di souvenir e tutto il resto che arriverà con le opere annunciate dai tre principali candidati presidenziali e dai funzionari foxisti nella, eufemisticamente chiamata, "valle di Tizayuca". La verità, dice la donna, "è solo che Zapotlán è il posto dove starà il mostro".

Un ragazzo dice: "Sembra che si sia persa la speranza. Per questo stiamo con la Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona. Nonostante le differenti condizioni, abbiamo molto in comune per proseguire su questa strada".

Un'altra giovane conferma: "Il popolo è ferito in tutti i sensi. La gente si è fatta prendere in giro per pochi pesos. Non ha visto più in là del suo naso. Forse hanno costruito un'altra stanza nella loro casa o hanno comperato un'auto. Ma i cuori sono spezzati. Hanno regalato le loro terre e camminano a testa bassa. Non sanno come rimediare all'errore. La terra che hanno perso, dava loro la vita. Se si farà l'aeroporto, sarà la morte".

Alle nuove generazioni fa male vedere che il popolo ha perso "la ricchezza che apparteneva a tutte le generazioni", dice un altro, ed aggiunge "Gli zapatisti non hanno venduto le terre, le hanno invece recuperate e le difendono".

I disastri di Zapotlán sono molteplici ed anche storici. "L'istruzione è indietro di 40 anni", dice una madre di famiglia. Questo, malgrado Hidalgo sia ufficialmente al quarto posto fra gli stati con il migliore livello d'istruzione su scala nazionale. "Non so come sono messi gli altri, ma in Hidalgo l'istruzione è di pessima".

Nessuno dei tre villaggi che formano questo municipio ha una scuola secondaria, solo telesecondarie mal gestite. Diversi giovani testimoniano al delegato Zero le difficoltà ad accedere agli studi superiori, "visto che da qui usciamo impreparati". L'istruzione privata è inaccessibile e chi viene respinto dall'Università Autonoma dello Stato di Hidalgo non ha i 5 mila pesos o più che ci vogliono per "comprare" l'accesso all'università che si definisce pubblica. "È un'università
mediocre
", dice un altro ragazzo, disincantato, indignato, disposto "a fare qualcosa".

Un altro imbroglio è la discarica di San Pedro. Era stata concessa per tre anni solo per accogliere i rifiuti della regione. Sono passati altri anni ed ora riceve spazzatura da Pachuca, dallo stato del Messico e dal Distretto Federale, e non se ne vede la fine.

L'unico anziano che prende la parola nella riunione ricorda quando un anno fa invitarono la gente ad inaugurare un distributore di benzina. Cioè, inaugurarono un immenso buco. "Abbiamo presenziato ad un imbroglio. In prima fila stavano sei ex presidenti municipali, deputati, funzionari federali e dello stato. Il segretario di Governo ci disse: 'Da questo momento in poi siete tutti impresari'. Un anno dopo ci ritroviamo con un deposito enorme pieno di spazzatura che si mangiano gli animali,e le terre di 98 ejidatari sono recintate, proibite, abbandonate. Dicono che ci saranno hotel, centri commerciali, negozi. Non c'è niente e intanto, quando ci saranno, saranno solo per loro".

Gli uomini ed i giovani emigrano in gran numero. Alle donne non resta che lavorare nelle maquiladoras o in una fabbrica di mobili che le preferisce "giovani e belle", al colmo del sessismo corrente. Altri sono muratori e magari li contratteranno quando inizieranno le opere del XXI secolo in queste pianure attraversate dal vento, e presto, se non succede qualcosa, decolleranno e atterreranno i grandi aeroplani e di Zapotlán rimarrà un vago ricordo; probabilmente nemmeno il nome.

Non tutti pensano che tutto è perduto. Un gruppo di 30 donne ha iniziato un progetto di economia solidale col quale si aiutano tra loro. Le madri lottano per migliorare le scuole per i loro bambini. Uno studente propone ai futuri professionisti e a quelli che stanno facendo la loro tesi "di formare una grande famiglia per difendere il nostro popolo". Si sommano le forze per tentare di recuperare, di quanto si è perso, quello che si può.

Il subcomandante Marcos, evidentemente impressionato dall'esposizione collettiva degli zapotlanensi, dice di riconoscere qui "un altro paese che non ha niente a che vedere con quanto appare sui media di massa o nelle campagne elettorali". Qui è stato messo in atto "un progetto premeditato di distruzione e non perché il governo sia inefficiente, al contrario, fa quello che gli hanno ordinato". Non si vede qui "un solo progetto a beneficio delle comunità". Ma aggiunge pure, rianimando la gente: "L'aeroporto non è irreversibile, perché si tratta di una frode".

A Zapotlán regnano la repressione e la divisione. La fine del PRI (ora governa il PAN) ha lasciato una situazione estrema. Una madre di famiglia racconta che è la stessa polizia a vendere la droga a bambini e giovani, "perché restino ignoranti, deboli e mediocri".

Zapotlán, pezzo forte del neoliberismo, il disumanesimo che divora i nostri futuri.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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