Messico, un milione in piazza per la democrazia
di Matteo Dean - 29 Apr 2005

Città del Messico, 29 Aprile 2005 - Si è svolta domenica 24 aprile la manifestazione forse più partecipata della storia messicana. Un milione di persone sono scese in piazza in difesa del governatore di Città del Messico Andres Manuel Lopez Obrador. Migliaia gli stricioni, mille colori in una giornata di per sè scaldata dal sole, ma resa incandescente dalla sfida che la moltitudine sferra al governo federale. L'ossesione del governo federale, e del presidente Vicente Fox in particolare, contro Andres Manuel Lopez Obrador ha raggiunto negli ultimi mesi il surrealismo tipico di questo paese.

Un anno fa, le inchieste preelettorali, in vista delle presidenziali dell'anno prossimo, davano Obrador in netto vantaggio su tutti gli altri aspiranti. Un consenso quello riscontrato da Obrador, che sfiorava il 90% della popolazione consultata. Da qui l'ossesione di perdere la presidenza, non più saldamente in mano alla destra rappresentata dal Partito Azione Nazionale (PAN).

La speranza sorta dal cambio al vertice federale nel 2000 (in quell'occasione storica il Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) perdeva la presidenza dopo settant'anni di governo) è infatti rapidamente sfumata dopo solo quattro anni di governo. Corruzione e svendita del patrimonio nazionale hanno caratterizato l'amministrazione del PAN e di Fox. Obrador, al contrario, ha puntato tutto sul governo della capitale, la città più popolata al mondo, con programmi sociali d'avanguardia per il Messico e riuscendo a conciliare, non sempre bene, la politica sociale con gli interessi imprenditoriali.

Da qui il grande successo di una persona che è già diventata personaggio.

Al lato dei poveri, ma grande diplomatico con le grandi imprese, autoritario di carattere ma attento ad ascoltare le persone nelle strade, oppositore al neoliberismo sfrenato ma grande conciliatore di interessi contradittori. Un anno fa, il governo federale comincia una campagna di desprestigo contro Obrador, accusandolo di populismo e demagogia. Il punto alto dell'avanzata federale si ha quando si scopre che Obrador, in quanto governatore, avrebbe disatteso un ordine di un tribunale minore per far bloccare la costruzione di una strada, duecento metri di asfalto che scatenano la guerra politica tra il governo della città e quello federale.

L'accusa fa sorridere se si pensa ai grandi scandali finanziari di questi anni, se si pensa alle stragi impunite, come Acteal e Aguas Blancas, se si pensa che più di metà della popolazione è al di sotto della solgia della povertà. Ma tant'è, il governo federale insiste e riesce, con la maggioranza costituita da PAN e PRI a togliere l'immunità al governatore ed ad allontanarlo dall'incarico. Su Obrador pende ora la decisione dei giudici, che dovranno decidere se farlo arrestare (il reato imputatogli lo prevede) o lasciarlo libero mentre il processo prosegue. Ovviamente se dovesse essere condannato perderebbe il diritto a candidarsi per le presidenziali.

Ma la decisione non è facile perchè implica molte, troppe cose.

Obrador infatti ha mobilitato il paese intero in difesa propria e di quello che lui chiama un nuovo progetto di nazione, presentato qualche mese fa di fronte a centomila persone. Il paese si sta dividendo, tra chi sostiene Obrador e difende il suo diritto a candidarsi e chi lo teme come il prossimo Lula. Ma la manifestazione di ieri ha mostrato anche qualcos'altro. Innanzitutto la presenza non marginale di una moltitudine di persone che in piaza non difendevano Obrador, ma piuttosto l'idea di democrazia e protestavano contro l'autoritarismo di un governo che di democratico ormai non ha niente.

Forse ha ragione Carlos Monsivais, riconosciuto scrittore e analista politico messicano, che domenica 24 aprile su La Jornada [http://www.jornada.unam.mx/2005/abr05/050424/mas-monsi.html] auspicava il salto di qualità ed il rifiuto della tradizionale pratica del caudillismo, la fede cieca ed assoluta in un lider, quasi un salvatore. Forse è davvero giunto il momento perchè il Messico si scuota e la sua società civile prenda in mano le redini del proprio futuro e imponga una riforma seria e profonda della forma stato messicana.

Questo passaggio non è scontato, ma la presenza in piazza di organizzazioni critiche di Obrador ma in chiara opposizione a Fox e al neoliberismo che rappresenta forse denuncia una riflessione in questo senso. Certo è però che sorprende il silenzio dell'EZLN unica organizzazione in messico al momento capace di raccogliere e incanalare il gran malcontento. L'altro dato che fa riflettere è l'attendismo del governo federale. Obrador potrebbe essere arrestato stasera, domani o in qualsiasi altro momento.

Ma ciò ancora non avviene.

È evidente che Fox, nonostante il silenzio che ha mantenuto sull'evento di ieri, sta studiando la situazione. È probabile che tema la piazza e la reazione di una popolazione che oggi si è dimostrata molto critica nei suoi confronti. Il costo politico per lui e il PAN potrebbe essere troppo alto? Teme che incarcerare Obrador ne farebbe un martire? Ha paura che si rompa il filo di continuità che tanto desidera alla presidenza della repubblica? Non lo sappiamo.

Una cosa è certa però. Il silenzio di Fox e dei suoi assesori e l'imbarazzante silenzio del governo nordamaricano, che sino ad oggi non ha pronunciato giudizi sulla situazione messicana, fanno pensare a un momento di riflessione tra le fila di chi governa e ha sempre governato questo paese.

Paradossalmente, dopo mesi di polemiche e mobilitazioni, dopo i milioni di persone scese in piazza in questi mesi, dopo il lunghissimo dibattito sul tema OBrador, interrotto solo dalla morte del Papa, si potrebbe giungere alla più ovvia e contradditoria soluzione: cercare il compromesso con Obrador e lasciar vincere un uomo che si dice di sinistra il prossimo anno. Cambiare tutto perchè tutto rimanga uguale.

Una soluzione non lontana dalla realtà se si guarda più a sud in questo continente.

[Matteo Dean - redazione@reporterassociati.org - http://www.reporterassociati.org/]

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