La Jornada - Domenica 28 agosto 2005
González Casanova partecipa alla quarta riunione in Chiapas
"LO ZAPATISMO: PROGETTO DI RIVOLUZIONE DI SUCCESSO"
Avverte sulla prossima offensiva armata e/o mediatica
ELIO HENRIQUEZ E HERMANN BELLINGHAUSEN - Corrispondente e Inviato

Poblado Juan Diego, Chis., 27 agosto - "Dobbiamo renderci conto che, adesso, se non ci sarà un'offensiva armata, si scatenerà una brutale offensiva sui mezzi di comunicazione e dobbiamo essere preparati a tutte le conseguenze", ha osservato il dottor Pablo González Casanova nel suo atteso intervento durante la quarta riunione preparatoria dell'altra campagna convocata dall'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN).

"Io vorrei continuare a cantare, parlare e ballare in allegria, ma mi fermo qui". Se vogliamo riuscire in questo compito - ha aggiunto - "dobbiamo definire come lo andremo a fare affinché abbia successo questo progetto che è uno dei grandi progetti nella storia delle rivoluzioni, un progetto mondiale che va oltre a quanto diceva Luxemburg 'riforma o rivoluzione'. Ora, si sta dando all'umanità un'ultima possibilità.

E ricordatevi che questa è la Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona. Mi viene da pensare che un giorno ci sarà la Settima e mi piacerebbe molto che (quella versione) dicesse 'stiamo vincendo'".

"Siamo tutti polli che vogliono essere pinguini", aveva iniziato così. Ed ha continuato annunciando che avrebbe parlato poco: "Sono un po' all'antica e quindi sono molto disciplinato e siccome siamo più in vena di ascoltare che di parlare" ha ringraziato per "l'uso illimitato della parola" che gli è stato concesso, come a tutti, ma che spettava a lui stesso porsi dei limiti per permettere ad altri di far udire la loro voce .

Il maestro ha parlato davanti agli allievi più giovani che ha avuto.

A nome del gruppo civile Paz con Democracia, l'accademico, già rettore dell'Università Nazionale Autonoma del Messico e membro della Commissione Nazionale di Intermediazione, ha dichiarato: "È molto bello iniziare una riunione, un'esperienza di tante organizzazioni, dove invece di dire loro che cosa devono fare, si domanda loro che cosa stanno facendo. Tutto questo è nuovo. Noi intellettuali ora non vogliamo più essere né avanguardia né retroguardia".

Ha aggiunto: "È una cosa nuova, è talmente nuova che veramente dobbiamo pensare come farla. Soprattutto perché non possiamo dimenticare che ci troviamo tutt'ora in un quadro militare, che si pone ancora il problema della guerra e ancor più quando si stanno enunciando sempre più problemi di fondo di tipo strutturale, quando si sta approfondendo la lotta e si sta passando per questa meravigliosa lotta per la dignità, per un'autonomia che propone tutta la sua forza fisica".

I compagni hanno proposto un concetto molto messicano, dei contadini: la dignità, 'Sono povero, ma sono degno'.

Ha affermato che lo zapatismo è un "grande contributo" alla storia universale dei movimenti ribelli, tra il resto: "Non solo si è riconosciuto il passato di 500 anni di resistenza indigena, cosa con cui si è iniziato a parlare, ma anche altre lotte rivoluzionarie tra le quali non possiamo ignorarne diverse (...) in questa discussione così alessandrina se questo sia essere di sinistra o di destra. Ci sono altre cose che ci aiutano. C'è una geometria mobile, frattale, come la chiamano i fisici, ed i sociologi come me la chiamano geografia in cui non vi è centro, ma poli di attrazione".

Cile, Cuba e Venezuela... González Casanova ha pure sottolineato che non bisogna dimenticare, "nella gioia che danno questi incontri", quello di cui egli fu testimone in Cile: "quando al grido di 'il popolo unito non sarà mai vinto' ci sconfissero pesantemente".

"Per definire dove siamo, facciamo qualcosa di concreto, come quello che stanno facendo i fratelli zapatisti; e facciamolo anche in relazione col movimento mondiale e come hanno fatto loro recentemente appoggiando rivoluzioni come quella di Cuba che è l'ultima del secolo scorso e la prima del XXI° secolo.

Questa non è una scelta qualunque perché una gran quantità di gente che si diceva di sinistra è ben inserita nel coro anticubano. E siamo anche dalla parte di Hugo Chávez, perché sta innovando la storia dell'America Latina e dando un ruolo ai militari, non di convocazione del popolo per comandarlo o di fare populismo ed accordi clientelari con una parte della popolazione per escluderne un'altra, ma sta organizzando democraticamente il popolo venezuelano contro il brutale attacco che sta subendo".

Le parole dell'accademico sono state tra le più applaudite da tutti i presenti.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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