La Jornada - giovedì 28 luglio 2005
Pablo González Casanova
ULTIMA CHIAMATA

"Vieni a parlarci del racconto del Pinguino nella Selva", mi hanno chiesto i miei amici che sono molto preoccupati per la Sesta Dichiarazione della Selva ed ai quali avevo detto che tutto si sarebbe chiarito con il testo degli zapatisti di questo fine settimana su La Jornada [del 23 e del 24/7/05]. Io ho risposto loro più o meno quello che scrivo ora e che mi sembra un'interpretazione corretta della Sesta Dichiarazione collegata al racconto del Pinguino.

Ho detto loro: Beh, in primo luogo non è un appello perché i cittadini che vogliono votare non votino, ma è un invito affinché coloro che non andranno a votare li accompagnino nel loro cammino; ma chiarendo che se ora ci sono delle persone che sono coinvolte nella politica elettorale ma poi vogliono unirsi alla marcia, saranno benvenute.

In secondo luogo, il movimento non va a sottrarre forze ad AMLO (Andrés Manuel López Obrador) né al PRD (Partito della Rivoluzione Democratica) e già solo per questo è molto importante precisare, come ha fatto la dichiarazione, che non si tratta di un movimento elettorale, perché altrimenti verrebbe da credere che vuole competere con quelli che lo sono.

Inoltre, in terzo luogo, e questo è molto importante, si tratta di un nuovo movimento sociale che vuole creare un nuovo movimento politico-pedagogico di organizzazione e di azione che risponda, in Messico, alle richieste sociali e nazionali che stanno esprimendo molti popoli ed organizzazioni sociali, e che né il sistema elettorale, né il sistema  dei partiti, né i regimi di governo ricordano tra i loro punti, programmi o progetti. E quando se ne ricordano poi non riescono a rispettarle, o al momento di governare se ne dimenticano, o cercano di rispettarle attuando con modalità paternaliste o populiste, oppure agiscono addirittura contro gli stessi popoli che li hanno appoggiati, com'è successo e succede con partiti, correnti e governi come quelli di Perú, Ecuador, Bolivia, Haiti, Brasile e con le forze che prima si dicevano di sinistra in Messico e che poi hanno lasciato che le parole "Rivoluzione Democratica" rimanessero pure parole, ed hanno incominciato a parlare un linguaggio "politicamente corretto" che loro definiscono"di centro" o di "sinistra moderna"... Insomma, se uno guarda bene,  cercano di allinearsi, senza neanche pensarlo, al Consenso di Washington chiarito da Pinochet e dagli economisti neoclassici o neoliberisti delle Americhe e del Mondo che si dicono i suoi precursori senza esserlo.

Un esempio è il Programma Minimo non negoziabile del Fronte Operaio, Contadino ecc., che si è riunito poco tempo fa a Querétaro ed al quale nessun leader o portavoce della società politica fa riferimento, nonostante provenga da più di 200 organizzazioni di massa. Quand'è così, si deve organizzare un potere della società civile che le permetta di negoziare ciò che è negoziabile e di avanzare in direzione di una autentica democrazia.

Il problema è che nel corso di questa lotta si presenteranno ostacoli molto seri che obbligheranno a lottare per la liberazione e per sistemi di dominazione e produzione postcapitalisti che alcuni di noi chiamano socialisti, e che sarebbe meglio pensarci in modo sempre più preciso e chiaro, come stanno facendo tutti i "movimenti alternativi, di sistema ed antisistema" dell'America Latina.

E qui, parlando del cammino che si son tracciati gli zapatisti, arrivano le critiche da parte di coloro che son rimasti delusi dal fatto che l'Allerta Rossa dell'EZLN non è sfociata in una rivoluzione armata, ed a questa critica, loro, gli zapatisti porgono "molte scuse", dicendo che forse questo accadrà "in un'altra occasione".

La verità è che adesso stanno seguendo la nuova strada pacifica che ampi contingenti del Messico e del mondo hanno scelto di seguire, di lotte pacifiche che si librano dentro ciò che un giurista veneziano definisce "il campo giuridicopolitico". Ed in questo campo, gli zapatisti ed i popoli indios con i loro accompagnatori, hanno dimostrato una fermezza che neppure i loro nemici non smettono di riconoscere... e che non devono dimenticare pur tra auto-inganni opportunisti o solitarie menzogne che cercano di criminalizzare qualunque leader o movimento politico o sociale che colpisca i loro interessi e la loro avidità.

Altre critiche invalide o fallaci sono motivo di chiarimento con prove contundenti o sorprendenti, come quando gli zapatisti riaffermano (di fronte a chi li accusa di non essere fedeli alla loro lotta originale come popoli indios) la priorità che i popoli indios occupano nelle loro lotte, benché queste "non siano solo più con loro né per loro"; o rispondendo a coloro che li accusano di star negando che López Obrador è il candidato della "Sinistra" quando lo stesso AMLO ha detto di essere "di centro" ed inoltre ha scelto per organizzare le "reti cittadine" una vecchia sottosegretaria del Governo di Salinas ed un vecchio deputato del PRI (che nel Congresso dell'Unione aveva sostenuto che l'EZLN era un gruppo paramilitare al servizio degli interessi stranieri che vogliono impossessarsi della zona strategica dell'Istmo di Tehuantepec), insomma due nomine che confermano ciò che AMLO ha dichiarato.

In quanto a quelli che li criticano per usare concetti "antiquati" o consunti... "come quelli della sinistra anticapitalista", o perché manifestano la loro solidarietà con Cuba, e chiedono loro di "ignorare la lotta che per decenni ha condotto tutto quel popolo" contro "il blocco nordamericano" e per difendere la sua sovranità, e li esortano quindi a dimenticare le lotte degli indigeni di Ecuador e Bolivia, del Cile e della Colombia; quelle dei Contadini Senza Terra in Brasile,  o dei piqueteros e delle Madri di Plaza de Mayo in Argentina; quelle del Venezuela per la sua sovranità; o le grandi mobilitazioni dell'Uruguay contro le politiche di "imposizione della stabilità economica"... e chiedono loro di abbandonare il concetto di "Patria Grande" perché quel concetto è ormai molto vecchio e "ciò che è moderno è rivolgere lo sguardo al nord efficiente e brutale"... a tutti questi, gli zapatisti ricordano che le lotte più vecchie in questo continente sono quelle dei popoli indios e che non per questo sono meno valide...

Il racconto del Pinguino nella Selva Lacandona non si può raccontare. Bisogna leggerlo. Inaugura una forma di allegoria diversa da quella del Vecchio Antonio e di Durito. Ma per bello e vitale che sia, non ci può nasconderci il messaggio finale degli zapatisti: che tutto il Messico e tutto il mondo sappia che loro sono pienamente coscienti dei pericoli che corrono uscendo da quell'angolo dove hanno vissuto e lottato, dove sono stati confinati.

Specificano che l'allerta rossa è per i popoli che usciranno in forma pacifica e dovranno fronteggiare le numerose minacce violente per fermarli, di cui ne segnalano quattro possibili. "È per affrontare queste possibilità - concludono - che ci siamo preparati per molti anni... - ed aggiungono: - è per questo che l'allerta rossa delle truppe insorte non è cessata, solo quella per i villaggi, ed è per questo che uno dei comunicati segnalava che l'EZLN può perdere a causa di prigione, morte o sparizione forzata, una parte o la totalità della sua dirigenza nota pubblicamente, ma continuare a lottare".

Non ci sono altri commenti. Coloro che pensano solo alle elezioni governative o a continuare a saccheggiare il patrimonio e la sovranità nazionale con tutti i mezzi - pacifici o violenti - a loro disposizione, devono essere fermati. Rispettare i diritti degli zapatisti rafforzerà il diritto dei popoli e della pace.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo e dal Comitato Chiapas di Torino)

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