La Jornada 26 giugno 2005
Secondo gli attivisti: Gli indigeni preparano un altro "salto di qualità" nel dibattito nazionale.
L'ALLERTA ZAPATISTA NE HA GENERATE ALTRE NELLA SOCIETÀ, NEL CLERO, NEI PARITI E FRA GLI STUDIOSI
Nell'intervista a La Jornada, Felipe de Jesús Toussaint, Miguel Alvarez e Gonzalo Ituarte lanciano
l'allarme sul "vuoto politico" nel paese descritto dall'EZLN nei suoi comunicati
BLANCHE PETRICH

Cinque giorni di giugno, cinque comunicati del Comando Generale dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, hanno impresso un ritmo accelerato alle analisi ed alle prese di posizione di un'ampia frangia di attivisti che si occupano del conflitto in Chiapas che, secondo Miguel Alvarez, dei Servizi e Consulenza per la Pace (Serapaz), trasforma l'allerta rossa zapatista in una "allerta civile, del clero, dei partiti, fra gli studiosi", settori chiamati a vegliare perché la nuova iniziativa politica degli insorti non generi una risposta "di natura violenta che potrebbe anche scatenarsi".

Per Gonzalo Ituarte, superiore della congregazione dei domenicani, già vicario della diocesi di San Cristóbal (fra i vari incarichi vicini all'allora vescovo emerito Samuel Ruiz), l'annuncio di una consultazione zapatista "dalla grande capacità che hanno di offrire uno sguardo profondo e stimolare analisi innovative", ha permesso di tirare fuori il dibattito nazionale dall'insana e prematura polemica incentrata sulle elezioni del 2006 e nella lotta per il potere. "Questo ci riporta al presente per guardare oltre il 2006 e non continuare a scivolare sul tema dei futuri candidati".

Blanca Isabel Martínez, del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas, percepisce a sua volta un nuovo processo in maturazione, più che la fine di un ciclo che potrebbe essere contrassegnato dallo smantellamento o ripiego delle giunte di buon governo e dei caracoles dei municipi autonomi. "Queste esperienze hanno fornito elementi di fattibilità, di costruzione e di esercizio dei diritti richiesti dagli indigeni. Credo che si stiano preparando per un altro momento, per un salto qualitativo. L'allerta rossa può essere una protezione del progetto e di quello che stanno pensando per il futuro".

Felipe Toussaint, coordinatore della Commissione di Appoggio all'Unità e Riconciliazione Comunitaria (Coreco), rileva che "se leggiamo in blocco i comunicati dell'EZLN dalla lettera all'Inter di Milano, in cui annunciano un goal, possiamo capire che, benché la loro proposta continuerà ad essere molto legata ai processi indigeni, conterrà un progetto non solo per il Messico, ma per il contesto internazionale. Fin da quando organizzarono le convenzioni intergalattiche hanno sempre mostrato il loro forte vincolo con il mondo".

I quattro parlano nell'intervista con La Jornada.

Gonzalo Ituarte, che come parroco di Ocosingo prima della sollevazione fu interlocutore di quello che sarebbero poi state le comunità zapatiste, segnala che il decreto di allerta rossa, in un primo momento ha fatto temere che il conflitto sarebbe sfociato in uno scontro armato con le relative conseguenze: esodi ed una grave situazione umanitaria. Nel corso della settimana, segnala, "quell'avvertimento si è trasformata in stato di allerta, non solo per quello che dirà l'EZLN, ma per una nuova dinamica di trasformazione sociale".

Vuoto di potere nel paese

A partire dalla sua analisi, l'EZLN - continua Ituarte - rivela "che c'è un vuoto nel paese: i politici hanno fatto il vuoto nella politica nel senso della trasformazione della realtà con il patologico anticipo delle elezioni. Questo svuota la politica dei suoi contenuti reali".

Quello che annuncia la consultazione zapatista, riflette, "non è una soluzione negoziata, perché loro hanno sempre inteso che la trasformazione non viene dagli accordi dei vertici e delle strutture, ma da quello che si fa in realtà... non posso immaginare come si manifesterà questa nuova tappa, ma è chiaro che la sua azione sarà dal basso, dalla forza del paese".

- Perché parlano di mettere a rischio quanto raggiunto fino ad ora?

- Perché non sono ingenui; conoscono il contesto globale. Stanno scommettendo molto perché hanno uno sguardo di lungo termine. Confido che la società, i politici ed i mezzi di comunicazione non creino il vuoto intorno, dopo il primo spavento. Non si devono prendere alla leggera le domande e le necessità del paese. Al contrario, devono essere l'asse che dirige l'azione ed il pensiero dei politici.

- Alcuni voci militari, imprenditoriali e del governo non sono molto incoraggianti in questo senso.

- Ci sono stati commenti che hanno cercato di ridicolizzarli. Questo vorrebbe dire sprecare il momento. Evidentemente ci sono differenze fra vari settori, ma questo non impedisce che siano un fattore politico molto importante in Messico, che convocano altri attori, non tanto ad unirsi o affiliarsi, ma ci sfidano ad assumerci le nostre responsabilità davanti ad un conflitto al quale non si è data risposta, è stato protratto e mistificato.

Miguel Alvarez Gándara, che è stato segretario esecutivo della Commissione Nazionale di Intermediazione (Conai) nei dialoghi di San Andrés - presieduta dal vescovo Samuel Ruiz -, sottolinea che questo nuovo salto nella dinamica zapatista rimarca la "sua enorme capacità di irrompere (nel dibattito) con una parola che non è solo ascoltata, ma incide su condizioni, tematiche, correlazioni e riferimenti politici" del momento.

Fa presente che il conflitto armato interno che vive il Messico "non è risolto, benché non si esprima in termini di guerra calda, che l'EZLN continua ad avere un carattere armato e che la strategia di Stato continua ad essere quella adottata dal gennaio del 1994, basata sull'autonomia dell'Esercito di predisporre misure di controinsurrezione di bassa intensità".

A partire dai comunicati, Alvarez sottolinea le due modalità che lo Stato adotta per il Chiapas: "Una, che applica contenimenti e repressioni. Un'altra che nel contesto imperialista - sicurezza, terrorismo, narcotraffico - ha trovato una nuova maniera di affrontare e reprimere espressioni di dissenso, scontento ed alternativa. E questa modalità arriva in Chiapas per aprire un altro fianco su cui si vuole attaccare".

D'altra parte, le comunicazioni permettono di constatare che oggi non esistono, nonostante le dichiarazioni governative, condizioni di dialogo e di negoziato. "Non c'è niente per cui si possa ritenere o ratificare che la controparte affidabile e necessaria per un processo di negoziato sia il governo di Fox. Pertanto, lo sguardo va oltre al 2006 ed alla questione elettorale, per arrivare alla problematica della classe politica nella successiva tappa del paese".

Il terzo elemento dei comunicati "segnala che non si limita alla problematica indigena", ma ha una visione più di ampio respiro, di fondo, "con altre dinamiche ed altri movimenti ad un cambiamento molto più profondo di nazione e di Stato".

- Questo implica un'alleanza con altri movimenti?

- L'EZLN si rilancia oggi come un attore nel conflitto strutturale, in un processo nel quale non è l'unico protagonista; è una lotta molto più ampia. Non ci sono alleanze, ma è chiaro che ne avrà bisogno. Le lotte sociali non sono mature né articolate ma c'è una riattivazione e l'EZLN conta su questa. Non è un salto nel vuoto.

"La transizione non transitò"

La cosa preoccupante in questa congiuntura - conclude Alvarez - è il grado di autonomia con cui l'Esercito può agire in un momento in cui l'EZLN sta aprendo una nuova tappa di lotta politica e nella quale c'è il rischio che lo Stato non comprenda e voglia far fallire questo processo. Nel caso dei caracoles, che sono una scommessa molto radicale, era inevitabile che li lasciasse crescere. Ma questo passaggio ad una strategia nazionale è molto più coinvolgente. Per questo, l'allerta rossa.

Per Alvarez, la consultazione zapatista questa volta è stata resa pubblica e è stata tenuta nella clandestinità, come molte altre volte in passato,"perché per decisione politica sono in gioco le posizioni e le iniziative di altri. Non è il momento solo di osservare e aspettare. La consultazione implica che altri attori esprimano i loro limiti, le loro volontà e le loro posizioni".

Da parte sua, Felipe Toussaint, che in passato è stato vicario della diocesi di San Cristóbal, segnala che sebbene la prima impressione che ha fatto l'allerta rossa sia "che ci trovavamo davanti alla ripresa delle ostilità armate in Chiapas", questa possibilità non scompare. Ritiene anche, dalla prospettiva locale, che quello che veramente metterebbe a rischio i progetti delle giunte di buon governo ed i caracoles è "il cambiamento politico che potrebbe esserci in Chiapas" se dopo le elezioni statali arrivasse al governo un gruppo politico che, a differenza di Pablo Salazar, mettesse fine a "un atteggiamento di una certa condiscendenza nei confronti dei caracoles e dei municipi autonomi".

- Il primo comunicato di questa serie, "La (impossibile) geometria del potere in Messico", ha dato l'impronta a quello che sarebbe arrivato: uno stato di allerta per la decomposizione della classe politica ed il fallimento della transizione. Siete d'accordo con quest'analisi?

Risponde Ituarte: "Condividiamo una frustrazione esistente nella società. Questa transizione non si è vista. Rimaniamo fermi e siamo perfino tornati indietro per molti aspetti. Inoltre, si apre la possibilità ad una retrocessione molto grave che deve allarmarci tutti e metterci in allerta massima. Per questo motivo è interessante che questa scossa avvenga a sufficiente distanza dalle elezioni. Gli avvenimenti politici possono alterare totalmente il momento elettorale. Le elezioni ora sono più lontane. Questo ci riporta al presente per guardare oltre il 2006 e non continuare a scivolare e inciampare nelle elezioni".

- Ci sono indizi di ostilità armate nelle comunità perché l'EZLN giungesse alla conclusione che questo ciclo si è esaurito ed era necessario un nuovo salto?

Blanca Martínez: "Ci preoccupano alcuni attori che potrebbero, data la loro interpretazione, vedere una minaccia nel nuovo progetto zapatista. Per esempio, l'Esercito ed i paramilitari. Non si capisce bene, per esempio, la rimozione di alcuni accampamenti militari: se è un segno di pace o un riposizionamento di carattere militare. È noto poi che c'è un'agenda di impunità dei paramilitari che continuano ad essere attivi sul territorio. Ci sono bande criminali che sono state organizzate nella logica contrainsurgente per perseguitare il movimento zapatista ed altre organizzazioni civili".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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