La Jornada 25 luglio 2005
Commenta: creare un mondo più degno è l'obiettivo dell'incontro tra gli italiani e l'EZLN
GLI ZAPATISTI SONO L'OSSIGENO DELLA DEMOCRAZIA, SOSTIENE IL DIRIGENTE DELL'INTER
Creati due club zapatisti di tifosi della squadra europea: l'Emiliano Zapata ed il Flores Magón

ARMANDO G. TEJEDA - Corrispondente

Barcellona, 24 luglio - Bruno Bartolozzi è un dirigente della squadra di calcio italiana Inter di Milano, ed una persona che si occupa dei problemi gravi e laceranti che angosciano il mondo. Con semplicità e dalla convinzione dei suoi ideali di uguaglianza e giustizia, questo dirigente di una delle leghe più potenti del pianeta difende il messaggio zapatista di creare un mondo più "degno", al quale egli stesso ha portato il suo granello di sabbia coinvolgendosi nel progetto di realizzare una partita tra la sua squadra e la formazione di giocatori appartenenti all'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN).

L'iniziativa, fino ad ora inedita, ha già fatto sì che si diffondesse con maggiore ampiezza il messaggio zapatista e che negli ultimi giorni si sia formalizzato, come ha spiegato a La Jornada, la creazione di due club di tifosi zapatisti dell'Inter di Milano: uno chiamato Emiliano Zapata ed un altro Ricardo Flores Magón.

- Ci sono novità sulla partita tra l'Inter e l'EZLN?

- No, in quanto noi vogliamo rispettare al massimo la volontà ed i progetti delle persone dell'EZLN che stanno occupandosi della questione; quindi, siamo in attesa che il progetto della partita giunga al suo momento e ci convochino per concordare i dettagli. Per questo tutto dipenderà dalle necessità che si porranno da là per fissare la data ed il luogo; quando ci sarà una proposta precisa si potrà poi parlare in dettaglio dell'incontro.

- Che cosa le ha insegnato il suo viaggio in Chiapas?

- È stato molto forte, come ha segnalato il nostro presidente, Massimo Moratti, c'è una Europa che vuole esportare la democrazia e c'è un'altra, di gente più semplice, che vuole importare la democrazia.

Grande esperienza per la squadra

"Per noi, entrare in rapporto con i popoli indigeni del Chiapas ci ha resi più ricchi e ci dà un'esperienza straordinaria di un esempio di democrazia dal basso, fatta da politici che non sono professionisti e che per questo motivo si ribellano. Gli zapatisti sono un esempio di onestà e di trasparenza che ci dimostra che sono la vitamina o l'ossigeno della democrazia nel mondo.

L'Inter di Milano sta facendo un'importante esperienza con gli zapatisti, perché noi crediamo che il mondo può cambiare in maniera semplice e con un lavoro di cooperazione che si può fare solo lavorando insieme alla gente semplice. E noi lo facciamo soprattutto quando è in gioco la dignità della gente e dei popoli".

- L'incontro di due mondi tanto diversi e distanti, come il calcio di élite ed un popolo oppresso, che lezione o messaggio lancia al mondo?

- Il messaggio è uno solo: c'è un mondo nel quale comanda l'impero delle elezioni che non sono degne per la gente. Il problema della dignità è uguale sia per gli indigeni che per un uomo di una capitale europea, perché anche un calciatore che possiede denaro e che pensa determinate cose è una parte di questo sistema.

"Lo stesso sistema che condanna la gente dell'Africa a morire di fame o di malaria, malgrado sia una malattia curabile. Allora, da una partita così si lancia il messaggio che se questo sistema non cambia, il mondo non cambierà, perché la radice di tutto questo è un motore che produce le differenze tra esseri umani uguali.

Il messaggio è presente anche in una parte della Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, in cui si parla di un modo di essere solidale da parte dei popoli indigeni. Gli zapatisti dimostrano inoltre che il mondo è diviso in due gruppi: uno che diventa sempre più ricco ed un altro che diventa sempre più povero. Questa è la chiave per capire il messaggio".

- Che cosa impara un calciatore o dirigente di un club di calcio di élite dalla lotta zapatista?

- Noi siamo una squadra dove molti giocatori vengono dal sud del pianeta; ci sono uruguaiani, argentini, paraguaiani e colombiani. Loro hanno vissuto questa situazione e credo che sia per questo che la vivano e reagiscano così di fronte a questo tipo di problemi, come il fatto di vedere che la gente muore di fame e che la ragione è che le imprese del nord del mondo sfruttano tutte le risorse naturali e distruggono l'equilibrio ecologico della regione.

"Questo dice molto e ti obbliga, in qualche modo, a dire qualcosa e denunciare ciò che è male. Credo che il mondo si arricchirà dalla lotta dei movimenti indigeni e dalla coscienza che stanno generando nei loro paesi e nel resto del mondo. Il modello unico attuale, che alcuni chiamano neoliberista, ci dice che c'è una forma sviluppata di sfruttamento per cui milioni di persone sono condannati all'esclusione. Ma c'è una lotta di difesa della dignità della persona che anche noi difendiamo insieme agli indigeni latinoamericani e agli zapatisti".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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