La Jornada - Sabato 25 giugno 2005
A Roberto Barrios, perfino i priísti si lamentano
La dichiarazione dell'EZLN incombe su tutti gli indigeni
Chiusa la scuola zapatista. In quella ufficiale, solo un maestro

HERMANN BELLINGHAUSEN - INVIATO

Roberto Barrios, Chis. 24 giugno - Un impressionante silenzio percorre il caracol Che parla per tutti: le porte delle sue varie installazioni chiuse, il solitario lampione della spianata acceso a mezza mattina, la corrispettiva insegna all'ingresso annuncia l'allerta rossa dell'EZLN, tutto un deserto.

La mensa dell'accampamento civile, per i ‘compa’ del mondo, come dice un murales fra i tanti che ci sono, è solitaria, ma pentole, padelle e stoviglie sono sugli scaffali. I tavoli al loro posto. Vari libri abbandonati. Uno è rimasto aperto. Un piccolo gioco a scacchi incompleto. Fili sparsi a terra.

Solo le porte mostrano l'ufficio delle donne, l'officina ed il negozio di amache. Solo porte. Un'altra, quella della stanza di Internet, porta scritto nitido sulle sue due tavole accostate: "Allora, il ribelle invece di angosciarsi cerca altre strade per costruire un altro mondo che sia possibile". La reporter di Televisa commenta: "Quelle parole sembrano premonitrici". Mi si accende la lampadina: il testo si legge perché le due porte di legno sono chiuse. Aperte non si leggerebbe.

Sembra che ci sia gente nel caracol, ma non si mostra né risponde alle voci dei reporter.

Un attimo dopo, provenienti dal centro della comunità, si avvicinano due uomini e si fermano davanti alle costruzioni zapatiste per domandarci che cosa cerchiamo lì. Uno si presenta come Manuel Méndez. L'altro veste una maglietta propagandistica del candidato priísta a presidente di Palenque, che ha perso le ultime elezioni, vinte dal suo concorrente del PRD. Confermano che "da domenica hanno incominciato ad andarsene" gli zapatisti.

Méndez assicura: "Qui è tranquillo. Non ci sono dissensi" e fa subito riferimento alle quattro religioni che possono già esistere, “non solo quella cattolica”. Lui è evangelico, di recente conversione. Hanno un tempio anche i presbiteriani e la Chiesa di Dio. Non menziona le differenze politiche nella comunità, come se non esistessero. “Non ci sono dissensi".

La scuola zapatista è già chiusa da lunedì. Invece, nella scuola elementare ufficiale ci sono le lezioni, o quasi. Di sette maestri del governo, uno solo è venuto a lavorare oggi. Gli altri "se ne sono andati".

Il signor Méndez si lamenta del governo ai suoi tre livelli. Il commissario federale, Luis H. Alvarez, ha promesso loro nella sua ultima visita la costruzione di un ponte sul guado del fiume Bascán, che dà accesso a Roberto Barrios. "Ha detto che voleva ottenere i tubi dalla Pemex", ricorda il contadino tzeltal. E non l’ha fatto. Ora che sono cominciate le piogge il guado è più fondo, l'acqua arriva al di sopra delle ginocchia e non tutti i carri riescono a passare.

Cioè: sempre “ci sono dissensi". Del "governo di Tuxtla" si lamenta perché "ha bloccato alcuni programmi". E del presidente municipale di Palenque, Alfredo Salgado Correa (perredista), lamenta che ha deciso di bloccare le risorse per il gruppo di Méndez. "Dice che è per vendetta per quello che il governo priísta faceva a quelli del suo partito". Secondo questo punto di vista, il principale problema della comunità sarebbe che il governo non distribuisce tutte le risorse promesse.

Nonostante i progetti rimbombanti e le Opportunidades, la popolazione di Roberto Barrios in generale continua ad essere molto povera: i tricolori, che sono di Paz y Justicia; quelli che non lo sono e quelli del sole giallo. Non solo gli zapatisti del municipio autonomo El Trabajo vivono nelle ristrettezze. E senza considerare, per di più, il diverso credo religioso.

Forse gli autonomi sono ancor più poveri, ma sono anche gli unici che non dipendono dalle donazioni del governo per sopravvivere. La loro fonte di risorse sta nella resistenza ed il loro reclamo contro il governo è totale, perché non ha rispettato impegni maggiori che non un ponte di tubi che, sì, servirebbe alla gente, ma soprattutto aprirà le porte ai futuri turisti (un'altra promessa del governo) che verranno a bagnarsi sotto alle splendide cascate del villaggio e lasceranno una scia di dollari e di euro molto simile alla felicità.

Del progetto turistico non parlano Méndez ed il suo accompagnatore. Preferiscono accusare il sindaco di Palenque di aver bloccato la costruzione della tele-secondaria ed il governo statale per la mancanza di medicine nella clinica dei filo-governativi. "Siamo in attesa delle risorse, se ce ne sono”, conclude con inaspettata rassegnazione.

Un altro uomo, un poco alticcio, si avvicina ai reporter alla fine della visita e domanda allegramente: “Siete venuti per quello (progetto) del fiume?”. È deluso ascoltando che siamo venuti a vedere il caracol chiuso. "Ma loro se ne sono già andati via" e segnala la casa della giunta di buon governo Nuovo seme che produrrà.

Le famiglie zapatiste del municipio El Trabajo rimangono nelle loro case, come le altre. "Senta, ma se stanno lì" e gli indico. "Ah sì, ci sono?", replica, come se fossero invisibili per lui, anche se è il contrario: il caracol vuoto rende più evidente la sua presenza.

La comunità nel suo insieme mostra, terribile ed eloquente, la realtà degli indigeni aldilà dei programmi sociali e controinsurgenti. L'allerta rossa dei ribelli incombe anche sugli altri indigeni. Così come gli accordi di San Andrés, l'attuale stato di emergenza dell'EZLN "parla per tutti". Anche se la controinsurgenza pianificata crea miraggi divergenti in Roberto Barrios, la sua realtà continua ad essere quella dei condannati della Terra che descriveva Franz Fanon quattro decenni fa. L'allerta rossa dei ribelli è un grido (per il momento silenzioso) anche per gli altri.

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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