La Jornada - Venerdì 25 febbraio 2005
Gilberto López y Rivas
SAN ANDRÉS: TRA MEMORIA ED OBLIO

Adesso che sono di moda i cosiddetti "progetti di nazione" nella corsa dei numerosi aspiranti alla candidatura presidenziale, vale la pena distinguere tra una "piattaforma di governo" o un programma elettorale di un determinato candidato, e l'elaborazione di un "progetto nazionale" che si costruisce attraverso lunghi e complessi processi, in cui intervengono soggetti sociopolitici che definiscono una direzione strategica per il paese e possibili proposte per affrontare i grandi problemi nazionali. Gli accordi firmati a San Andrés il 16 febbraio 1996, segnati da una sollevazione indigena, una guerra di logoramento che continua fino ai nostri giorni ed un dialogo tra il governo federale ed un gruppo armato che obbliga lo Stato a negoziare, fanno parte del progetto storico di una nuova nazione che si deve ancora definire.

Gli Accordi sono un insieme di documenti discussi, redatti con il consenso di un ampio numero di consulenti, soprattutto indigeni, che costituitisi in una specie di assemblea costituente con un livello di rappresentatività e di conoscenza dei temi mai riscontrato nel Congresso dell'Unione, e con l'autorità morale conferita dall'EZLN a tutto questo processo. Sono documenti storici sebbene non conosciuti e diffusi nella loro trascendenza e purtroppo ridotti alla proposta Cocopa nel dibattito politico. Ciò nonostante, la delegazione dell'EZLN ha comunicato chiaramente le sue posizioni rispetto ai limiti di questi documenti, posizioni che rispecchiano la sua prospettiva di largo respiro.

In questi scritti si segnala la necessità di "costruire una nuova società nazionale con un altro modello economico, politico, sociale e culturale che includa tutte e tutti i messicani". Si insiste sulla riforma dell'articolo 27 della Costituzione per risolvere il grave problema agrario, tema che il governo salinista non ha mai voluto discutere; si ribadisce la necessità di una legislazione per proteggere i diritti degli emigranti, l'esercizio del bilancio per lo sviluppo dei municipi; l'accesso ai mezzi di comunicazione per i popoli indigeni e lo sviluppo di una politica sostenibile che preservi terre e territori indigeni. Gli zapatisti hanno chiesto alla contraparte tempi e date per l'adempimento degli accordi, che anche con la scomparsa della commissione di seguimento e verifica sono rimasti lettera morta da parte governativa.

Gli accordi non concepiscono gli indigeni come un settore isolato della società. Al contrario, segnalano che per stringere un patto sociale che integri una nuova relazione tra popoli indios, società e Stato, si deve realizzare una profonda riforma delle istituzioni statali stesse. Si ribadisce come necessaria l'applicazione di una nuova politica dello Stato per sviluppare una cultura di pluralità e di tolleranza. Si esorta ad un nuovo sforzo di unità nazionale.

La violazione degli accordi non avviene solo realizzando una riforma costituzionale contraria alla proposta Cocopa, ma l'inadempienza si spinge oltre, dato che il governo federale si era impegnato a promuovere politiche e ad intraprendere azioni per assolvere l'impegno nazionale alla lotta contro la povertà e l'emarginazione dei popoli indigeni. Gli accordi di San Andrés affermano: "L'obbiettivo di costruire una società più giusta e meno diseguale è la pietra miliare per raggiungere uno sviluppo più moderno e per costruire una società più democratica. Questi obiettivi sono parte essenziale del progetto di nazione che il popolo del Messico desidera, non solo come impegno morale della società e dei popoli indigeni e come responsabilità inderogabile del governo della repubblica, ma come condizione indispensabile per assicurare la transizione a migliori livelli di sviluppo del paese".

Negli accordi è contenuto l'impegno di definire un nuovo federalismo e che il diritto positivo messicano riconosca le autorità, le norme e le procedure di risoluzioni dei conflitti interni ai popoli indigeni nell'applicazione della giustizia sulla base del loro sistema normativo interno. Sul terreno della cultura, il governo acconsentì ad inserire le conoscenze delle diverse culture indigene nei programmi educativi, a promuovere l'educazione integrale con pieno accesso alla scienza, alla cultura e alla tecnologia. Nell'ambito economico, lo Stato accettò l'obbligo di sviluppare la base produttiva dei popoli indigeni con strategie specifiche concordate con loro, così come di garantire la soddisfazione delle necessità di base in quanto a alimentazione, salute e casa.

Di conseguenza, il tradimento del governo alle riforme costituzionali in materia indigena è servito da cortina fumogena per occultare una vigliaccheria maggiore: il tradimento ai principi concordati di pluralismo, sostenibilità, integralità, partecipazione e libera determinazione; alla promessa che l'ambito giuridico avrebbe dovuto sancire come legittimi i diritti politici, di giurisdizione, sociali, economici, culturali e, soprattutto, il riconoscimento delle comunità come entità di diritto pubblico; il diritto ad associarsi liberamente in municipi, il trasferimento di risorse, ecc., tutto quanto è rimasto nell'oblio.

Nella memoria dello Stato è rimasta solo la strategia di controinsurgenza, la gestione del conflitto, il logorio dei protagonisti, l'autismo presidenziale e soprattutto, l'impunità per i civili ed i militari colpevoli di crimini di lesa umanità.

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino e dal Comitato Chiapas "Maribel" di Bergamo)

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