Venerdì 24 giugno 2005
La Jornada - El Correo Ilustrado
L'EZLN cerca andare oltre alla cosa indigena

Cara Carmen:

Non è la guerra ma la pace, una pace con giustizia, libertà, democrazia e dignità, quella che vuole l'EZLN, secondo quanto si capisce dalla sua lettera alla società del 21 giugno divulgata il 23. Ma, se la interpreto bene, gli zapatisti stanno per decidere "un'altra cosa". E questa "altra cosa", leggendo il comunicato-lettera, significherà andar oltre alla cosa indigena, che è quello con cui sono stati occupati fino ad ora, includendo i caracol e le giunte di buon governo.

La chiave dello scritto, nella mia interpretazione, sta nel seguente brano: "Forse qualcuno ricorda che, sei mesi fa, incominciammo con quel 'manca quello che manca'. Perché, come è evidente, arrivò l'ora di decidere se camminiamo per trovare quello che manca. Trovare no, costruire. Sì, costruire 'un'altra cosa'” (i corsivi sono miei).

Nel contesto, e dopo avere letto gli ultimi comunicati, mi pare che la "altra cosa", cioè quello che faranno, è presentare un'alternativa di organizzazione non di partito, non elettorale, dal "basso verso l'alto”, come è di moda dire, per tutto il paese ed al margine dei partiti e dei politici che loro chiamano "dell’alto”. In altri termini, il quarto tentativo dopo quello della Convenzione Nazionale Democratica, del Movimento per la Liberazione Nazionale e del Fronte Zapatista di Liberazione Nazionale, ma ora in modo attivo e non mediante terze persone. L'idea continuerà ad essere che governi chi governi la pressione popolare servirà per avviare il paese per una direzione diversa dall'attuale.

Personalmente ho i miei dubbi al riguardo, cioè sulla sua possibilità e sul successo, ma quello che cerco di fare è di interpretare. Posso sbagliarmi, ma è il rischio quando i segnali del messaggio sono indistinti. E me ne assumo il rischio.

Con un saluto affettuoso
Octavio Rodríguez Araujo

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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