La Jornada - Domenica 23 gennaio 2005
Con l'aiuto della società civile comprano materiali per montare le loro case
In marcia, la risistemazione delle comunità zapatiste nel sud dei Montes Azules

HERMANN BELLINGHAUSEN - INVIATO

Libertad De Los Pueblos Mayas, Chis., 22 gennaio - Portano anche i loro defunti? - scherza uno degli indigeni che riceve le famiglie di Primero de Enero al limitare della vecchia villa del rancho El Boquerón, sulla strada di Agua María.

Avvolti in tela di sacchi di iuta e legati con corde, alcuni dei pacchi che portano potrebbero sembrare davvero delle bare. Solo che pesano come se fossero vivi. Sono le assi di legno che saranno le pareti delle loro future case. Scaricano dal camion di 10 tonnellate le lamiere delle loro vecchie case di là, nei Montes Azules. Sono poche. Rotoli di filo spinato, stivali di gomma, una zappa, una pala con il manico avvolto a parte. Circa 10 machete. Borsate di pentole, tappi, comales, piatti e bicchieri e tazze di plastica raccontano la misura reale delle loro cucine. Un paio di modeste selle di cuoio stinto, di quelle che servono per fissare il carico. Altre zappe. Un martello, un ascia, una vanga. Ed amucchiano (i sacchi di mais a parte). Tutto è avvolto tutto con cura meticolosa come se stessero trasportando porcellana. Sono le loro cose.

Dal camion che si chiama Chómpiras, gli uomini di Primero de Enero ed i loro compagni e nuovi vicini del municipio autonomo Libertad de los Pueblos Mayas scaricano casse di chiodi nuovi, comprati con l'aiuto della società civile, e 50 lamiere nuove per i tetti che giacciono ancora sotto un centinaio di sacchi, in maggioranza di mais sgranato ed altri di pannocchie.

Il grugnito dei maiali s'impone sul vociare dei bambini, che quasi non si sente, salvo qualcuno che piange ma rapidamente viene calmato. In più persone sollevano il maiale più grande per poterlo far scendere dal carro da dove sono già scesi polli, tacchini e gente. Un paio di cani magri fanno la ronda, con aspettativa.

Anche se la metà circa sono bambini, non si vede scaricare dai carri nessun giocattolo. Sarà che non ne hanno bisogno? Non si vedono neppure sacchi di abiti e qualche mobile per metterli dentro. Questa gente è il proprio appendiabiti.

Le pianeggianti rive del Jataté si estendono fino alle colline, a pochi chilometri dal ponte che arriva proprio vicino al quartiere militare di San Quintín. Prima c'erano dei ranchos. Erano privati. C'erano migliaia di vacche. Ora c'è un paese, campi e ancora prateria, ma molta meno. In parte sono terre recuperate dalle comunità ribelli e independenti dopo il 1994.

Questa stessa settimana, il leader degli allevatori e dei piccoli proprietari del Chiapas ha ribadito che le terre che erano prima ranchos oggi sono "abbandonate ed incolte". Ovvero, tutta questa gente e tanti campi di mais e di coltivazioni non esistono. Gli indigeni sono invisibili oggi come allora.

Sono quattro le famiglie di Primero de Enero, sebbene in un caso almeno si tratta di un solo grande nucleo familiare composto quasi solo da donne e bambini. Il resto sono tzotziles di diversa provenienza. "Ma tutti zapatisti da molti anni", confida uno dei membri della giunta del buon governo (JBG) "Hacia la esperanza", che appoggia il trasferimento da Amatitlán a Boquerón.

Da qui alla loro destinazione ad Agua María li aiuteranno membri del municipio Libertad de los Pueblos Mayas. Daranno loro alloggio per le prime notti mentre tirano su le loro nuove case. "Siamo arrivati in tempo per lavorar la terra e preparare la semina del mais", dice un capo famiglia, tra il preoccupato e fiducioso. Quando hanno terminato di scaricare le loro cose, si avviano. In diversi viaggi termineranno di portare tutti i sacchi e pacchi fino ad Agua María.

Una ragazzina tiene in braccio un maialino: è l'unico della sua specie che se ne sta tranquillo. Lei guarda avanti, lontano, con i suoi occhi neri. Una madonna pensosa.

A pochi passi di distanza i suoi fratelli stanno facendo la fila per bere a turno il pozol da una bottiglia di plastica che si sono portati dai Montes Azules e che dice Coca-Cola.

Gli indigeni di Primero de Enero oggi sembrano un poco più riposati di ieri notte. Il viaggio da La Realidad a Boquerón sui camion della giunta sono durati tre ore e la mezz'ora che devono ancora camminare non è nulla paragonata con le sei ore di selva e di fango che hanno dovuto percorrere ieri per andarsene dal loro villaggio.

Prima di ritornare al caracol di La Realidad, i membri della JBG confermano che in questo stesso momento stanno effettuando il loro trasferimento dentro i Montes Azules gli abitanti di 12 de Diciembre, per riunirsi con quelli di Nuevo Limar.

E così prosegue la risistemazione delle comunità ribelli nel sud della considerata Riserva della Biosfera. Si ritiene di concludere il tutto nelle prossime settimane, "ma, dipende dal fatto che arrivino sufficienti aiuti dalla società civile".

Il Fronte Zapatista di Liberazione Nazionale ha annunciato che questa domenica 23 realizzerà un evento culturale "per raccogliere aiuti economici per una risistemazione dignitosa delle comunità zapatiste dei Montes Azules" nella spianata della delegazione Santa Elena, del municipio mexiquense di Chimalhuacán.

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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