Il manifesto 22 giugno
Provocazione del governo, allarme rosso degli zapatisti
I leader dell'Ezln passano in clandestinità dopo l'annuncio che l'esercito ha trovato e distrutto un po' di marijuana
GIANNI PROIETTIS - SAN CRISTÓBAL DE LAS CASAS

Con un comunicato della Comandancia general datato domenica 19 giugno e firmato dal subcomandante Marcos, l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale ha decretato un «allarme rosso generale in tutto il territorio ribelle» del Chiapas e la chiusura dei cinque Caracoles e delle Juntas de buen gobierno. In tutte le comunità autonome zapatiste si sta procedendo, in queste ore, «all'evacuazione delle autorità per metterle in salvo», avvertendo che continueranno a lavorare «in forma clandestina e transumante». Nel comunicato, si raccomanda a tutti i cooperanti messicani e stranieri di lasciare le comunità o i campamentos de paz, si ordina alle truppe dell'Ezln di acquartierarsi, si sospendono le trasmissioni della radio La voz de los sin voz . A motivare la drastica reazione degli zapatisti - e a tenere con il fiato in sospeso il vasto movimento internazionale in loro appoggio - è stata un'azione dell'esercito messicano che, nei giorni scorsi, ha pensato bene di andare a distruggere alcune piantagioni di marijuana in territorio zapatista. Una vera provocazione, se si pensa che in questi giorni la militarizzazione del nord del paese, sotto il nome di Operativo México seguro, sta diventando un braccio di ferro, con centinaia di morti, tra il potere dello stato e quello, vincente, dei narcos.

L'opinione pubblica andava distratta dalle batoste che i maggiori cárteles criminali stanno infliggendo alle forze dell'ordine e all'esercito negli stati del nord, alla frontiera con gli Stati uniti. Niente di meglio di un miniblitz che fa girare la testa dall'altra parte, all'estremo sud, e dimostra en passant che gli zapatisti non sono proprio angioletti e qualche canna se la fanno.

In verità, l'ultima notizia zapatista era quella della famosa partita da giocare con l'Inter, di cui si stava decidendo la data e il campo.

Poi, lunedì, un comunicato del sup Marcos, intitolato La (imposible) ¿geometría? del poder en México, era passato dalla prima pagina de La Jornada ad argomento di discussione generale, almeno nella sinistra. Nelle sue cinque pagine, il subcomandante riprende la tesi della «guerra neoliberista» in atto, che «ha sfigurato la politica tradizionale», descrive la vergognosa corsa verso il centro praticata dai partiti in tempo di elezioni e fustiga le tre principali forze politiche messicane.

Del Partido de Acción Nacional, il partito del presidente Fox al governo dal 2000, dice che «è oggi diretto, così come l'attuale governo federale, dall'organizzazione segreta El Yunque (l'incudine) dell'ultradestra cattolica». Di fatto, gli ultimi rimpasti del governo Fox, dopo le dimissioni del ministro degli interni Santiago Creel, diventato precandidato presidenziale del Pan, hanno promosso vari membri della temibile organizzazione a posti di primo piano. La figura di Marta Sahagún de Fox, la primera dama con ambizioni di successione presidenziale, si staglia minacciosa dietro questa avanzata dell'estrema destra clericale.

Al Pri, il Partido Revolucionario Institucional al potere fino al 2000, Marcos imputa i decenni della guerra sucia e l'eliminazione fisica di migliaia di oppositori, una lunga lista di crimini per mantenersi al potere, le sue disinvolte alleanze con il crimine e gli imperi del narcotraffico, la svendita del patrimonio nazionale.

Ugualmente duro è il giudizio di Marcos sul Prd, il Partido de la Revolución Democrática, al governo nella capitale, accusato di numerosi «errori tattici» come «tradire la memoria dei suoi morti, candidare i loro assassini e riciclare gli esclusi del Pri». Durissimo poi il giudizio su Andrés Manuel Lopez Obrador, il sindaco di Città del Messico favorito nei sondaggi per le presidenziali del 2006, presentato come una continuazione del progetto neoliberista in Messico.

«Se Carlos Salinas de Gortari (presidente fra il 1988 e il 1994, ndr) fu l'operatore esemplare della distruzione neoliberista del Messico, Lopez Obrador vuole essere il paradigma dell'operatore del riordinamento neolibrista. Questo è il suo progetto, quello di un nuovo modello di stato non-nazionale in America latina».

Mentre il forte attacco zapatista al Prd e a AMLO stava provocando un acceso dibattito in seno alla sinistra messicana, il ministero della difesa ha annunciato a sorpresa, lunedì, la distruzione di 44 piantagioni di marijuana, per un totale di quattro tonnellate, effettuata da 170 soldati in territorio zapatista. Una provocazione (anche se la notizia fosse vera) e un diversivo.

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