La Jornada, 21 agosto 2005
Il PAN, senza nulla da offrire; il ritorno del PRI significherebbe il trionfo della corruzione
MARCOS: GLI ZAPATISTI NON ORIENTANO IL VOTO NÉ PROMUOVONO L'ASTENSIONISMO
Con i residui di altri partiti, il PRD propone di amministrare i conflitti
ELIO HENRIQUEZ - Corrispondente

Dolores Hidalgo, Chis., 20 agosto - Chi partecipa all'altra campagna potrà votare in maniera sovrana ed indipendente per il candidato e per il partito politico che vorrà, senza che ciò influenzi il processo di costruzione della forza politica di sinistra che ha lanciato l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), ha dichiarato oggi il subcomandante Marcos, che ha detto che forse solo dopo le "sbornie morali e le delusioni" delle elezioni del 2006 l'iniziativa ribelle "si rivelerà per quello che vuole essere": la costruzione di qualcosa di nuovo.

"Noi non stiamo invitando a votare per candidato od un altro, per un partito politico o un altro", ma "non stiamo neanche invitando a non votare per qualcuno né ad astenersi", perché "rispettiamo le vostre decisioni" e "non saremo giudici di quello che farete o non farete" in occasione delle elezioni presidenziali del2006, ha aggiunto parlando questa mattina davanti ai delegati di oltre 100 organizzazioni sociali di tutto il paese riuniti in questa comunità zapatista.

Marcos ha ribadito che in quattro anni di governo il Partito di Azione Nazionale (PAN) ha dimostrato che "poteva uguagliare quanto fatto dalla squadra tricolore in 70 anni, ed ormai ha poco o niente da offrire". Del Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) ha dichiarato che: "rappresenta le aspirazioni del crimine organizzato per consolidare il suo potere istituzionalizzato; il suo ritorno al potere non significherebbe il ritorno dei felici - per loro - tempi andati, ma l'esaltazione della corruzione, del crimine e del tradimento".

Come nelle due passate riunioni preparatorie dell'altra campagna, il tema di Andrés Manuel López Obrador e del Partito della Rivoluzione Democratica (PRD) è stato uno degli argomenti centrali nel messaggio del subcomandante, ma in questa occasione, tra i vari presenti, c'è stata l'impressione che le critiche siano state più distribuite anche contro il PRI ed il PAN, a parte il chiarire definitivamente il tema che ha dato luogo ad un ampio dibattito nelle ultime due settimane circa l'ex capo di Governo di Città del Messico e del perredismo in generale.

Oggi, Marcos è arrivato a cavallo, scortato da diversi guerriglieri guidati dal maggiore Rolando. Erano le 10 e 25 quando ha fatto la sua apparizione mentre il gruppo musicale intonava Las Mañanitas. Dopo aver fatto un giro per l'auditorium costruito su una spianata, è sceso da cavallo e si è unito - tra grandi applausi - ai 15 comandanti incappucciati - otto donne e sette uomini - che pochi secondi prima avevano preso posto al tavolo della presidenza.

Scherzando sulla sua grassezza, come ha fatto nelle due settimane recenti - "resto qui dietro perché non si noti la pancia, altrimenti mi criticano" - il subcomandante ha parlato - prima l'avevano fatto i comandanti Gustavo e Yolanda - sulla dinamica della riunione e sugli scopi della Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona.

La parte finale del messaggio durato più di 40 minuti, l'ha dedicata ai partiti politici. Del PAN ha affermato che col presidente Vicente Fox "ha fatto la sua parte nella distruzione e saccheggio" delle risorse del paese, che ha compiuto "con metodologia e modalità arcaiche che sono state e sono un insulto all'intelligenza".

Un paese immerso nella miseria: questa l'eredità del panismo

Ha aggiunto che il biancoazzurro "lascia in eredità un paese immerso nella crisi economica e con uno scontento che oltrepassa ormai le forme di controllo dei dominati ereditate dal suo predecessore tricolore. Il suo colore si è ancor più scolorito e l'omino grigio (Santiago Creel Miranda) che lo rappresenterà nelle elezioni contraddistingue la sua nuova tonalità cromatica".

Quindi ha fatto riferimento al PRI. "La squadra tricolore, da parte sua, scommette sull'oblio. I suoi membri sono stati gli iniziatori dell'incubo in cui viviamo oggi tutti noi messicani e che, con l'alibi della rivoluzione istituzionalizzata, hanno abbellito grazie a frodi, massacri e controllo corporativo". E ha aggiunto: "se prima il suo slogan era la rivoluzione fatta governo, ora sarà il crimine fatto governo".

Poi sono seguite le critiche al PRD: "a differenza del 'tricolore' e del 'biancoazzurro' la squadra nero-gialla va avanti. Passando sopra alle spogliazioni che le altre due squadre hanno lasciato sul cammino, propone una nuova modernità o piuttosto un'amministrazione moderna. Non basta, dicono, continuare con la distruzione, bisogna prevedere e tentare di calmare i prevedibili dissensi, bisogna attenuare gli eccessi, bisogna limare i fili al neoliberismo".

Il partito del sole azteco, ha aggiunto, "propone controllo, mediazione, amministrazione dei conflitti - la sua squadra è esperta in questo - ed il suo successivo arrivo dalle squadre 'tricolore' e 'biancoazzurra' lo prova. Siamo nuovi, dicono, anche se la loro lista dei nomi puzza di rancido e decrepito".

Ha affermato che il PRD "propone, e lo ripete nelle sue riunioni a porte chiuse con i messaggeri della società del potere, controllo dove ora c'è mancanza di controllo, ordine dove ora c'è disordine. Propone quello che più si è richiesto in epoche oscure e senza apparente via d'uscita. Propone speranza. La speranza è la nuova merce: speranza che le cose cambino, che non peggiorino, che migliorino o che non peggiorino. Speranza che ora è la nostra. Ma la speranza, come il cibo, il salario, i vestiti e la casa, varia da una classe all'altra".

Come già menzionato in messaggi precedenti, il sup ha ricordato che "non è un segreto per nessuno la vicinanza e la simpatia che noi zapatisti provavamo per il neocardenismo ed il perredismo che si ritrovavano intorno al signor (Cuauhtémoc) Cárdenas Solórzano, incluso López Obrador, ma non solo lui". Tutto questo, ha sottolineato, "è cambiato e da anni lo stiamo dicendo, ma siccome non c'erano elezioni non ci ascoltavano. Riguardate la posizione dell'EZLN del maggio 2001 e vedrete che quello che stiamo dicendo ora è solo la continuazione e la conferma di quello che abbiamo detto durante questi quattro anni".

Critiche ai perredisti

Ha riaffermato che l'EZLN continuerà a criticare il PRD "fino a che riterremo, noi e nessun altro, che sia stato inteso chiaramente da chi deve intenderlo, e fino a che lassù in alto abbandoneranno definitivamente la speranza che il progetto di controllo che si propone (con López Obrador) possa comprendere anche il fatto di controllare lo zapatismo dell'EZLN che, detto chiaramente ed esattamente di fronte a voi, non è l'unico zapatismo né l'unica ribellione e non siamo neppure gli unici reticenti ai tentativi di addomesticamento".

Marcos aveva detto prima che "la posizione dell'EZLN rispetto al processo elettorale e, in particolare, verso il PRD ed il signor López Obrador, ha ricevuto attacchi, critiche, segnalazioni ed accuse provenienti da quasi tutto lo spettro di quello che si conosce come opinione pubblica. Il meno che si è detto è che si tratta di una bizza di un tal Marcos panciuto e consunto. Alcune segnalazioni sono andate oltre decretando che stiamo facendo il gioco della destra, perché criticando il PRD e López Obrador stiamo implicitamente invitando a votare per il PRI o per il PAN".

Non solo questo, ma "con insinuazioni o accuse dirette si dice che ci sia stato un accordo o un patto - per usare i loro termini - tra l'EZLN e la destra, in particolare tra Marcos ed il salinismo, per impedire che Andrés Manuel López Obrador arrivi alla Presidenza. C'è chi ci accusa di viltà e che fa notare la coincidenza tra le nostre parole e l'ennesima riapparizione del primo innominabile (Carlos Salinas de Gortari, a Chalco, la settimana scorsa)".

Come la settimana scorsa, ha insistito sul fatto che "paradossalmente non c'è stata nessuna argomentazione razionale contro quello che abbiamo detto e continueremo a dire. Semmai dicono che stiamo esagerando nella denuncia sulle aggressioni perrediste, sul tradimento degli accordi di San Andrés e nel segnalare che il progetto di López Obrador non è di sinistra - neanche di sinistra riformista - ma saldamente neoliberista; che aderendo alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona tutti sono sospetti di fare il gioco della destra, di essere scesi a patti col salinismo e col foxismo - se c'è poi qualche differenza - e di poter rovinare l'arrivo di un governo di sinistra, che è solo una possibilità".

È stato a questo punto che il subcomandante ha voluto sgombrare i dubbi sull'altra campagna e sulle elezioni dell'anno prossimo. "Ripeterò quello che sembra non essere chiaro: noi non stiamo invitando a votare per uno o per un altro candidato, per uno o per un altro partito, ma ripeterò anche quello che sembra non essere chiaro: non stiamo nemmeno invitando a non votare per uno o per un altro né ad astenersi. Come abbiamo detto, noi vi rispettiamo e rispettiamo le vostre decisioni. Non saremo giudici di quello che farete o non farete in occasione delle prossime elezioni. Se deciderete di appoggiare qualcuno o di astenervi sarà vostra la decisione sovrana ed indipendente, e non influenzerà per nulla quanto stiamo ora proponendo a voi e a tutti quanti si dichiarano di sinistra istituzionale".

Le campagne elettorali saranno una patetica esibizione di spot pubblicitari

Ritiene che "le campagne elettorali incominceranno e saranno quello che sono state fino ad ora: una patetica esibizione di spot pubblicitari. L'altra campagna incomincerà prima, dopo o simultaneamente. Le campagne elettorali arriveranno alla fine e l'altra campagna andrà avanti. Ci saranno elezioni e l'altra campagna andrà avanti. Ci sarà un cambio di governo e l'altra campagna andrà avanti. Arriveranno le sbornie morali e le delusioni e l'altra campagna andrà avanti. Forse allora, solo allora, l'altra campagna si rivelerà per quello che vuol essere: la costruzione di un'altra cosa. Qualcosa che, come tutto quello che nasce dal basso a sinistra, alla vigilia sembra impossibile".

Ai critici della nuova iniziativa zapatista ha detto: "forse chi ci definisce volgari e maleducati dovrebbe cercare di non soffermarsi sulle dichiarazioni che vengono sottolineate comprensibilmente sui mezzi di comunicazione, e leggere tutto quello che abbiamo detto, diciamo e diremo sulla Sesta, sull'altra campagna, sul mondo e sul Messico. Forse allora si renderebbero conto che insieme al nostro modo di protestare c'è anche il nostro modo di spiegare, di spiegarci. Non stiamo nascondendo niente. Tutto è chiaro e a disposizione di chi voglia vedere, sentire, comprendere. Noi supponiamo che voi e tutti quelli che si sono uniti alla sesta abbiano trovato in questa e nell'altra campagna qualcosa che non hanno trovato da nessun'altra parte, né nei partiti politici istituzionali, né nelle campagne pre-elettorali, né in quelle elettorali, né nei progetti di quegli" istituti (politici).

"La Sesta - ha aggiunto - ha esposto solo linee generali e ha proposto che le concretizzazioni, che queste linee richiedono, non siano il prodotto dell'organizzazione convocante, in questo caso dell'EZLN, ma della discussione e dell'accordo, basati sul rispetto dei mezzi di ognuno e in uguaglianza, di tutti quelli che decidano di percorrere questa strada e di costruire quell'altra cosa che in ognuno ha una figura ed un colore, e che avrà la figura ed il colore che concorderemo tutti insieme".

Ha ribadito che la Sesta "è chiara in quello che dice e chiara in quello che non dice: cercheremo di fare un'altra forma di politica, cercheremo di costruire un programma nazionale di lotta di sinistra ed anticapitalista e promuoveremo la domanda di una nuova Costituzione. Tutto questo lo faremo con i lavoratori delle campagne e delle città, con i diseredati, con i perseguitati per la loro differenza, con i dissidenti che si ribellano e lottano, con chi sa che la libertà non si ottiene col permesso dell'oppressore, ma conquistandosela. Questo è quanto. Come, quando, dove, con chi, a che ritmo, con che passo, per quali strade, in quale compagnia, lo definiremo tutti insieme".

Riassume così la sua valutazione sulle critiche ricevute per l'iniziativa dell'altra campagna: "quello che temono quelli in alto è che lo scontento sociale, e più in concreto lo scontento sociale organizzato, non solo non trovi un argine ed un'amministrazione che lo controlli, ma che cresca e che straripi, che incominci a mettere in discussione tutto e, soprattutto, che incominci a costruire in basso e a sinistra un'alternativa sociale, un nuovo paese, una nuova società, un nuovo mondo".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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