La Jornada 21 giugno 2005
MANCA QUELLO CHE MANCA
Luis Hernández Navarro

La partita è ripresa. Dopo aver subito un goal illegale nella propria porta ed essere stati condannati all'oblio, gli zapatisti hanno rimesso la palla al centro ed il gioco è ripreso. Sanno che l'arbitro ed i guardalinee sono contro di loro. Che solo ieri l'Esercito li ha accusati di seminare stupefacenti a Tapilula, Pueblo Nuevo e Rayon, proprio loro che nelle proprie comunità non permettono neppure la vendita di alcolici. Ma non importa: la palla si è rimessa in movimento.

Lo hanno comunicato meno di un mese fa. In una lettera indirizzata a Massimo Moratti, presidente della FC Internazionale di Milano, annunciavano:
"P.S. Con tono e volume da cronista sportivo - Il Sup, che usa la tattica dell'uruguayano Obdulio Varela nella finale contro il Brasile (Mondiale di Calcio, Stadio Maracaná, Río de Janeiro, 16 luglio 1950), con la palla in mano ha camminato come al rallentatore (a partire dal maggio del 2001) dalla porta zapatista.
Dopo aver reclamato all'arbitro l'illegittimità del goal ricevuto, mette la sfera al centro del campo. Si volta a guardare i suoi compagni scambiando sguardi e silenzi.
Con i pronostici, le scommesse ed il sistema intero contro, nessuno spera negli zapatisti.
Incomincia a piovere.
Ad un orologio sono quasi le 6.
Tutto sembra essere pronto perché l'incontro riprenda...
".

Gli zapatisti, non bisogna dimenticarlo, dicono quello che fanno e fanno quello che dicono. Comunicano quello che faranno e lo portano a termine. L'allerta rossa decretata in territorio ribelle è l'ultima dimostrazione di questo stile di fare politica. Da mesi avvertivano: manca quello che manca. Oggi, sappiamo di nuovo che sono qui.

"Manca quello che manca" è il sottotitolo del romanzo "Morti scomodi" che il subcomandante Marcos ha scritto a quattro mani con Paco Ignacio Taibo II. Manca quello che manca è il ritornello che appare in vari comunicati diffusi dai ribelli all'opinione pubblica, nei quali analizzano il comportamento della classe politica e la congiuntura nazionale.

Che cosa manca? Che in un momento della vita politica del paese, definita dall'agenda di quelli in alto, l'altro giocatore, quello in basso, che è ignorato, contro il quale molto tempo fa l'arbitro ha estratto il cartellino rosso, si rimetta in campo per dire ancora una volta "Ya Basta! Sono qui, la partita continua”. Che, in un'epoca in cui è in pericolo la sopravvivenza del pensiero autonomo di sinistra, questo sopravviva. Questo è quello che stanno facendo adesso gli zapatisti.

Il 14 agosto 2001, è stata promulgata una caricatura di riforma costituzionale sui diritti e cultura indigeni, approvata dal Congresso dell'Unione, che ha chiuso la porta dell'inclusione politica allo zapatismo ed ai popoli indios. La Suprema Corte di Giustizia della Nazione non ha fatto nulla per evitarlo, nonostante gli oltre 300 ricorsi costituzionali presentati dai municipi indigeni. Lo Stato messicano in plenum ha condannato quelli in basso all'esclusione.

Da allora, il governo di Vicente Fox ha perseguito la politica dello struzzo. Ma, sebbene in foxilandia non ci sia guerra nel sudest messicano, l'Esercito continua a pattugliare la regione ed i paramilitari ad operare. Il suo delegato per la pace, Luis H. Alvarez, si è dedicato a fare la guerra. Con valigette piene di denaro ha sparato cannonate di migliaia di pesos contro le comunità in resistenza. Come risposta, in diversi casi le popolazioni ribelli, che hanno tanto bisogno di tutto, hanno dato fuoco alle banconote. A Guadalupe Tepeyac l'inviato governativo ha dovuto darsela a gambe davanti all'ira degli abitanti. Quasi nessuno è sembrato comprendere allora il messaggio dei ribelli.

Ma sarebbe illusorio supporre che il problema sia solo con il governo federale. Tutta la classe politica ha cancellato dalla propria agenda il tema della pace e dei pieni diritti dei popoli indigeni. Nelle grandi mobilitazioni cittadine contro l'esautoramento il tema è stato inesistente. Gli accordi di San Andrés sono diventati, semmai, un simbolo retorico per i discorsi ufficiali di qualche politico di sinistra.

I media sono pronti a documentare l'eventuale incontro tra la nazionale zapatista di calcio e l'Inter di Milano, ma ignorano sistematicamente l'esperienza delle Giunte di Buon Governo o la lotta delle comunità in resistenza. La stampa internazionale ha riportato l'uscita del romanzo poliziesco "Morti scomodi", ma ha dimenticato di raccontare quello che succede in Chiapas.

Ed anche tra le file di una certa sinistra si è voluto ignorare l'importanza dell'EZLN per le lotte di resistenza in corso contro il neoliberismo. Il disagio che provoca la sua eterodossia in chi possiede già tutte le risposte a tutte le domande, ha ceduto il passo a critiche astratte dalla purezza rivoluzionaria, alla rivendicazione del modello venezuelano come qualcosa da contrapporre all'esperienza zapatista ed al silenzio.

Sì, manca quello che manca. Sì, è necessario che gli invisibili, quelli in basso, gli esclusi, i rifiuti, i non ascoltati, abbiano un posto degno in questo paese.

Lo zapatismo ha saputo essere paziente, ma la pazienza ha un limite. Lo zapatismo è stato prudente, ma la prudenza non può essere confusa con l'inazione. Lo zapatismo è stato misurato, ma la misura non può consistere nel sopportare stoicamente ogni tipo di aggressione.

Sono già le sei. La partita è ripresa. Sì, manca quello che manca. Speriamo che non sia troppo tardi perché la parola - quella che in alto è stata deliberatamente ignorata - sia ascoltata.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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