STORIA DI UN VILLAGGIO ZAPATISTA*
Subcomandante Insurgente Marcos

Compagni e compagne:

vi racconterò una storia. Alcune parti me le hanno raccontate i compagni e le compagne zapatiste ed altre le ho viste e vissute. Se ci sono alcune imprecisioni, lasciamo agli storiografi la loro spiegazione. Con i suoi fatti comprovati, le sue leggende, le sue imprecisioni ed i suoi vuoti, questa è una parte della nostra lotta, la storia dell'EZLN.

Il luogo in cui ci troviamo era una proprietà di nome Campo Grande. La storia di questo luogo è una sintesi rigorosa della storia degli indigeni chiapanechi. Ed in parte, di tutti gli indigeni del sudest messicano, non solo degli zapatisti.

Campo Grande rendeva onore al suo nome: più di mille ettari di buona terra, pianeggiante, con acqua abbondante, strade fatte apposta per far passare il bestiame ed il legname pregiato, piste di atterraggio affinché i padroni non si impolverassero o si infangassero percorrendo le strade sterrate e potessero arrivare nei loro aerei; migliaia di indigeni da sfruttare, disprezzare, violentare, ingannare, imprigionare, assassinare. Allora, la riforma agraria del PRI, la rivoluzione istituzionalizzata, in Chiapas si concretizzava così: le terre buone e pianeggianti ai finqueros; le pietraie e le alture agli indigeni.

Il padrone di Campo Grande era Segundo Ballinas, noto tra gli abitanti come un assassino, violentatore e sfruttatore di indigeni, principalmente di donne, bambini e bambine. Poi la proprietà venne frazionata: una parte si chiamava Primor ed il suo padrone era Javier Castellanos, uno dei fondatori dell'Unione dei Proprietari della Seconda Valle di Ocosingo, una di quelle associazioni con le quali i finqueros mascheravano le loro guardias blancas; un'altra parte si chiamava Tijuana ed il suo proprietario era un colonnello dell'Esercito Messicano, Gustavo Castellanos, che teneva soggiogata la gente con la sua guarnigione personale. Ed un'altra parte andò in proprietà di José Luis Solórzano, membro del PRI e suo candidato in diversi luoghi, conosciuto nella zona per le sue promesse incompiute, le sue sfacciate menzogne ed il suo carattere prepotente e sprezzante nei confronti degli indigeni.

Così, in queste terre si sintetizzava il Potere del Chiapas: finqueros, esercito e PRI-Governo. Per questa maledetta trinità, il Chiapas poteva essere un campo per l'allevamento di bestiame, una tenuta per esercitare il diritto di fare violenza, incluso su bambine; un campo da tiro su bersagli umani ed uno dei laboratori più moderni della "democrazia" del PRI: qui non era necessario conoscere i candidati, neanche i loro nomi né le loro proposte, né conoscere la data delle elezioni né quali le opzioni né avere documenti di identità. Insomma, non era neppure necessario recarsi alle urne.

In ogni processo elettorale, nel capoluogo Ocosingo, nelle sedi delle associazioni di proprietari ed allevatori, si pagava con un panino ed una bibita la giornata a compilare schede. Chiaramente quella "democrazia" aveva i suoi eccessi: in alcune elezioni prima dell'anno 1994 il PRI ottenne più del cento percento dei voti. Forse c'erano stati troppi panini e bibite.

In un agosto come questo che ci trova qui, ma nell'anno 1982, i finqueros e le loro "guardias blancas" sgomberarono con la violenza gli abitanti del villaggio Nueva Estrella. Spararono, picchiarono e presero prigionieri gli indigeni maschi. Alcuni furono assassinati. Separarono le donne e le obbligarono a guardare come bruciavano le loro case. Portarono via tutto. Tempo dopo, ritornarono. Quando qualcuno domandava loro perché ritornassero dopo tutto quello che avevano fatto loro, essi rispondevano con questo gesto [Marcos apre una mano con le dita verso l'alto, facendo capire: "por huevos"].

Nel 1994, il primo gennaio, migliaia di indigeni di questa zona tzeltal, insieme con altre migliaia delle zone tojolabal, chol e tzotzil, dopo dieci anni di preparazione, si coprirono il viso, cambiarono nome e chiamandosi collettivamente "Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale" si sollevarono in armi. I finqueros fuggirono, lo stesso fecero le loro guardias blancas ed abbandonarono le armi con le quali sostenevano la loro dominazione. Gli zapatisti recuperarono le terre. Attenzione: non le "occuparono", ma le "recuperarono". Così i compagni e le compagne chiamano questo atto di giustizia per cui si dovettero aspettare decine d'anni perché si realizzasse. Queste terre che furono di indigeni e che furono usurpate, ora tornano ad essere indigene. Sono state dunque recuperate. Le terre furono distribuite.

Centinaia di famiglie indigene che prima si ammucchiavano in uno spazio di 2 ettari, insieme ad altri indigeni senza terra di altri villaggi della zona, fondarono questo villaggio zapatista che oggi ci accoglie. Ora questo villaggio è abitato, tra gli
altri, da coloro che furono attaccati dai finqueros nel 1982.

Questo villaggio zapatista si chiama Dolores Hidalgo e, come mi raccontano i fondatori, veterani della sollevazione del 1994, il significato di "Dolores" è quello del dolore che sentiamo da più di 500 anni di resistenza ed il nome "Hidalgo" è per Don Miguel Hidalgo y Costilla, che lottò per l'indipendenza.

Ascoltate bene che hanno detto "500 anni di resistenza" e non "500 anni di dominazione". Cioè, nonostante la dominazione non hanno mai smesso di resistervi. E quando parliamo di dominazione, cioè, quando raccontiamo la nostra storia, parliamo anche della resistenza. Ed ora non sto parlando della nostra storia come EZLN, ma della nostra storia comune, quella che condividiamo con voi, con le vostre organizzazioni sociali ed i vostri movimenti. La nostra storia comune, quella che, dove dice "comando e domino", noi e voi diciamo "resisto e mi ribello".

Ma gli zapatisti che fondarono Dolores Hidalgo non si riferiscono solo alla resistenza. Citano anche il dolore di essa. Il dolore del lungo cammino; il dolore della stanchezza, il dolore di chi tradì lungo il cammino, il dolore delle sconfitte, il dolore degli errori e, soprattutto, il dolore di andare avanti nonostante tutte le sofferenze.

Della vostra storia come organizzazioni e come movimenti, dei vostri dolori della vostra resistenza e ribellione, ci racconterete voi. Sicuramente, ci riconosceremo in più di una storia. Molte altre ci sembreranno lontane. Ma in tutte impareremo qualcosa di voi. E vi diremo quello che abbiamo detto ad altri: che vogliamo continuare ad imparare.

Impariamo con voi, e con molti altri come voi, a pensare bene, a ben dire e a ben sentire quando diciamo "compagno, compagna".

Benvenuti compagni, benvenute compagne.
Molte grazie.

*Testo letto all'inizio della terza riunione preparatoria dell'altra campagna, convocata dall'EZLN con organizzazioni e movimenti sociali, svoltasi nella comunità Dolores Hidalgo, municipio autonomo ribelle zapatista di San Manuel.


(traduzione del Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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