La Jornada 20 gennaio 2005
LA GIUSTIZIA ZAPATISTA SCORAGGIA LE AZIONI DI POLLEROS* E COYOTES*
I trafficanti evitano le regioni in cui vige la legge delle Giunte di Buon Governo
Chi è dedito a queste attività è condannato a lavorare per la comunità

Hermann Bellinghausen - Inviato

La Realidad, Chiapas, 19 gennaio - Polleros e coyotes, due specie del "folclore" della corruzione nazionale che di questi tempi godono di buona sorte, hanno cozzato contro la giustizia zapatista nella regione selva di confine ed hanno dovuto cambiare, quantomeno, i loro piani. Nei mesi scorsi, già tre trafficanti "professionisti" di clandestini centroamericani sono stati catturati e puniti dalla giunta di buon governo (JBG) "Hacia la esperanza".

Abbondano storie e testimonianze riguardo all'impunità e protezione di cui godono i polleros di qui a Las Margaritas, Comitán, Altamirano, Ocosingo, ed oltre. Uno di loro, guatemalteco, è già libero dopo avere pagato il suo crimine lavorando nella costruzione del ponte che unirà la clinica di San José del Rio con la comunità, sul fiume che dà il nome al villaggio. Gli altri due polleros, abitanti della regione, sono ancora detenuti a San José e lavorano al ponte, spalla a spalla con 24 basi d'appoggio zapatiste ed un ingegnere svizzero, più gli occasionali volontari della società civile.

A questo si riferisce la giornalista Concepción Villafuerte quando dice che nei territori zapatisti ci sono detenuti ma non prigioni. D'altra parte, il coyotaje è l'opzione "naturale" di migliaia di indigeni per riuscire a vendere caffè, mais e fagioli. Tradizionalmente, i coyotes determinano il prezzo reale di questi prodotti molto al di sotto dei prezzi nazionali ed internazionali. Questo è il neoliberismo. Per questo motivo coesistono in armonia con i governi prima del "cambiamento", con quelli del "cambiamento" e con quelli dopo il "cambiamento".

Ora, la JBG ha trovato un meccanismo per obbligare i coyotes a pagare prezzi migliori: va al mercato e compera caffè sempre a 50 centesimi sopra il prezzo dei coyote. In una curiosa corsa iniziata poco tempo partendo da 10 pesos al chilo, oggi il prezzo sembra essersi stabilizzato a 14,50. I produttori possono scegliere tra il coyote o la giunta che però è quella che offre il prezzo migliore.

Il traffico di clandestini centroamericani è stato uno dei primi problemi incontrati dalla JBG quando si è insediata nel 2003. In particolare, il trattamento riservato ai clandestini dai polleros. Il governo autonomo ha stabilito per le comunità zapatiste l'obbligo di assistere i "fratelli dell'America Centrale", dare loro cibo ed alloggio gratuiti e proteggerli dagli abusi dei polleros o di qualsiasi polizia.

Nello stesso tempo, la JBG ha avvertito le persone della regione note per dedicarsi a questo "commercio", che le loro attività non sarebbero state tollerate nei municipi ribelli. Come informa la giunta stessa, il centro dei polleros, dove risiedono i loro capi, è la comunità priista di San Quintín. Proprio qui si trova la più grande base militare della selva Lacandona.

"Raccolgono la 'loro gente' sul fiume Euseba, poco più avanti di dove stava il quartiere militare fino a gennaio del 2001 e dove ora ci sono alcuni uffici della Sedeso. Li portano verso Ocosingo", riferisce un membro della JBG nel caracol "Madre de los caracoles del mar de nuestros sueños".

"Al principio non ci credevano ed hanno continuato a passare per Guadalupe Tepeyac, per San José, per Miguel Hidalgo e per altre comunità, ma quando hanno visto che li fermavamo, hanno cominciato a cercare altre rotte", aggiunge. "Non passano quasi più. I detenuti continueranno a lavorare fino a marzo. Sono qui da giugno. Martin, il guatemalteco, ha già finito. Un altro, Germán, della comunità Aguaperla, non ancora".

Con tono arrabbiato, un altro membro della giunta dice: "sa quanto riscuotevano i polleros solo per portare la gente da Poza Rica a Guadalupe Tepeyac?" (circa 20 chilometri di tragitto). E si risponde: "20 pesos! Per una distanza che si potrebbe fare a piedi. Inoltre, sappiamo tutto quello che fanno ai fratelli sprovvisti di documenti prima di consegnarli ai trasporti 'tijuaneros', semmai arrivano. Li minacciano, li obbligano a pagare 'imposte' per attraversare certe comunità priiste, li portano in bocca alla 'migra' [polizia di migrazione] o agli assalitori di cui sono complici. Non possiamo permettere queste ingiustizie. I clandestini sono gente povera come noi. Rischiano per necessità. La sola cosa che facciamo è raccomandare loro di ritornare nel loro paese, ma è una cosa che riguarda loro".

Settimane addietro, Concepción Villafuerte descriveva la giustizia ribelle che è esattamente quanto succede ora a San José del Rio con i polleros recidivi: "Nella zona zapatista non ci sono prigioni anche se ci sono detenuti. Quando un abitante della comunità commette un crimine, è giudicato dalle autorità zapatiste davanti alla vittima ed ai parenti di entrambi affinché conoscano la ragione per cui si processa il detenuto. Dopo la sentenza si stabilisce la pena".

I detenuti, prosegue Villafuerte, "sono trattati come esseri umani, semplicemente sono obbligati a rimanere nel luogo loro assegnato. Dovranno effettuare lavori a beneficio della comunità ogni giorno fino a che avranno scontato la loro condanna. Si fornisce loro cibo, assistenza medica se ne hanno bisogno, alloggio, giorno di riposo, e possono essere visitati dai loro parenti se lo vogliono".

La giornalista definisce tutto questo "la giustizia storica, logica; non una giustizia di sofferenza ma di riabilitazione. Perché si educa il detenuto, gli si insegna un lavoro e gli viene offerta l'opportunità di dare dignità alla sua vita. Nessuno cerca di fuggire perché non andrebbe lontano se lo facesse" [Contalínea Chiapas, dicembre 2004].

Il ponte di San José, chiaro, non si costruisce solo per punire delinquenti. Si tratta di un'opera collettiva alla quale lavorano a turno gruppi di 24 indigeni dei quattro municipi autonomi di questo caracol. Iniziata il 6 settembre scorso, è già stata completata la base di cemento. Manca ancora la posa di 180 assi di legno da otto pollici di spessore e tre metri di lunghezza.

Quando sarà finito, il ponte sostituirà l'instabile "passerella" che permette di attraversare il fiume. "È difficile trasportare sulla passerella un malato in barella o una donna che sta partorendo", dice la JBG.

I polleros della selva di confine e alle gole di Las Margaritas adesso ci pensano due volte. Preferiscono tentare rotte più sicure fuori del territorio zapatista, così si perdono l'opportunità di realizzare opere per il bene comune, imparare un mestiere e dare dignità alla loro vita (doña Conchita dixit).

* "polleros" trafficanti di immigrati clandestini
* "coyotes" usurai intermediari senza scrupoli

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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