il manifesto 19 giugno
Messico: fine dell'impunità ma giustizia orba
La sentenza sulla strage di studenti del '71 trova due solo due colpevoli e lascia impuniti gli autori materiali
GIANNI PROIETTIS - CITTÀ DEL MESSICO

L'ex-presidente del Messico Luis Echeverría Alvarez (1970-1976) e il ministro degli interni dell'epoca, Mario Moya Palencia, in anni più recenti ambasciatore a Roma, potranno essere processati per una strage di studenti perpetrata il 10 giugno 1971. Lo ha deciso, mercoledì, una sentenza della Suprema Corte de Justicia de la Nación tutt’altro che unanime - i giudici hanno votato tre contro due - e molto criticata. Di fatto, questa decisione, che alcuni hanno paragonato alla riapertura della giustizia argentina sui crimini della passata dittatura, stabilisce che il delitto di «genocidio» prescrive dopo trent'anni - mentre per i trattati internazionali è imprescrittibile - esonera altri nove responsabili diretti della strage, che ebbero un ruolo di primo piano in tutti i crimini della guerra sucia, e pone il termine di un anno, fino al 2006, all'esercizio dell'azione legale.

Rosario Ibarra de Piedra, la combattiva dirigente del Comité Eureka in difesa dei prigionieri politici e dei desaparecidos, si è rifiutata di definire «storica» una sentenza che «non dà alcuna sicurezza che i responsabili verranno castigati». A differenza del caso dell'Argentina, dove si è dichiarata incostituzionale la Ley de obediencia debida e quella di punto final, in Messico, afferma Rosario Ibarra, si stanno esonerando tutti gli esecutori materiali delle stragi e delle desapariciones. «Si sta dando il passo a una specie di obediencia debida, sebbene nessuno possa essere obbligato ad eseguire ordini che hanno a che fare con tortura e crimini di lesa umanità, come quelli commessi da questi ex-funzionari».

Il Comité `68, costituito da vecchi militanti del movimento studentesco ancora attivi in politica, ha definito la sentenza della Corte Suprema «una strategia legaloide», che permette che gli autori materiali della strage del 1971 «restino impuniti e si restringa la possibilità dell'azione legale a due sole persone». Due imputati che, tra l'altro, non rischiano neanche la galera, perché, nel caso ancora remoto di una condanna, beneficerebbero degli arresti domiciliari grazie all'età avanzata.

Dopo aver promesso che avrebbe fatto luce e giustizia sui crimini del passato - in particolare sulle stragi di studenti del 1968 e del 1971 e sullo sterminio di oppositori politici negli anni `70 e `80, la cosiddetta guerra sucia - il presidente Vicente Fox, in risposta alle forti pressioni della società civile, istituì una Fiscalia Especial para la Investigación de Movimientos Sociales y Politicos del Pasado.

A dispetto del nome altisonante e delle buone intenzioni proclamate, la nuova fiscalía non è avanzata molto in questi anni. Nel luglio 2002, il fiscal Ignacio Carrillo Prieto aveva chiamato a deporre, in qualità di indiziato per la strage del 1971, l'ex-presidente Luis Echeverrìa. Ma, vista la quantità di domande che gli poneva nelle due audienze - più di 300 - gli aveva concesso di rispondere per iscritto in un termine di quaranta giorni. Da allora, la pratica aveva dormito per un paio d'anni, fino a quando un giudice ordinario aveva dichiarato prescritto il reato di «genocidio».

Va tenuto presente che, per la legislazione messicana, la figura del genocidio non si restringe all'eliminazione di gruppi etnici, ma include anche «i tentativi di eccidio di qualunque gruppo sociale». Una strage di stato diretta contro gli studenti rientra quindi nella figura giuridica e, in quanto delitto di lesa umanità, secondo la legislazione internazionale, non si dovrebbe mai prescrivere.

La sentenza emessa l'anno scorso dal giudice federale Cesar Flores, che negava l'ordine di cattura per l'ex-presidente e dieci coimputati, è stata ora cancellata dalla decisione della Corte Suprema, ma solo per i due maggiori responsabili.

Il 10 giugno 1971, a Città del Messico, un pacifico corteo di studenti e professori sfilava nel quartiere di San Cosme. Era una manifestazione di solidarietà con gli universitari di Nuevo León in lotta e per la libertà degli studenti arrestati. Era la prima volta che il movimento studentesco riprendeva la piazza dopo la strage del 2 ottobre 1968, quando l'esercito e i corpi speciali fecero centinaia di morti a Tlatelolco, alla vigilia delle Olimpiadi.

Approfittando dell'«apertura democratica» dichiarata da Echeverrìa, il movimento studentesco sfidava, per la prima volta in quasi tre anni, il divieto di manifestare. Un corpo paramilitare di giovani in borghese, i famigerati Halcones, i falconi, irruppe nel corteo dando inizio a pestaggi e sparatorie, anche dai tetti vicini. Pianificato con fredda determinazione, l'attacco provocò decine di morti, ma ancora oggi si ignora la cifra esatta.

Di certo, si sa che gli Halcones entrarono in un ospedale vicino, terrorizzando pazienti e dottori, e si portarono via gli studenti feriti, alcuni sul tavolo operatorio. Di loro non si è mai saputo più nulla. Secondo Alfonso Martinez Dominguez, allora sindaco di Città del Messico, che si trovava a cena quella sera nella residenza presidenziale, Echeverrìa diede ordine per telefono di far sparire i cadaveri e le eventuali fotografie della strage.

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